La quarantena ha troncato, anche piuttosto bruscamente, le nostre abitudini. Tra queste, sono comprese anche quelle di coppia.
Alcune convivenze sono state interrotte perché uno dei due partner aveva sempre rimandato il cambio di residenza, con problemi logistici non indifferenti: si narra di quarantenni tornati a casa dei genitori senza la strumentazione minima di sopravvivenza, composta da playstation, chitarra elettrica e maxischermo: il gradimento di politici blasonati è stato messo in crisi per molto meno.
Naturalmente tutti questi individui ringraziano i principali sistemi di messaggistica e videochat: potevano fare gli avvoltoi rincarando le videochiamate, e invece se ne sono stati buoni temendo la concorrenza e rinunciando a utili che li avrebbero forse messi al riparo dalla crisi. A volte però la privacy diventa una faccenda complicata, non tanto per le vere o presunte falle di sicurezza informatica, quanto per i fratelli e le sorelle minori che, presi dalla noia, hanno fatto dello spionaggio domestico la loro provvisoria ragione di vita.
E poi ci sono stati i fortunati (?) che sono stati sorpresi dal lockdown durante il matrimonio o la convivenza ufficiale, e si sono dovuti scontrare con la triste realtà: stare a casa tutto il giorno con il proprio partner può andare bene per la settimana di ferie a Natale, ma quando la cosa va avanti per mesi potrebbe non risultare altrettanto romantico, anche perché l'emergenza, per definizione, è già una situazione stressante.
Tralasciando in questa sede gli episodi più gravi, su cui non c'è da scherzare, c'è un elenco di abitudini che sono gradualmente diventate moleste, quando prima risultavano solo un po' fastidiose: una singola sigaretta fumata dopo il caffè può non costituire un problema anche per un non fumatore, ma se i caffè diventano cinque al giorno (gli stessi che di solito si sarebbero consumati alla macchinetta dell'ufficio), nella gara tra le minacce alla salute dei polmoni il coronavirus ha abbassato mestamente la testa, mentre il fumo passivo vinceva a mani basse (anche se ci mette un po' di più).
Molte coppie sono poi dovute venire a patti con gusti musicali e cinematografici diametralmente opposti: se i primi si potevano fronteggiare con le cuffie, nel caso dei secondi il telecomando è diventato un'arma di sopravvivenza, e le liti per accaparrarselo sono state segnalate dai vicini come disturbo alla quiete pubblica.
Se poi di mezzo c'è il temutissimo smart working, il possesso di ogni dispositivo elettronico a disposizione è diventato motivo di contesa. I due, presi dalla disperazione, hanno concordato almeno su un dogma deittico: se ti interrompo io è meno grave che se mi interrompi tu.
Ora in fase 2 avanzata si è ricominciato a vedere i propri congiunti, compresi i fidanzati ufficiali. Insomma, se hai avuto cura di non apporre un confine regionale tra te e il grande amore vai liscio.
Il problema sarà semmai per tutte le coppie clandestine, che non potranno autocertificare la loro relazione senza rischiare multe e/o crisi coniugali. In ogni caso, anche qui, una soluzione ci sarebbe: risalire l'albero genealogico fino a reperire un antenato comune, trovare il congiunto vivo più vicino e presentarsi a casa sua, sperando che possa affittare una stanza.
Ovviamente, come accade di fronte a ogni decisione, c'è chi si lamenta: perché magari ha scelto il partner attingendo dalla regione al confine, anche se ci sono pochi chilometri a separare la coppia, o perché dopo due mesi di convivenza forzata vorrebbe vedere gli amici al pub piuttosto che la moglie, o perché magari il desiderio sarebbe quello di un altro mese di quarantena, ma da soli in un eremo senza vicini e senza dolce metà. A tutti questi lamentosi ci permettiamo di far notare che c'è qualcuno che sta peggio, e che non ha più la forza di combattere. Tutti i poveracci che sono stati sorpresi dalla quarantena a casa con la suocera!