UNIVERSITÀ E SCUOLA

Quella laurea padovana per Aldo Palazzeschi

È un giovedì mattina il 22 novembre del 1962; a Venezia fa freddo, piove e tira un vento sottile. Sono le otto e mezza e a Piazzale Roma due personaggi si incontrano per prendere insieme l’autobus per Padova: il primo all’anagrafe si chiama Aldo Giurlani ma da oltre cinquant’anni è conosciuto come Aldo Palazzeschi; l’altro è Emilio Isgrò e scrive sulle pagine culturali del Gazzettino, ma un giorno diventerà famoso come artista concettuale per le sue “cancellature d’autore”.

Palazzeschi, fiorentino di nascita e romano d’adozione, è da qualche anno ormai di casa a Venezia, dove trascorre lunghi periodi, dapprima in una casa di fondamenta del Rimedio e poi, dal 1956, in calle del Forno vicino alla Strada Nova. “Ora la città dove mi piace più di vivere è Venezia – spiega in un’intervista – forse per quegli elementi di surrealismo che sono nella mia anima e che fanno di Venezia una incredibile realtà”.

Quella mattina però è ansioso, felice ma quasi agitato: alla bellezza di 77 anni si prepara finalmente a ricevere la laurea in lettere dall’università di Padova. A proporre il conferimento honoris causa sono stati Diego Valeri, Vittore Branca e Gianfranco Folena, e per lo scrittore si tratta di un piccolo grande traguardo che ha anche il sapore di una rivincita. Fu infatti il padre commerciante, titolare di un raffinato negozio di abbigliamento per uomo in via dei Calzaiuoli a Firenze, a imporgli prima il diploma in ragioneria e poi l’iscrizione all’Istituto superiore di economia e commercio di Venezia (Ca' Foscari). E il giovane Aldo per tutta risposta aveva lasciato l’università per il teatro, iniziando poi a pubblicare i suoi libri, in versi e in prosa, con il cognome della nonna materna: “Tra i molti dispiaceri che ho dato a mio padre… – scriverà un giorno – uno almeno gliel’ho risparmiato: quello di vedere il suo onorato cognome finire sui giornali”.

Emilio Isgrò ci ha regalato un resoconto dettagliato della mattinata passata assieme allo scrittore, nell’articolo apparso il giorno dopo sul Gazzettino (“Palazzeschi per un’ora è ridiventato Giurlani”, 23 novembre 1962). “È stata una giornata grande per Palazzeschi che si è recato all’‘esame’ con un certo batticuore – scrive il giornalista –; questa non è dunque la cronaca di una cerimonia solenne, ma la cronaca di un batticuore, dell’ansia di un illustre scrittore, vissuta minuto per minuto”.

Sull’autobus si parla un po’ di tutto, evitando di accennare – per quanto possibile – alla laurea imminente. A Padova il bus ferma davanti alla chiesa degli Eremitani: i due si avviano a passo svelto verso Palazzo Bo, ma quando arrivano, alle 9.30, non c’è ancora nessuno, tranne i bidelli in alta uniforme che abbozzano un saluto militaresco. Per ingannare l’attesa si va allora al caffè Pedrocchi, altra tappa obbligata della Padova universitaria: “Mi sono portato anche l’orologio – dice lo scrittore al giornalista –, cosa che non faccio mai. Ma quando uno è nervoso …”.

Rinfrancato dal cappuccino (“bollente con tre cucchiai di zucchero”) lo scrittore quasi ottantenne si appresta alla cerimonia come il più insicuro dei laureandi, nonostante la proverbiale ironia verso se stesso e le convenzioni sociali: “Gli uomini che prendono sul serio gli altri mi fanno compassione – aveva scritto il 28 febbraio 1915 sulla rivista Lacerba – quelli che prendono sul serio se stessi mi fanno sganasciare dalle risa”.

Nella grande sala, piena di stucchi e di ori, balenano le divise blu dei mazzieri e i riflessi dei loro strumenti, poi entra il corteo dei professori in tocco ed ermellino. Palazzeschi sta con le mani sulle ginocchia, “confuso e commosso” tra gli applausi, assieme agli altri laureati ad honorem: il filologo americano Berthold Louis Ullman, il filosofo tedesco-americano Paul Oskar Kristeller, lo storico della filosofia medievale Bruno Nardi e l’alto funzionario e docente universitario Eliseo Jandolo. Palazzeschi applaude tutti e a tutti stringe la mano: “una, due, tre volte di seguito”, annota Isgrò.

Tocca al professor Tagliavini, preside della facoltà di Lettere, esporre le ragioni del conferimento: “Aldo Palazzeschi è considerato oggi unanimemente dalla critica italiana e straniera uno dei maggiori narratori e poeti europei”.  Quando poi tocca allo scrittore toscano salire sulla tribuna, un applauso si leva nell’aula: “Ringrazio quanti hanno voluto riconoscere un’esistenza spesa al servizio dell’arte letteraria e per lo studio amoroso del materno linguaggio – dice nel suo discorso –. A questo amore non potevano dare più ambito premio. E legando il mio nome a questo gloriosissimo, venerabile Istituto della cultura e della scienza, focolare quasi millenario di Umanesimo, non potevano fare a me onore più grande”. Il discorso termina, il pubblico si alza in piedi; dopo la consegna della pergamena Manara Valgimigli e Diego Valeri sono i primi ad abbracciare il ‘dottor Palazzeschi’.

Forse quel giorno la laurea ha il sapore di una consacrazione definitiva per un poeta e narratore che, sfuggendo a ogni etichetta, è stato tra i protagonisti delle avanguardie europee e che nel corso della sua vita ha conosciuto e si è confrontato alla pari con figure del calibro di Marinetti, Soffici, Papini, Boccioni, Carrà, ma anche Apollinaire, Matisse, Braque, Picasso… Anche se il suo maggior successo rimane il romanzo Le sorelle Materassi, del quale curerà una riduzione per la tv. Isgrò chiude il suo resoconto: “Questa è stata la giornata d’esami di Aldo Palazzeschi, per un’ora ridivenuto Giurlani”.

Daniele Mont D’Arpizio Con la collaborazione del Centro per la storia dell’Università di Padova

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