MONDO SALUTE
Parole che contano: un controglossario per sfatare i falsi miti sulla salute
Secondo alcune teorie linguistiche, come l'ipotesi di Sapir-Whorf, la lingua che usiamo può influenzare la nostra percezione del mondo, andando a modificare le cose su cui ci concentriamo, il modo che abbiamo di organizzare mentalmente le nostre esperienze e, in ultima analisi, le modalità di interpretazione della realtà che ci circonda.
Tra i linguisti non c’è pieno accordo su questa teoria. Ci si chiede se sia la lingua a plasmare la percezione delle persone o se siano le persone a plasmare la lingua, modificandola per esempio a seconda dei cambiamenti sociali. È una questione centrale nella sociolinguistica e nella psicolinguistica, che però non ha ancora trovato una risposta definitiva.
In linea di massima l’ipotesi più plausibile, come spesso accade, è una via di mezzo, con le strutture e soprattutto il lessico delle lingue che influenzano solo in parte il modo di pensare, e solo in parte ne sono influenzate: un fenomeno bidirezionale, insomma.
Anche solo a livello intuitivo, in medicina si può rilevare questa tendenza, per esempio, quando si parla di cancro. Per anni sono state utilizzate perifrasi come “il brutto male” perché la malattia era considerata come qualcosa che bisognava nascondere, e questo portava inevitabilmente allo stigma nei confronti del malato. Da quando invece si è cominciato ad utilizzare la parola “cancro” la percezione è cambiata: da argomento tabu, si è man mano fatto strada sui giornali, nei libri di divulgazione e nel dibattito pubblico. È una causa o una conseguenza dell’utilizzo della parola cancro? Probabilmente i due cambiamenti sono avvenuti in parallelo, ma è indubbio che quantomeno l’utilizzo del termine corretto sia un sintomo del cambiamento di approccio.
Nel frattempo è anche maturata una diversa concezione del rapporto medico/paziente, anche per quanto riguarda il linguaggio. Sono passati i tempi in cui i dottori utilizzavano parole astruse e ai pazienti andava bene così: ora sentiamo l’esigenza di comprendere meglio tutti quei termini legati alla nostra salute, e dalla pandemia in poi questa necessità si è fatta sentire sempre di più. Ragionare sul lessico è anche una delle possibili vie per sfatare certi falsi miti sulla salute che magari ci portiamo dietro da anni, e in questo senso un grosso contributo lo dà il nuovo libro di Roberta Villa, Controglossario di medicina - Un viaggio tra le parole che pensiamo di conoscere edito da Gribaudo.
Servizio di Anna Cortelazzo, riprese e montaggio di Barbara Paknazar
“Mi sono accorta – racconta Roberta Villa, medica e divulgatrice – che noi ci preoccupiamo tanto di come instaurare una buona comunicazione tra medico e paziente, ma a volte ci sono proprio delle parole che vengono interpretate in maniera diversa dal grande pubblico e da chi si occupa di medicina, quindi ho pensato che questo partire dall’ABC potesse essere un modo per aiutare la comunicazione, e dall'altro lato anche l'occasione per fare un po' di chiarezza su qualche tema che viene percepito come controverso dalla popolazione”.
Una cosa singolare che fa notare Villa nel libro è che non abbiamo abbastanza parole per andare a identificare i rischi del calore: forse non lo temiamo abbastanza, come del resto per anni non abbiamo temuto i danni da raggi ultravioletti che erano anzi considerati un toccasana (come il classico bicchiere di vino quotidiano, a sua volta menzionato nel libro: molti falsi miti derivano dalla nostra cultura). Ora che le temperature si stanno alzando, anche in un paese dal clima temperato come il nostro, impareremo a distinguere il colpo di sole dal colpo di calore, e quest’ultimo dall’esaurimento da calore (che precede il colpo di calore e che, una volta riconosciuto, può essere trattato senza intervento medico)?
