SOCIETÀ

Giovani, carini e... complessati

In psicologia il disturbo di dismorfismo corporeo è caratterizzato da un’estrema preoccupazione per i difetti percepiti nel proprio aspetto fisico; difetti che, tuttavia, per tutti gli altri appaiono lievi quando non addirittura invisibili. Spesso anzi può anche capitare che a sentirsi inadeguate siano proprio persone di bell’aspetto o avvenenti. Una vera e propria patologia che va oltre la generica insoddisfazione per il proprio aspetto esteriore (che ognuno, prima o poi, sperimenta nella vita) e che viene studiata in tutto il mondo. Anche a Padova, dove è oggetto di indagine da parte di un team composto dalla ricercatrice Marta Ghisi, dalla dottoranda Silvia Cerea e dall’assegnista di ricerca Gioia Bottesi (dipartimento di Psicologia generale, università di Padova).

“La presenza del Disturbo di Dismorfismo Corporeo comporta la messa in atto di comportamenti ripetitivi o azioni mentali – spiega al Bo Marta Ghisi –: ad esempio guardarsi in modo ricorrente allo specchio o ricercare incessanti rassicurazioni, oltre a confrontare continuamente la propria immagine con quella degli altri. Spesso inoltre le persone che presentano questo disturbo fanno ricorso a strategie per modificare o mascherare quello che non accettano del proprio aspetto fisico, ad esempio truccandosi eccessivamente o vestendosi in modo da camuffare i presunti difetti”. 

Non si tratta semplicemente di piccole ‘fissazioni’ ma di atteggiamenti che rischiano di minare pesantemente la qualità della vita. “Questi comportamenti, che possono richiedere più ore al giorno, interferiscono con molti aspetti della vita sociale e lavorativa di chi presenta questa condizione – continua Ghisi –. Le persone con disturbo di dismorfismo corporeo temono inoltre di essere costantemente giudicate dagli altri e questo determina, generalmente, un impoverimento della loro rete sociale”. Infine tra i comportamenti che caratterizzano i pazienti con questo disturbo rientra anche il ricorso eccessivo a interventi invasivi di chirurgia plastica e di medicina estetica. Fino a giungere al punto in cui i pazienti, se non dispongono dei fondi sufficienti per un’operazione chirurgica, talvolta arrivano persino a mettere in atto interventi ‘fai da te’, con implicazioni molto pericolose per la salute.

Oggi il dismorfismo corporeo, pur essendo ancora relativamente poco conosciuto e indagato (in particolare nel contesto italiano), risulta sempre più diffuso, in particolare tra chi sceglie di sottoporsi a interventi di chirurgia plastica o di medicina estetica: proprio questo è stato oggetto di un primo studio da parte del gruppo di ricerca padovano, i cui risultati sono stati presentati lo scorso anno alla Conference on Plastic and Aesthetic Medicine di Suzhou (Cina).

La ricerca, che in un primo momento ha coinvolto un numero ancora limitato di persone, ha comunque fornito risultati che invitano a riflettere: in 3 dei 23 individui che in precedenza si erano sottoposti a interventi di chirurgia o di medicina estetica è stato infatti riscontrato il disturbo di dismorfismo corporeo, associato alla presenza di elevata sintomatologia ansiosa e depressiva e a perfezionismo di tipo disfunzionale. 

Un dettaglio interessante è che, secondo i risultati della ricerca, il fatto di sottoporsi a numerosi interventi estetici non determina tuttavia in questi pazienti una scomparsa dell’estrema preoccupazione inerente l’aspetto fisico: al contrario spesso ad ogni intervento segue l’individuazione di nuovi difetti e imperfezioni da correggere. 

Dopo questi primi dati il team composto dalle tre studiose ha quindi proseguito le ricerche, allargando il campione e allo stesso tempo focalizzando l’attenzione soprattutto sui giovani e, in particolare, sugli studenti universitari: un’altra tipologia di popolazione particolarmente a rischio in quanto in questa fascia d’età l’aspetto fisico assume un ruolo centrale sia nell’interazione con gli altri che nello sviluppo dell’autostima. I risultati della nuova ricerca, che verranno esposti compiutamente nel mese di giugno 2016 nel corso dell’ottavo World Congress of Behavioural and Cognitive Therapies di Melbourne, sono ancora più preoccupanti: “Dei 400 studenti universitari coinvolti il 5% presentava i sintomi di un disturbo di dismorfismo corporeo – continua Ghisi –. Tra i difetti fonte di maggiore preoccupazione sono emersi, nello specifico, il colorito della pelle (soprattutto a causa di acne e rossore), i capelli e i peli (capelli fini o una peluria eccessiva), il naso e le orecchie”. Diversi studenti inoltre si erano già sottoposti a più tipologie di interventi chirurgici ed estetici tra cui rinoplastica, otoplastica, liposuzione e dermoabrasione per l’acne.

Anche in questi casi, tuttavia, la soddisfazione inerente questi interventi è risultata alquanto scarsa, e la quasi totalità di chi vi si è sottoposto ha dichiarato di voler ricorrere in futuro a nuovi interventi estetici per migliorare il proprio aspetto fisico. 

Insomma, nell’epoca della chirurgia plastica molti preferiscono modificare il proprio aspetto piuttosto che lavorare sull’autostima e la percezione di sé: una scorciatoia che a prima vista può sembrare comoda ma che spesso rischia invece di peggiorare i problemi. Per questo, spiegano Ghisi, Cerea e Bottesi, per il futuro il proposito è di focalizzare sempre più le loro ricerche nella direzione di creare strumenti in ambito clinico per l’individuazione precoce e soprattutto per la terapia di un disturbo che minaccia sempre più la salute fisica e psicologica dei nostri giovani.

Daniele Mont D’Arpizio

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012