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Guolo: in Europa islamismo ultima sirena antisistema

Oggi si stima che esistano 5.000 “foreign fighters”, combattenti musulmani che hanno la cittadinanza di un Paese europeo: di questi, circa 500 sono donne. Sono dati forniti da Renzo Guolo, sociologo e studioso dell’Islam, durante l’incontro L’Europa e i suoi jihadisti, appuntamento del ciclo Boculture organizzato dal prorettore dell’università di Padova Annalisa Oboe.

Secondo Guolo il radicalismo dei jihadisti europei non trae origine da situazioni di particolare indigenza o bassa scolarità: troppo varie sono le loro provenienze in termini di istruzione e contesto socioeconomico. L’elemento comune va piuttosto ricercato nella fascinazione esercitata dall’Islam radicale, come unica concezione antagonista superstite rispetto a un ordine politico e sociale sentito come estraneo. La formazione dei jihadisti, secondo Guolo, non passa necessariamente attraverso la socializzazione: spesso l’approccio a testi radicali avviene in solitudine, grazie al web che oggi offre molti autori di riferimento tradotti nelle principali lingue europee. Da parte delle nazioni occidentali, ha aggiunto Guolo, le reazioni di fronte agli inizi del fenomeno sono state o di semplice repressione o tentativi di imporre modelli di valori, mentre non si è provato per nulla a comprendere le ragioni profonde del disagio.

Paolo Roberto Graziano, docente di scienza della politica, ha sottolineato come nemmeno l’Unione Europea abbia saputo proporre politiche sociali efficaci per l’integrazione: un campo lasciato, in gran parte, all’iniziativa dei singoli Stati. Come strategia vincente, Graziano ha citato l’esempio di Aalborg, città danese impegnata in un programma di prevenzione e di reinserimento per islamici radicali. Da parte sua, Guolo ha ricordato Sadiq Khan, il neosindaco di Londra di origini pakistane, come esempio di un’identità islamica non percepita come ostile: in quanto legata ad altri elementi identitari socioculturali, è stata accettata in ogni fascia della popolazione londinese.

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