SCIENZA E RICERCA
Droghiamoci di messaggini, ma a casa

Mancava solo la doppia spunta su Whatsapp. Magari siete in macchina, state guidando e arriva il segnale acustico. Difficile resistere alla tentazione di leggere il messaggio. Tanto è questione di pochi secondi. E poi? Il vostro interlocutore, ora, sa che avete letto. Non potete certo ignorarlo. Un semaforo rosso, per fortuna, e rispondete. Una situazione familiare, probabilmente, che può avere tuttavia conseguenze pericolose. Eppure, secondo uno studio condotto pochi mesi fa dall’azienda AT&T in collaborazione con The Center for Internet and Technology Addiction, nonostante la consapevolezza del rischio sono in molti a lasciarsi coinvolgere in attività come la lettura o la scrittura di sms o la semplice occhiata al display per vedere se ci sono nuovi messaggi. Semplice mancanza di buon senso dunque? Non proprio, o almeno non solo, perché anche il cervello gioca la sua parte con una una risposta chimica al cellulare che può generare automatismi difficilmente controllabili. Principale responsabile la dopamina.
Quella di usare il cellulare in auto, e in particolare di leggere o scrivere messaggi di testo, non è certo un’abitudine priva di pericoli. Ogni anno infatti, stando al rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità Mobile phone use: a growing problem of driver distraction, 1,3 milioni di persone muoiono per incidenti stradali e 50 milioni sono i feriti. Uno dei fattori di rischio è la distrazione causata da consuetudini come mangiare, fumare, chiacchierare, cui da qualche tempo si aggiunge anche l’uso del cellulare. Non senza conseguenze negative. Alcuni studi dimostrano infatti che spedire messaggi riduce il tempo di reazione del 35% e distoglie gli occhi dalla strada per un tempo medio di quasi cinque secondi. “È come percorrere la lunghezza di un campo da calcio alla velocità di 55 miglia all'ora (circa 90 chilometri all'ora, Ndr) senza guardare” commenta David Hosansky autore del rapporto Distracted driving: should driver texting and cellphone use be banned? Senza contare l’impegno cognitivo richiesto che riduce le performance di chi è alla guida.
Il problema è particolarmente sentito oltreoceano, meno nei Paesi europei. Secondo uno studio pubblicato lo scorso anno dal Center for Disease Control and Prevention e condotto negli Stati Uniti, in Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Regno Unito, nel 2011 quasi il 69% delle persone tra i 18 e i 64 anni in Usa riferiva di aver parlato al cellulare durante la guida almeno una volta nei 30 giorni precedenti il sondaggio. In Europa, invece, la percentuale variava dal 20% del Regno Unito al 59% del Portogallo. Per quanto riguarda il texting, se negli Usa il 31% degli intervistati ammetteva di aver letto o spedito messaggi o e-mail finché guidava, in Europa ci si collocava tra il 15% della Spagna e il 31% del Portogallo.
“Noi siamo convinti di essere multitasking – spiega Alessandro Angrilli docente di psicobiologia all’università di Padova – ma la psicologia dimostra in realtà che la nostra capacità di compiere più azioni contemporaneamente è molto limitata. Uno studio di Jason Watson e David Strayer riporta infatti che solo il 2,5% delle persone (su un campione di 200) è in grado di svolgere più azioni in parallelo con lo stesso grado di efficacia che se fossero svolte singolarmente”. Senza contare poi che anche le interruzioni costano in termini di efficienza.
Ma allora perché è così difficile ignorare il segnale acustico di un messaggio in arrivo sul nostro cellulare, qualsiasi cosa si stia facendo? La “colpa” sembrerebbe essere della dopamina, un neurotrasmettitore prodotto in diverse aree del cervello e coinvolto in molte attività cerebrali, tra cui il pensiero, il movimento, l’umore, il sonno, la motivazione, l’attenzione.
È risaputo che stimoli come il cibo, il sesso, le droghe attivano i circuiti del piacere e della ricompensa provocando il rilascio di dopamina. O almeno questo si sapeva fino ad oggi. Negli ultimi anni, tuttavia, la ricerca sta valutando altre prospettive. “Gli studi – sottolineava già qualche tempo fa Susan Weinschenk su Psycology Today – dimostrano che più che determinare l’esperienza del piacere, la dopamina induce un atteggiamento di ricerca. Spinge a volere, a desiderare e a cercare”. E questo vale non solo per i bisogni fisici, come il cibo ad esempio, ma anche per i concetti astratti. “La dopamina rende curiosi e alimenta la nostra ricerca di informazioni”. Con il texting, ma più in generale con internet, si riescono a soddisfare in modo quasi immediato questi bisogni. Basta un click su Google o un messaggio a un amico per trovare risposta a ciò che si cerca. Ma è a questo punto che si rischia di entrare in una spirale, perché se la dopamina spinge alla ricerca del piacere, il “rinforzo” che si ottiene quando questo viene raggiunto induce a cercare ancora. E allora può diventare sempre più difficile inibire la risposta a uno stimolo, nel caso specifico evitare di inviare un messaggio, di rispondere a chi ci scrive, di lanciare un’occhiata a WhatsApp o di controllare la posta elettronica, magari anche in momenti critici come alla guida di un’auto.
“La ricerca del piacere – spiega Angrilli – prevale sul piacere stesso”. Insomma, Leopardi aveva ragione. Continua il docente: “Il rischio è che i continui rinforzi rendano questa ricerca un comportamento sempre più automatico, trasformando una semplice abitudine in una compulsione o, peggio, in vera e propria dipendenza”. Inoltre l’elemento imprevedibilità gioca non poco. Un messaggio, una e-mail possono arrivare in qualsiasi momento e questo stimola il sistema dopaminergico al punto che il rinforzo, secondo uno schema detto del rinforzo variabile, risulta ancora più potente.
“Infine non va trascurata la plasticità del nostro cervello”. Quando si tende a svolgere un’azione regolarmente e ripetutamente si rinforzano i circuiti cerebrali coinvolti in quello schema motorio al punto da diventare preponderanti sul comportamento e automatici. Si tratta sostanzialmente dello stesso meccanismo che sta alla base del disturbo ossessivo-compulsivo.
È fondamentale dunque non lasciarsi prendere la mano. “Usare il cellulare finché si è alla guida di un veicolo – argomenta Angrilli – può essere molto pericoloso, tanto che il rischio di incidente è addirittura superiore rispetto a chi guida sotto gli effetti dell’alcol”. Come del resto non manca di sottolineare anche il rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità riferendosi a uno studio britannico coordinato da PC. Burns.
Finora, non manca di sottolineare il docente, è stata sottostimata la pervasività dell’uso del cellulare e di come questo possa andare a influire in termini di efficacia delle prestazioni non solo sulla guida, ma anche su molte altre attività che si svolgono quotidianamente. Basti pensare, per fare l’esempio più semplice e immediato, ai ragazzi che faticano a concentrarsi nello studio perché continuamente interrotti dai messaggi sullo smartphone. “È necessario interrogarsi sulla rilevanza che può avere il problema, specie ma non solo, per le nuove generazioni e individuare possibili strategie di intervento”. La prima, la più semplice, togliere gli avvisi automatici al cellulare, oppure spegnerlo durante le attività che richiedono concentrazione per riaccenderlo nelle pause. “Con questo semplice comportamento conclude Angrilli – ci risparmieremo una compulsione pericolosa della quale siamo spesso inconsapevoli”.
Monica Panetto