Un gruppo in esplorazione in un fiordo di Hornsund, Svalbard
Già prima della prossima estate la ricerca polare italiana potrà contare su di un nuovo punto di osservazione al Polo Nord, grazie a un accordo che verrà breve stretto fra l’università di Padova e l’accademia delle Scienze in Polonia per l’utilizzo della stazione polare polacca Stanislaw Siedłecki, nelle isole Svalbard.
La vicinanza al ghiacciaio Hans, che viene monitorato e misurato con attenzione costante, permette lo studio dei fenomeni legati al riscaldamento globale e del loro impatto sullo scioglimento dei ghiacci. Una stazione metereologica, attiva all’interno della base, consente di correlare nell’immediato i dati sulla profondità dei ghiacci e della neve ai parametri metereologici rilevati. I movimenti del suolo dovuti alla tettonica delle placche e ai ghiacciai sono monitorati all’interno della stazione sismologica, il cui laboratorio registra con precisione anche i numerosi cambiamenti nel campo magnetico naturale della Terra, con una evidenza di molto amplificata rispetto agli osservatori sismologici dell’Europa continentale.
Un ghiacciaio nel fiordo di Hornsund, foto di Mark Brandenburg
“Le ricerche che gli studiosi potranno condurre nella baia dell’Orso Polare del fiordo di Hornsund, dove ha sede la stazione polacca, non sono però limitate a questi campi”, precisa Andrea Marion, ricercatore del dipartimento di Ingegneria industriale, struttura dell’università di Padova che è attore principale dell’accordo con i polacchi, assieme al dipartimento di Biologia e al dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione. “Una lista provvisoria delle possibili ricerche comprende lo studio dei cambiamenti climatici nelle acque interne, quello dell’adattamento genetico e fisiologico di macro e micro organismi, ma anche quello del comportamento dei materiali e dei macchinari in climi estremi” continua lo studioso.
Stazione di ricerca polare nell’inverno artico, Svalbard
“L’importanza della base Siedłecki ha molte ragioni” spiega Pawel Rowinski, dell’istituto di geofisica dell’Accademia delle Scienze in Polonia, “prima di tutto per la sua posizione, sulla soglia artica, e per la sua lunga tradizione, ma anche perché è possibile svolgervi osservazioni di lungo termine. La stazione, infatti, può ospitare in ogni stagione più di una decina di persone, che possono usufruire dei laboratori e delle attrezzature più avanzate”. In questo momento, ad esempio, si stanno conducendo anche studi sulla biodiversità dell’ecosistema artico, e sul trasporto e la sedimentazione del particolato inquinante di origine antropogenica. Si stanno perforando ghiacci e permafrost e raccogliendo saggi di neve. “Inoltre abbiamo scoperto che agli orsi polari piacciono i cavi” scherza Rowinski. “Ne tranciano spesso: un imprevisto fra i tanti che possono capitare in queste situazioni estreme”. Oltre che con gli orsi polari, i residenti alla stazione devono cavarsela in situazioni inusuali e, soprattutto, fare i conti con la difficoltà nelle comunicazioni e nei trasporti, soprattutto in inverno.<
Un gruppo di naturalisti armati di fucile per difendersi dagli orsi polari. Foto di claumoho
Un problema rilevante, quest’ultimo, nell’organizzazione delle ricerche in aree polari: “Del budget per le nostre ricerche in Antartide, che è fra i 22 e i 25 milioni di euro annui,” precisa Laura De Santis, dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, “circa il 60-65% viene usato per la logistica”. De Santis fa riferimento al Pnra, il programma nazionale di ricerche in Antartide, che di recente ha assegnato una somma cospicua attraverso un bando del Miur chiuso a marzo. Al Polo Sud l’Italia può infatti contare su di una propria stazione, la Mario Zucchelli, attiva dal 1986: un centro molto grande nella Terra di Vittoria, in grado di ospitare fino a 90 persone. Dotata anche di elicotteri (al Nord invece si può contare solo sui costosissimi mezzi norvegesi), è in grado di muovere persone e attrezzature anche in luoghi solitamente inaccessibili.
Il capitano Umberto Nobile e la sua squadra in spedizione al Polo Nord, 1926
“Oltre alla Zucchelli”, racconta De Santis, “in Antartide lavoriamo con i francesi alla stazione Concordia. In questo momento, però, stiamo ricevendo fondi per fare ricerca anche nell’Artide, dove siamo già presente alle Svalbard”. Si trova infatti a a Ny-Alesund la base italiana Dirigibile Italia, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), una stazione dalle dimensioni e dall’equipaggiamento più contenuti rispetto alle precedenti ma che, come quella polacca, garantisce la propria funzionalità per 12 mesi all’anno.
Dalla biologia all’ingegneria, dalla geologia alla biotecnologia, la multidisciplinarietà degli studi nelle terre polari si amplifica, rendendo possibile la condivisione di dati e risultati fra campi diversi, e aprendo anche -e sempre più- alla possibilità di comparare gli esiti delle ricerche nei due diversi poli.