SCIENZA E RICERCA

Il morbillo che non se ne va

A Disneyland iniziano a preoccuparsi. Negli ultimi giorni le autorità sanitarie hanno registrato 98 casi di morbillo. Si teme un’epidemia. E, sebbene la malattia sia facilmente curabile nei paesi occidentali, il rischio di conseguenze gravi per qualcuno dei contagiati non è da escludere. La World Health Organization (WHO), l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di sanità,  sostiene , che nel 2013 il Paramyxovirus, l’agente infettivo del morbillo, ha contagiato in tutto il mondo circa 250.000 persone,  uccidendone ben 145.700. La gran parte bambini di età inferiore a 5 anni.

Il numero dei decessi è molto elevato. Ma decisamente più basso di quello che sarebbe stata registrato se l’86% dei neonati in tutto il mondo non avesse, ormai, ricevuto almeno una dose di vaccino. Da tempo disponiamo, infatti, di un vaccino contro il morbillo efficace e sicuro. Questo vaccino, secondo la WHO, negli anni compresi tra il 2000 e il 2013 ha salvato la vita a 15,6 milioni di persone. 

E, infatti, il successo della campagna mondiale di vaccinazione – la copertura è passata dal 72% del 2000 all’86% del 2013 – è stata accompagnata da una sostanziale riduzione delle morti da morbillo, diminuite in 14 anni di quasi il 75% (da oltre 544.200 a 145.700, appunto). Se la campagna continuerà e la copertura si estenderà, la WHO conta di giungere all’eradicazione di questa malattia infettiva entro il 2020.

Il successo, tuttavia, non è scontato. Perché qualcuno sta abbassando la guardia. Anche in occidente. Le autorità sanitarie californiane ritengono infatti che ad aver innescato l’epidemia a Disneyland (che si trova, ad Anaheim, non molto distante da Los Angeles) sia stato un americano non vaccinato reduce da un viaggio in Oriente, probabilmente nelle Filippine o in Indonesia, dove la malattia è ancora endemica.

Qualcosa di simile, sostengono alla WHO, è accaduto alla Hawaii, dove nei mesi scorsi si è acceso un piccolo focolaio di morbillo causato da tre persone non vaccinate che avevano viaggiato, per turismo, nell’Asia sud-orientale.  

Le notizie che provengono dall’America ci dicono tre cose. Primo: il morbillo è una malattia molto contagiosa – la più contagiosa in assoluto, secondo Stephen Cochi, responsabile della divisione immunizzazione globale dei Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti. Si trasmette facilmente, da persona a persona. Secondo: negli Stati Uniti – ma vedremo tra poco, anche in Europa e soprattutto in Italia – molte persone adulte non sono vaccinate. E le persone non vaccinate possono facilmente contagiarsi e diffondere facilmente il virus, trasmettendolo ad altre persone non vaccinate. Terzo: se non alziamo di nuovo la guardia, il virus non sarà eradicato e la malattia continuerà a uccidere.

Il tema ci riguarda da vicino. Molto più di quanto si possa immaginare. Perché se negli Stati Uniti nel 2013 sono stati registrati 644 casi di morbillo, in Europa se ne sono registrati 4.735 tra il mese di ottobre 2013 e il mese di settembre 2014 (dati dello European Centre for Disease Prevention and Control). Di questi ben 2.060 in Italia. Siamo il paese europeo con il più alto numero assoluto di contagiati. Ci seguono l’Olanda, con 895 casi e la Germania con 375. Non a caso l’oma ha appena mandato un richiamo ufficiale al ministero della Salute, chiedendo un incontro urgente proprio riguardo alle vaccinazioni per il morbillo e la rosolia.

L’intensità del contagio è di 34,5 per milione di abitanti. Solo in Olanda è superiore (53,3 contagiati per milione di abitanti). Per l’eradicazione della malattia occorrerebbe scendere a un intensità inferiore a un caso per milione. C’è molto da lavorare. Già, ma in che direzione?

La vicenda italiana (come quella europea e americana) è molto diversa da quella dei paesi asiatici (la Cina, le Filippine, il Vietnam, l’Indonesia) e africani (l’Etiopia, l’Angola, la Nigeria) in cui il morbillo è più diffuso. In quei paesi sono i bambini al di sotto dei 5 anni, non vaccinati, le vittime del Paramyxovirus. Da noi la malattia è più diffusa tra le persone ormai adulte che, venti o trenta anni fa, non si sono vaccinate. E ora non solo si ammalano e diffondono la malattia, ma contribuiscono a tenerla in vita. Il Paramyxovirus infatti si trasmette solo da uomo a uomo (il morbillo è sconosciuto tra gli animali non umani). Anzi, da uomo non vaccinato a uomo non vaccinato: l’85% dei contagiati non si è mai vaccinato.

In pratica, qualcuno ha abbassato e continua a tenere bassa la guardia contro il morbillo. Non si vaccina, anche perché la vaccinazione non è obbligatoria. Questo comportamento è a rischio: i costi sociali, economici e umani sono molto elevati. 

La cause di questo comportamento a rischio sono, probabilmente, due. Da un lato la crescente (e ingiustificata) diffidenza verso la vaccinazione, considerata una pratica medica pericolosa. Dall’altro la percezione che il danno in fondo è lieve: di morbillo, almeno in occidente, si guarisce (ma occorre aggiungere, quasi sempre). 

L’obiettivo dell’Unione europea è giungere a una vaccinazione che copra il 100% della popolazione. Ma, a tutt’oggi, nell’Unione solo 14 paesi superano la soglia del 95%. Per eradicare la malattia occorre, dunque, un’opera di sensibilizzazione. Una nuova grande opera di sensibilizzazione di massa. Per la quale occorre non solo trovare il messaggio giusto. Ma, come sottolinea Steve Martin, esperto di linguaggio del marketing, in un recente articolo pubblicato sulla Harvard Business Review, anche trovare il giusto messaggero.

Pietro Greco

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