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Depressione e attività cardiaca: dall’ECG un aiuto per lo screening preliminare

La ricerca del team di ricercatori del dipartimento di Psicologia generale di Padova (Claudio Gentili, Daniela Palomba e Simone Messerotti Benvenuti), in collaborazione con i bioingegneri del Centro di ricerca interdipartimentale “Enrico Piaggio” dell’università di Pisa, suggerisce un nuovo modo di guardare al rapporto tra indici elettrofisiologici e umore.

Nel corso di una depressione sono riscontrabili delle alterazioni elettrofisiologiche misurabili con l’elettrocardiogramma che, se “rilette” attraverso una tecnica di analisi particolare, portano a individuare soggetti con alta probabilità di depressione.

“Abbiamo deciso di valutare - dice Claudio Gentili docente di Psicologia clinica a Padova e primo autore dello studio - se con l’aiuto di un software di machine learning, adattato alla nostra analisi dai colleghi dell’università di Pisa, potevamo stimare il grado di depressione in pazienti con patologia cardiovascolare attraverso una lettura attenta del loro elettrocardiogramma (ECG)”. 

È stato individuato un campione di 31 soggetti in riabilitazione negli ospedali del Veneto dopo un intervento al cuore per ischemia. Ai pazienti, 60-65 anni, si è misurato il livello di depressione con una scala clinica chiamata CES-D - Center for Epidemiological Study of Depression - che ha una metrica più accurata rispetto ad altre. A ogni soggetto ricoverato è stato chiesto di valutare da 0 a 3 una serie di affermazioni riguardanti i loro sintomi o il loro vissuto quotidiano (es. quanto si sentivano tristi, se soffrissero di disturbi del sonno, etc.). Successivamente si è stabilito clinicamente una soglia quantitativa oltre la quale venivano classificati come soggetti ad alta probabilità di depressione.

A questo punto si è utilizzata una tecnica di analisi denominata LASSO (Least absolute shrinkage and selection operator) per stimare il punteggio della scala CES-D con i parametri estratti da un elettrocardiogramma standard. I meri dati fisiologici rilevati dall’ECG, poi elaborati da LASSO, hanno permesso al team di ricerca padovano di individuare i pazienti con gravi sintomi depressivi con una accuratezza del 90%. “Il LASSO è una tecnica di regressione - puntualizza Simone Messerotti Benvenuti - che permette di selezionare e pesare i diversi parametri per produrre un modello di predizione migliore. In pratica a partire da tutti i parametri estratti dall’ECG la tecnica scarta quelli non rilevanti e seleziona quelli più informativi”.

“Questi risultati aprono la possibilità di utilizzare l’ECG, che è una tecnica economica e ampiamente diffusa, come test automatico di screening preliminare per la depressione, particolarmente nei reparti cardiologici e quando i tempi e i mezzi non permettono una valutazione psicologia formale che rimane - sottolinea con forza Claudio Gentili - ovviamente irrinunciabile. La depressione è una patologia complessa, che certamente non è possibile quantificare in modo univoco solo con un ECG. Rimane il fatto che la nostra ricerca dimostra che si possono stimare, da indici elettrofisiologici, i sintomi di depressione in una misura attorno al 90%. Il nostro lavoro sui cardiopatici è solo l’inizio di un percorso di studi, ora i risultati si potranno confrontare con quelli altre categorie di pazienti depressi, che potrebbero presentare configurazioni di ECG diverse”.

“La relazione tra attività cardiaca e umore - conclude Daniela Palomba docente di Psicologia clinica a Padova - è molto stretta e dimostrata da numerosi lavori scientifici: i pazienti depressi hanno un rischio maggiore di sviluppare una patologia cardiovascolare e, viceversa, dopo un infarto il rischio di un episodio depressivo può aumentare. Inoltre se il paziente cardiopatico sviluppa depressione ha una prognosi peggiore. Anche per queste ragioni un riconoscimento precoce della depressione è importante per arginare il prima possibile i suoi effetti negativi. Il nostro lavoro dimostra come l’approccio utilizzato permette da un lato analisi tarate sul singolo individuo, ma anche la possibilità di effettuare uno screening affidabile a livello del singolo paziente”.

La ricerca è stata condotta con la collaborazione di un gruppo di bioingegneri dell’università di Pisa coordinate da Enzo Pasquale Scilingo e di cui fanno parte Gaetano Valenza e Alberto Greco, tutti i coautori del lavoro. 

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