Caro Covid-19,
prima di tutto sappi che ti capisco. Come tutti noi, cerchi di fare il tuo lavoro, infettando più persone possibile per costruire una famiglia solida e numerosa. Ci hai messo di fronte a scenari distopici, con mezzi pubblici quasi vuoti, eventi cancellati, sale cinematografiche con gli spettatori messi a scacchiera per rispettare il metro di distanza che apparentemente ci permetterà di salvarci, o quantomeno di non disturbare il vicino per esibirci in una performance critica da Morandini.
Alcuni dicono che ti dovremmo ringraziare: l’inquinamento è diminuito (o forse no), nei mezzi pubblici non ci prendono più gli attacchi di claustrofobia, i borseggiatori sono stati debellati (forse però hanno cominciato a spacciare Amuchina al mercato nero), di colpo ci siamo ritrovati in casa delle persone meravigliose: dicono di essere i nostri figli, e sono molto simpatici, anche se un filo vivaci.
Ci stai insegnando varie cose: a procedere lentamente, a fare colazione con calma la mattina, a non baciare e abbracciare tutti quelli a cui in realtà vorremmo dare un ceffone, così per sport, a lavarci le mani almeno prima di mangiare, a tossire e starnutire all’interno del gomito, addirittura a leggere un libro ogni tanto (dopo 6 ore davanti a Netflix dovevamo staccare), ad agire senza egoismo per il bene comune (e ti assicuro che non siamo abituati!), a praticare, più o meno, lo smartworking. Ti dico queste cose perché tu non pensi che siamo degli ingrati, che non apprezziamo la tua etica del lavoro e che insomma non capiamo che tu sei un virus che deve sbarcare il lunario come tutti noi.
Fatte queste premesse, sommessamente vorremmo farti notare che, per usare un eufemismo, ci stai anche creando non pochi problemi. Gli psicoterapeuti si stanno strappando i capelli perché erano appena riusciti a convincere i loro pazienti che non serviva lavarsi le mani ogni due minuti, le suddette mani ricordano pericolosamente la carta vetrata e fra un po', oltre che l'Amuchina, andrà esaurita anche la crema idratante. Quei tipini tutto pepe che dicono di essere i nostri figli sono meravigliosi, ma monopolizzano la nostra attenzione e ci impediscono di essere produttivi mentre pratichiamo lo smartworking, così magari le nostre aziende penseranno che lo smartworking non funziona e quando te ne andrai torneremo all’orario di ufficio 9/18 senza colpo ferire. Ok, lo sappiamo: se i nostri bambini non vanno a scuola, tra 20 anni non troveranno una cura per debellare i tuoi nipoti, ma credimi quando ti dico che possiamo arrivare a un compromesso.
Del resto, tu vuoi danneggiare noi, non tutto il sistema economico, di cui non ti interessa nulla, no? Provo a spiegartela semplice, perché so che il tuo cervello si limita all’imperativo infetta-> riproduciti -> diventa più pericoloso e quindi magari non ti sei accorto del nostro disagio: se noi non andiamo in azienda, non solo spesso non ci pagano, ci sentiamo soli e andiamo in depressione, ma le aziende si paralizzano. Non solo quelle in cui lavoriamo, ma anche le altre, perché se non lavoriamo non andiamo al bar a bere il caffè (anche perché, a un metro da chiunque sai che noia…), non andiamo a teatro (tanto sono chiusi), consumiamo meno energie e quindi mangiamo meno, facendo rischiare ai dietologi la disoccupazione e alle industrie alimentari la bancarotta, in pratica gli unici che non andranno in default saranno i produttori di Amuchina e in generale quelli del settore medico e farmaceutico. Forse si salverà anche qualche contadino, o magari cominceremo a coltivare arance tutti quanti e allora sarà guerra: sei sicuro di poter competere con tutte quelle vitamine? Come vedi, l’esito della battaglia tra te e noi è incerto, tanto più che ad un certo punto i nostri ricercatori (che vent’anni fa non sono rimasti a casa da scuola per due mesi) potrebbero trovare una cura contro di te. Insomma, sei sicuro di volerti giocare tutto sulla sfiducia nelle nostre risorse? Fossi al tuo posto, ci andrei cauto: sono pochi i tuoi colleghi che non hanno (ancora) perso.
Ecco quindi cosa ti proponiamo: è un compromesso, che danneggerà in qualche modo entrambi, ma porterà una serie di vantaggi sia a te che a noi. Il compromesso si basa sulle nutrie. Sono animali simpatici, che contribuiscono alla biodiversità, che per noi umani è importante. Ma siamo pronti a sacrificarle senza eccessivi sensi di colpa, perché la biologia ci spiega che per salvaguardare la nostra specie possiamo tranquillamente immolarne un’altra. Ora, ti chiederai, perché dovresti abbandonare gli umani e dedicarti alle nutrie? Presto detto: sono tantissime: in un attimo le dimezzi, poi se ti impegni le puoi anche far estinguere (in quel caso non tornare da noi, ci sono molte alternative: ratti, piccioni, ma soprattutto… non ti ispirano le zanzare e le cimici? Secondo noi sarebbe la scelta migliore).
Ma torniamo alle nutrie. Oltre ad essere tantissime, non hanno ancora interiorizzato il concetto di “un metro di distanza”, quindi mica devi fare tutta questa fatica per passare dall’una all’altra, che ti immaginiamo mentre te ne stai sugli arachidi sul bancone del bar, tamburellando i tuoi peletti rossi nell’attesa di qualche sprovveduto che non riesce ad aspettare l’aperitivo al tavolo. Le nutrie, inoltre, non hanno laboratori di ricerca, quindi non possono farti del male con intrugli stile penicillina: al massimo cercheranno di avvelenarti con l’acqua del canale e con i Pfas, ma se sei sopravvissuto all’aria cinese non dovrebbe essere un problema. I veneti ovviamente dovrebbero rinunciare al loro piatto preferito, ma si consoleranno con lo spiritz.
Che dici, ci stai?