SCIENZA E RICERCA

Dalle forze di van der Waals al “super collante molecolare”

Guardando il cielo ci scopriamo spesso affascinati dal complesso ordine dell'universo, dove pianeti e galassie si muovono lungo le loro orbite guidati da interazioni gravitazionali che si instaurano tra corpi celesti ad enorme distanza.

Se i nostri occhi ci consentissero di distinguere atomi e molecole, tuttavia, vedremmo fenomeni altrettanto complessi e affascinanti accadere tutti i giorni dentro di noi e negli oggetti, animati o inanimati, che ci circondano. Parallelamente a quanto accade alle scale di lunghezza planetarie, infatti, anche alle piccolissime scale molecolari atomi e molecole si muovono e si aggregano a causa di interazioni più o meno intense, dando vita all'incredibile varietà di sistemi che conosciamo come “materia”. 

Diversi tipi di interazioni possono coesistere nella materia, caratterizzandone le proprietà chimiche e fisiche. Tra queste interazioni, tuttavia, le forze di van der Waals assumono un ruolo molto particolare, ovvero quello di “collante universale”. 

Le forze di van der Waals, sono infatti presenti nell'assoluta totalità dei materiali e delle molecole in natura, e, seppur meno intense di altre forze, agendo a più lunga distanza determinano l'aggregazione, la dinamica e la funzionalità di un'ampia varietà di sistemi. Le interazioni proteina-farmaco, la stabilità della struttura a doppia elica nel DNA e la coesione tra fogli di grafene sono soltanto alcuni esempi di fenomeni in cui le forze di van der Waals assumono un ruolo fondamentale.

Una prima formulazione empirica di queste forze fu data nel 1873 dal fisico olandese Johannes Diderik van der Waals, con lo scopo di descrivere il peculiare comportamento “coesivo” osservato nei gas reali. Solo molti anni dopo (1930), tuttavia, il tedesco Fritz London riuscì a spiegare l'origine fisica delle interazioni di van der Waals utilizzando il concetto di fluttuazione di carica elettronica indotta.

Nel semplice caso di due atomi posti a grande distanza accade che, a causa di “fluttuazione quantistiche”, la carica elettronica di un primo atomo si deformi istantaneamente, dando luogo ad un campo elettrico che interagisce con la carica del secondo atomo. Nel secondo atomo verrà quindi indotta a sua volta una fluttuazione di carica elettronica istantanea.  A causa di questa fluttuazione, anche il secondo atomo originerà quindi un campo elettrico che interagirà nuovamente col primo atomo creando un effetto di mutua correlazione tra i due atomi.

La correlazione tra fluttuazioni istantanee di carica determina una forza netta attrattiva che decade in funzione della distanza D tra i due atomi proporzionalmente a 1/D7.  Questo decadimento a legge di potenza (molto più lento rispetto al decadimento esponenziale delle interazioni chimiche) spiega il “lungo range” delle forze di van der Waals, consentendo quindi un'attrazione tra atomi e molecole a distanze molto superiori rispetto alle lunghezze proprie dei legami chimici.

Per quasi un secolo la modellizzazione di London basata su fluttuazioni atomiche di carica ha consentito una descrizione molto intuitiva delle forze di van der Waals in termini di sovrapposizione lineare di contributi interatomici. Per questo motivo la teoria atomistica di London è stata ampiamente applicata in svariati ambiti, diventando di fatto l'approccio quantitativo di riferimento. 

Recenti esperimenti condotti su nanostrutture e materiali complessi, tuttavia hanno evidenziato sostanziali deviazioni rispetto alle convenzionali previsioni teoriche. In particolare, in diversi sistemi sono stati osservati fenomeni di non linearità, e, soprattutto, un aumento del range di interazione rispetto alle previsioni teoriche standard.

Partendo da queste premesse Alberto Ambrosetti (università di Padova), Nicola Ferri (Fritz-Haber Institut, Max Planck, Berlino), Robert Di Stasio Jr (Cornell University, New York) e Alexandre Tkatchenko (università del Lussemburgo) hanno recentemente evidenziato come  in svariate nanostrutture le fluttuazioni di carica elettronica che danno origine alle forze di van der Waals possono facilmente estendersi sull’intero sistema assumendo carattere ondulatorio. L'idea di fluttuazione di carica nei singoli atomi, va quindi riveduta in termini di moto coerente e fortemente collettivo.

Per comprendere meglio possiamo fare un parallelismo tra la carica elettronica ed un grande specchio d'acqua. Prestando attenzione, nell'osservare la superficie dall'alto spesso notiamo delle increspature molto regolari, per cui le singole molecole d'acqua pur trovandosi a grande distanza l'una dall'altra riescono ugualmente a correlarsi dando luogo ad un moto unitario e coerente.

Un fondamentale effetto di queste fluttuazioni elettroniche ondulatorie consiste nel notevole potenziamento delle forze di van der Waals. Intuitivamente, il moto organizzato della carica implica deformazioni istantanee di carattere macroscopico e quindi campi più intensi.

Non solo: lo studio suggerisce inoltre che l'intensità e il raggio d'azione delle interazioni di van der Waals potrebbero essere controllati sperimentalmente. Se il range e l'intensità delle forze dipendono dalle fluttuazioni di carica caratteristiche del sistema, sarebbe infatti sufficiente intervenire sulle proprietà chimiche e geometriche al fine di controllare la forma stessa dell'interazione.

Nella pratica, ci troveremmo quindi di fronte ad un potenziale "super-collante molecolare" ad efficacia regolabile. Non è difficile immaginare come, tramite opportuni sviluppi tecnologici, la manipolazione di questo "collante" potrebbe condurre ad applicazioni in ambiti tecnici e scientifici apparentemente molto diversi: dall'assemblaggio controllato di filamenti di nanotubi di carbonio, alla efficiente realizzazione di nanostrutture sempre più complesse, dalla manipolazione di fenomeni di superficie e possibilmente di catalisi, fino al controllo sperimentale di delicati processi biologici.

Il gruppo di Fisica teorica della materia dell'università di Padova è impegnato in prima linea in questa attività di ricerca, nell'ambito di una collaborazione internazionale volta sia a studi di carattere fondamentale che più applicativo. Il presente lavoro da un lato rappresenta quindi il frutto di un lungo percorso, reso possibile grazie all'esperienza e alle capacità del gruppo. Dall'altro lato, segna un punto di partenza per una nuova e promettente attività volta ad una più profonda comprensione e ad un miglior controllo dei complessi fenomeni di coesione che permettono alla materia che circonda di esistere, trasformarsi o addirittura vivere.

Alberto Ambrosetti

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