IN ATENEO
Corsi solo in lingua inglese: il no del Consiglio di Stato
Si era espressa con una sentenza interpretativa di rigetto la Corte Costituzionale quando, circa un anno fa, era stata a chiamata a decidere in merito alla legittimità o meno di attivare, all’interno degli atenei italiani, corsi interamente in lingua inglese. La Consulta, anche se con riserva, era sembrata propensa ad una svolta dell’università italiana verso l'internazionalizzazione ribadendo però nello stesso verdetto, da una parte la necessaria centralità della lingua italiana nell'offerta didattica degli atenei, dall'altra la legittimità delle facoltà di programmare singoli corsi integralmente in lingua straniera.
È arrivata il 29 gennaio 2018 l’ultima e definitiva decisione del Consiglio di Stato che, sulla base di quanto già stabilito dalla Corte Costituzionale, ha ribadito il divieto di istituire interi corsi in lingua straniera. La decisione risponde nello specifico alla richiesta di un gruppo di docenti del Politecnico di Milano che nel 2012 aveva fatto ricorso al Tar contro la delibera del Senato accademico che prevedeva che dal 2014 tutti gli insegnamenti dell’ateneo milanese si tenessero in lingua inglese. Secondo i docenti la scelta di una lingua diversa da quella ufficiale poteva essere discriminatoria non solo nei confronti degli studenti che potevano considerarla una barriera d'accesso, ma anche nei confronti di quei professori che non conoscendo la lingua inglese, o non volendo utilizzarla per le lezioni, sarebbero stati condizionati all'esclusivo insegnamento nei soli corsi di laurea triennale. Dopo anni di ricorsi e sentenze, la parola fine arriva dunque con una decisione che fa proprie due regole sostanziali: da una parte gli atenei italiani potranno istituire interi corsi di studio in lingua straniera solo se verranno previsti gli omologhi corsi anche in italiano, dall’altra le università potranno prevedere singoli insegnamenti in lingua straniera anche se non sono previsti i corrispondenti in italiano. Regole che rendono possibili corsi in parte in italiano e in parte in inglese.
“Questa, dice il presidente dell'Accademia della Crusca Claudio Marazzini, è un’arma potente per difendere l’italiano. Nessuno ha mai pensato di cancellare l’inglese dall’università, c’era invece chi voleva cancellare l’italiano. Purtroppo da allora ad oggi è capitato che molti atenei abbiano abbracciato la via di questa pseudo internazionalizzazione, che è in sostanza un’emarginalizzazione dell’italiano, non perché ci credano per davvero ma perché ci sono meccanismi premiali che valutano gli atenei sulla base del numero dei corsi in inglese”.