SCIENZA E RICERCA

Inquinamento, a casa peggio che nel traffico

Strade congestionate, traffico, industrie. È ciò a cui di solito si pensa quando si parla di inquinamento. Eppure i rischi per la salute si corrono anche all’interno delle mura domestiche. È quanto emerso da uno studio pubblicato recentemente su Environmental Research che sembra stabilire una relazione tra biossido di azoto nelle case e disturbi respiratori. La ricerca è stata condotta dall’Istituto di biomedicina e immunologia molecolare del Cnr (Ibim-Cnr), in collaborazione con l’Istituto di scienze e tecnologie dell’informazione di Pisa e con l'Istituto di analisi dei sistemi e informatica di Roma.  

Gli scienziati hanno preso in esame oltre 300 ragazzi tra i 10 e i 17 anni della città di Palermo, le cui condizioni di salute sono state valutate con un questionario, delle prove allergiche e spirometria. L’attenzione si è poi spostata sulle abitazioni in cui gli adolescenti vivevano, distribuite in maniera omogenea nelle aree centrali e meno centrali di Palermo e in quelle periferiche. Attraverso una serie di sonde collocate all’interno e nell’immediato esterno delle abitazioni, nel corso di una settimana in inverno e una in primavera sono stati misurati i valori di biossido di azoto, un inquinante molto comune considerato fondamentale per la valutazione dell’inquinamento. “Dai nostri rilievi – sottolinea Fabio Cibella dell’Ibim-Cnr – è emerso che nel 25% delle case il biossido di azoto superava il limite fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità per gli inquinanti degli ambienti interni”. Il ricercatore spiega che i valori più alti sono stati registrati nelle zone centrali della città e i più bassi in periferia, segno evidentemente che le concentrazioni di biossido di azoto esterne influiscono sui valori interni. Ciò non toglie tuttavia che la sorgente di questo inquinante, irritante per le vie aeree e prodotto da qualsiasi processo di combustione, possa essere anche interna alle abitazioni e provenire da fornelli, stufe e fumo di sigaretta.  

I risultati dello studio non si limitano a questo. “Nel corso della nostra indagine – aggiunge Cibella – abbiamo osservato che nelle case con i valori più elevati di biossido di azoto era presente un numero maggiore di ragazzi asmatici o con problemi respiratori. Chi poi aveva già una storia personale di asma alle spalle, mostrava una funzione respiratoria peggiore rispetto a chi viveva in un ambiente meno inquinato”.   

Il biossido di azoto non è l’unico inquinante a creare problemi all’interno delle mura domestiche, tanto che negli ultimi 20 anni il cosiddetto “inquinamento degli ambienti confinati” ha catalizzato sempre maggiore attenzione. Esistono inquinanti specifici degli spazi interni come la formaldeide, che ha sia un’azione cancerogena che irritante, dunque con effetti importanti sull’apparato respiratorio specie nei soggetti più sensibili, come i bambini, gli anziani o gli adulti con malattie respiratorie preesistenti. È presente nei prodotti per la pulizia e utilizzata anche come vernice collante nei mobili soprattutto di legno dai quali, specie se di scarsa qualità, viene rilasciata per lunghissimo tempo. “Si pensi alle scuole – osserva il ricercatore – arredate spesso con banchi e armadi di cattiva qualità che possono portare a livelli di formaldeide particolarmente elevati”. Stessa situazione può venirsi a creare nelle nostre case quando vengono utilizzati in maniera eccessiva prodotti per la pulizia, soprattutto se di qualità non buona, che rilasciano vapori di formaldeide nell’ambiente. 

Sull’argomento sono stati condotti molti studi, sia a livello europeo che nazionale, con un occhio di riguardo all’ambiente scolastico. Tra questi, solo per citare gli ultimi in ordine di tempo, il progetto europeo Sinphonie (Schools Indoor Pollution and Health: Observatory Network in Europe) che ha coinvolto 25 Paesi tra cui l’Italia e il programma nazionale Indoor School (2010-2013) finanziato dal ministero della Salute che ha realizzato un’indagine sull’esposizione di alunni e personale scolastico delle scuole primarie e secondarie di primo grado agli inquinanti interni. E i risultati non sono confortanti. “Si consideri – argomenta Cibella – che in molte scuole i livelli di formaldeide rilevati sono superiori ai valori soglia stabiliti dall’Oms e possono diventare pericolosi per la salute dei bambini”.

Accanto al biossido di azoto e alla formaldeide, considerati gli inquinanti principali, non va trascurato poi il fumo di sigaretta. Un fattore che contribuisce in maniera significativa all’inquinamento degli ambienti interni al punto da essere stato bandito ormai da tempo dai locali pubblici. A preoccupare, ora, non è più solo il fumo inalato direttamente (“di prima mano”) e quello passivo (“di seconda mano”), ma anche il cosiddetto “fumo di terza mano”, quello cioè che si respira nei luoghi in cui qualcuno ha fumato. I residui della combustione del tabacco infatti rimangono negli ambienti anche a distanza di tempo con conseguenza pericolose per la salute. 

Lo studioso sottolinea in conclusione che si deve distinguere tra inquinanti esterni e inquinanti tipicamente interni e che i primi possono sommarsi ai secondi. Se la ventilazione e il ricambio d’aria sono fondamentali per una buona qualità dell’aria in ambienti chiusi, il livello di inquinamento esterno potrebbe in realtà peggiorare la situazione anziché migliorarla. “Si tratta sostanzialmente di un problema di politica ambientale e urbana – conclude Cibella – Dato che risanare diventa un’ipotesi davvero costosa, la prima soluzione da adottare è in assoluto quella di garantire almeno una qualità dell’aria esterna migliore, sia che si tratti di scuole che di abitazioni”. Pensare a programmi di ricollocazione urbanistica degli istituti pubblici, ma anche delle abitazioni private, potrebbe essere un primo passo.      

Monica Panetto

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