Nel frattempo, però, abbiamo moltissimi termini che rispecchiano la paura del freddo, che ci è stata probabilmente inculcata dalle nostre nonne. Uno è “congestione”, che, come “colpo d’aria”, non esiste nei libri di medicina, o almeno non nel significato che le attribuiamo (la “congestione nasale”, invece, esiste): “Sarebbe – spiega Villa – questa malattia tutta italiana che prenderebbe chi fa il bagno dopo mangiato. È una vecchia storia già sfatata più volte, ma quando ho affrontato questo tema mi sono accorta che probabilmente molte persone che si sentono male entrando in acqua dopo aver mangiato in realtà hanno questo malore per il calore a cui si sono sottoposti stando al sole. Mi sono anche accorta che questa idea del colpo di calore, diversamente dalla congestione che viene evocata continuamente pur non avendo una definizione nei libri di medicina, è molto sottovalutata, non sappiamo come riconoscere e trattare il colpo di calore anche se è una vera e propria emergenza medica. Da un lato quindi è importante non preoccuparci di cose che sono trasmesse dalle nostre tradizioni e che non hanno fondamento, e dall’altro imparare a riconoscere quelli che possono essere dei problemi reali che possono capitare a noi o a chi ci sta vicino”.
“ Il colpo d’aria come fenomeno che colpisce solo gli italiani, poi, è stato oggetto di articoli e pezzi di teatro esilaranti da parte di comici e giornalisti stranieri Roberta Villa - Controglossario di medicina
In alcuni casi, come in quello già citato del cancro, un uso errato dei termini può portare anche allo stigma del malato. Ne sono un esempio tutti quei termini psichiatrici utilizzati come insulto, o quantomeno in modo superficiale: “Nel momento in cui noi – fa notare Villa – insultiamo una persona utilizzando un termine psichiatrico, indirettamente insultiamo anche tutti coloro che sono portatori di questo disturbo. Questi termini poi vengono usati spesso in modo inappropriato. La parola schizofrenico indica la divisione della mente dalla realtà, quindi una persona affetta da schizofrenia ha una psicosi che non le permette di avere un contatto con la realtà, è convinta di avere delle voci che le ordinano di fare delle cose e così via, mentre quando noi parliamo, per esempio, di atteggiamento schizofrenico andiamo a identificare una persona contraddittoria: quest'uso del termine è proprio sbagliato e non soltanto irrispettoso nei confronti di chi è portatore di questa malattia”.
A volte poi anche la stampa ci mette lo zampino. Nel periodo del Covid, quando si parlava spesso di vaccini, alcuni giornalisti, anche quelli più seri, per evitare le frequenti ripetizioni (cosa che in altre lingue non costituisce un problema) hanno introdotto il termine “siero”, che però con il vaccino non ha nulla a che fare: “In italiano – spiega Villa – questa parola ha altri significati: indica la parte del sangue priva di globuli bianchi, rossi e piastrine e di fattori della coagulazione, o è un prodotto biologico che contiene anticorpi, come il siero antivipera”. Al massimo, quindi, si può parlare di cura, non certo di vaccino (che prevede che sia il corpo stesso a produrre gli anticorpi). È interessante notare come un errore, tutto sommato innocente, si è trasformato in qualcos’altro: i novax hanno colto la palla al balzo, e hanno cominciato a loro volta a chiamare “siero” il vaccino contro il Covid. E qui l’innocenza si è persa tutta, perché era evidente il tentativo di rimandare a un immaginario ben preciso: quello degli esperimenti dei classici scienziati pazzi, che giocano con la genetica e con la vita delle loro cavie. L’uso di questo termine non è più neutro, anche se sbagliato, ma serve a spaventare le persone, inducendo un senso di sospetto verso il vaccino.
Gli esempi che abbiamo fatto aiutano a capire quali ripercussioni possono esserci quando non utilizziamo una terminologia adeguata, ma anche con questa consapevolezza non sempre è facile orientarsi. Roberta Villa rileva come le informazioni, di per sé, sono a nostra disposizione, ma sono disintermediate, cioè non abbiamo qualcuno che ci aiuti a interpretarle, il che può portarci sulla strada sbagliata. Consiglia quindi di affidarsi ai siti istituzionali o ad altre fonti autorevoli come per esempio AIRC nell’ambito del cancro, mentre se il dubbio è scatenato da notizie di attualità c’è il sito Dottore, ma è vero che… della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, con cui la stessa Villa collabora: “Qui – spiega Villa – noi cerchiamo di rispondere giorno per giorno alle false notizie, ai sospetti, alle paure e alle voci che circolano su argomenti che riguardano la salute, facendo una ricerca bibliografica di quali possono essere i fondamenti scientifici di queste notizie o al contrario individuando gli studi che le smentiscono. Poi, attraverso un lavoro multidisciplinare, cerchiamo di produrre degli articoli scritti in un linguaggio semplice alla portata di tutti, ma con tutti i riferimenti bibliografici che permettano, a chi ne abbia voglia, di approfondire o verificare quello che abbiamo scritto”.