UNIVERSITÀ E SCUOLA

L’istruzione difficile, tra scuole d’élite e "ghetto"

Il livello di istruzione dei genitori influenza fortemente il percorso universitario dei figli. Soprattutto in Italia. A dirlo è l’Ocse che, in un recente studio che misura l’influenza del contesto socio-economico sugli studi universitari, ha evidenziato: “Le probabilità di accedere all’istruzione superiore aumentano di quattro o cinque volte se almeno uno dei genitori ha un grado di istruzione superiore. In Italia, poi, i ragazzi con un genitore con un elevato livello di istruzione hanno ben dieci volte più probabilità di conseguire la laurea rispetto ai coetanei con genitori che non sono andati oltre la scuola dell’obbligo”. Gli studenti, detti di prima generazione (perché, in famiglia, nessuno prima di loro ha superato la scuola dell’obbligo), abbandonano più facilmente gli studi universitari.

Ma la tendenza si nota già prima di arrivare all’università. “Gli studenti delle secondarie superiori provenienti da contesti svantaggiati hanno meno probabilità di fare bene nelle valutazioni Pisa e meno probabilità di completare l’istruzione secondaria superiore – spiega l’Ocse – L’abbandono scolastico è un problema che riguarda soprattutto gli studenti provenienti da un contesto socio-economico svantaggiato. Uno studio che ha confrontato i tassi di accesso e di conservazione nel campo dell'istruzione superiore in dieci Paesi ha rilevato che la condizione socioeconomica è il fattore che ha il maggiore impatto sugli studenti che abbandonano, pesa più dell’etnia e del genere”.

Nei giorni scorsi, le scuole italiane hanno ricevuto una lettera dal Miur con la segnalazione delle prossime date delle prove Invalsi (i primi ad affrontare i test di valutazione saranno gli alunni delle primarie, il 4 maggio 2016, alle seconde classi delle secondarie superiori toccherà il 12 maggio, il 17 giugno sarà invece la volta delle classi terze delle secondarie inferiori, prova quest’ultima che coinciderà con l’esame di Stato). Se il livello di preparazione su scala europea viene valutato dai test Pisa Ocse - che non ci vedono in vetta alla classifica, soprattutto per quanto riguarda le competenze di matematica - in Italia è proprio l’Invalsi a fornire risposte e numeri significativi in relazione ai divari territoriali. I risultati dell’ultimo test evidenziano il basso livello di preparazione degli studenti italiani: nell’anno scolastico 2013-2014, il 44% delle risposte degli studenti meridionali ai test di italiano nelle scuole medie è risultata errata (in Sicilia questa percentuale ha raggiunto il 46%, a fronte di valori per il Nord del 35%). Risultati ancor meno soddisfacenti si sono registrati nei test di matematica, con il 48% di risposte errate degli studenti meridionali (49% in Sicilia) e il 39% per il Nord. E si notano divari simili nelle scuole superiori. 

Ma come spiegare le differenze nelle prestazioni? E, ancora una volta ci si chiede, quanto influisce nel rendimento il retroterra economico e culturale delle famiglie? Quanto il contesto locale? “Più le scuole si trovano in contesti disagiati, peggiori sono i risultati che conseguono in termini di competenze degli studenti”. A confermarlo è la Fondazione Res, Istituto di ricerca su economia e società in Sicilia, che ha cercato di fornire alcune risposte: nel rapporto L’istruzione difficile. I divari nelle competenze da Nord a Sud, diventato recentemente un volume edito da Donzelli, vengono ricercate le cause del divario. È stato innanzitutto tracciato l’identikit degli studenti con peggiori risultati, che ha evidenziato l’influenza del retroterra socio-economico e culturale delle famiglie. Un fattore che incide, tuttavia, in tutte le aree territoriali del Paese senza che si registrino forti differenze. La chiave di lettura sembra essere un’altra, o meglio, partendo da questa prima considerazione, è possibile fare un passo ulteriore e spostare l’attenzione proprio al Sud. Ciò che differenzia gli studenti siciliani e meridionali che hanno livelli di apprendimento più bassi è la loro elevata concentrazione in alcune scuole: il 55% degli studenti meridionali e il 43% di quelli siciliani con risultati meno soddisfacenti studiano in scuole con una elevata presenza di studenti con retroterra familiare basso. Percentuali che si riducono al Nord (34%) e al Centro (20%). Quando gli studenti con un retroterra familiare basso sono concentrati negli stessi istituti si determina un effetto moltiplicatore (peer effect) che incide negativamente: i punteggi degli studenti siciliani che frequentano “scuole ghetto” sono di circa 20 punti inferiori a quelli di coloro che frequentano scuole di élite (dove l’incidenza di famiglie in condizioni più disagiate è bassa). E non si tratta solo di mettere a confronto Nord e Sud, perché il divario nasce nel cuore stesso del Mezzogiorno, dove esistono casi esemplari di scuole, inserite in contesti difficili, con una gran voglia di riscatto, determinate a creare le condizioni per un buon apprendimento - “istituti che riescono a muoversi controcorrente […] reagendo alle difficoltà delle condizioni di contesto, che in questo senso sembrano funzionare da pungolo e da collante fra gli attori che operano all’interno della scuola” -, ma dove si definiscono purtroppo, in maniera più netta e quindi evidente, i confini di due mondi scolastici opposti (soprattutto alle superiori), che non comunicano: quello di “chi va male e sta in scuole che vanno male e raramente riesce ad andare in istituti in cui i risultati medi ottenuti dagli studenti sono migliori. E quello di chi va bene e sta in scuole che vanno meglio di gran parte delle altre”. 

F.Boc.

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