Paolo Marcolongo nel suo atelier di via Euganea a Padova. Foto: Massimo Pistore
“Questo è uno spazio di progettazione e riflessione. Sentite rumori qui? C’è un parco da una parte, il giardino dall’altra, il silenzio assoluto”. Lo studio di Paolo Marcolongo, protagonista del nono episodio della serie Atelier d’artista, è ampio e luminoso, si trova all’interno di un elegante palazzo storico del centro di Padova: all’esterno il tempo si è fermato, regna la pace, e la grande dimora sembra essersi mangiata i rumori e le voci della città, l'atelier accoglie invece il tumulto creativo dell’artista, le sue tante anime in continuo fermento, la sua ricerca costante, il desiderio di comunicare e condividere un pezzo delle strade percorse. È stato performer, si è occupato di body art, è scultore, artista del vetro, eccezionale maestro d’oreficeria contemporanea.
"Vengo in studio tutti i giorni, qui penso ai progetti, faccio i disegni e realizzo qualcosa di oreficeria con i metalli; per il vetro invece devo spostarmi a Murano. Sono circondato dai miei lavori e a volte neanche li considero più, perché penso sempre a cose nuove. Quella che vedete io la considero una piccola esposizione”.
“ Sentite rumori qui? C’è un parco da una parte, il giardino dall’altra, il silenzio assoluto Paolo Marcolongo
Servizio di Francesca Boccaletto e Massimo Pistore
All’arte Marcolongo si appassiona presto, già nei primi anni di scuola. “Alle medie ci venivano assegnati lavori molto semplici, ma io ho avuto la fortuna di avere come insegnante Manfredo Massironi del Gruppo N". E continua: "Dopo la scuola andavo a lavorare: ho fatto tantissimi mestieri - il falegname, il restauratore di mobili, il tappezziere - che mi hanno permesso di sviluppare la manualità. A casa non c’era molta disponibilità economica e, così, io mi davo da fare, mi arrangiavo”. Successivamente studia all’istituto Selvatico: “Volevo iscrivermi a oreficeria ma non c’era più posto. Incontrai il professor Zambon, mi convinse a non rinunciare e a iscrivermi a discipline plastiche”.
Diventa maestro d’arte e, con un gruppo di amici - con i quali condivide sogni, entusiasmo, ideali - si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Venezia per studiare scultura. Vive intensamente anni di grande fermento, ricerca, contestazione: “Facevo performance di body art nel periodo di Allan Kaprow, del pensiero di Maciunas del gruppo Fluxus. C’era un movimento artistico che rifiutava di lavorare in galleria, che era contro la mercificazione [...] Tutto quello che guadagnavo lo reinvestivo per realizzare le mie performance, che stavano diventando sempre più costose e quindi difficili da sostenere. A un certo punto ho smesso e mi son detto: voglio fare delle piccole sculture per il corpo. Da autodidatta sono andato anche in Germania per imparare, così è iniziata la mia storia con l’oreficeria contemporanea. Nello stesso periodo ho fatto domanda di insegnamento e sono diventato docente, prima al Selvatico e poi al Modigliani: ho iniziato a lavorare con i ragazzi, creando per loro degli alfabeti, dei codici”, percorsi per stimolare l’educazione visiva, la creatività, la fame di conoscenza e scoperta, per "andare oltre".
“ A un certo punto mi son detto: voglio fare delle piccole sculture per il corpo […] così è iniziata la mia storia con l’oreficeria contemporanea Paolo Marcolongo
Alla fine degli anni Novanta, apre il suo spazio espositivo in centro storico a Padova: “La mia era una galleria on the road, sono stato un pioniere, mostravo il lavoro di altri, andavo a caccia di artisti nelle accademie. Facevo tanta ricerca, studiavo i vecchi maestri del settore orafo, le loro diverse filosofie. Quando ho chiuso la galleria sono andato a Murano, mi sono interessato al vetro, perché volevo provare ad abbinarlo al metallo. I primi lavori legati all’oreficeria, agli anelli, erano piccole soffiature di vetro realizzate utilizzando la tecnica del lampworking, soffiatura a lume con la canna corta. Per circa otto anni ho fatto questo tipo di lavori, sempre però puntando a realizzare qualcosa di più complesso, ma passare alla fornace, con la canna di due metri, non è facile, perché i costi sono più elevati. Quando ho conosciuto il maestro Andrea Zilio ho iniziato a lavorare in grande, sempre con metallo e vetro [...] Già negli anni Quaranta e Cinquanta Venini aveva sperimentato utilizzando la lana di ferro, producendo il vetro incamiciato: un primo strato di vetro, seguito da lana di ferro e, infine, un altro strato di vetro. Io volevo provare una tecnica diversa, mettendo la lana di ferro all’esterno”, fino a farla esplodere nel momento della soffiatura. “Bisognava pur sperimentare, no?”. Paolo Marcolongo continua a farlo, ancora oggi, attraversando i territori del segno, impegnandosi in una continua ricerca artistica e intellettuale, combinando materiali, dando vita a nuove sorprendenti opere d’arte.
Atelier d'artista
Una serie ideata e realizzata da Francesca Boccaletto e Massimo Pistore
Intervista di Francesca Boccaletto, riprese e montaggio di Massimo Pistore
Con la consulenza artistica di Giulia Granzotto
Tutti gli episodi della serie Atelier d'artista sono QUI