SCIENZA E RICERCA
Venezia Salva. Con le iniezioni

Uno scorcio di Venezia lungo il canale della Giudecca. Foto: Thomas Ernsting/laif/contrasto
Che il suolo di Venezia si abbassasse, pur con discrezione, si sapeva. Ciò che finora non era stato possibile stabilire era quanto ciò attualmente fosse dovuto a cause naturali e quanto a fattori antropici.
A determinarlo, grazie all’utilizzo di rilevazioni satellitari ad alta risoluzione, sono stati Luigi Tosi, dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche, Pietro Teatini, del dipartimento di ingegneria civile, edile e ambientale dell’università di Padova, e Tazio Strozzi, del Gamma Remote Sensing, in Svizzera, con uno studio pubblicato recentemente su Nature scientific reports.
“Se nel corso del Novecento – spiega Tosi – il movimento del suolo veneziano veniva monitorato con dei chiodi infissi sui muri dei palazzi o dei ponti, quasi 200 in tutta la città, a partire dal 2000 il rilevamento satellitare consente invece di ricevere molte più informazioni e di tenere sotto controllo quasi 500.000 punti”.
I ricercatori, in particolare, si sono avvalsi dei dati forniti dai satelliti Ers ed Envisat nel periodo 1992-2010, per quantificare i movimenti a lungo termine tipici della subsidenza naturale, e di TerraSAR-X e COSMO-SkyMed negli anni 2008-2011, capaci di risoluzioni fino a un metro e più adatti a monitorare i movimenti a breve termine e quelli indotti dalle attività dell’uomo. L’incrocio dei dati ha dunque consentito di distinguere la componente naturale da quella antropica nell’abbassamento del suolo veneziano.
Lo studio stabilisce che Venezia si abbassa per cause naturali di 1 millimetro all’anno, confermando le ipotesi precedenti. Se questa è la media, esiste tuttavia una notevole variabilità da zona a zona che si colloca tra lo 0 e i 2 millimetri di abbassamento. La ragione risiede nell’eterogeneità del sottosuolo. Venezia è stata costruita su depositi sabbiosi compatti del più recente quaternario e successivamente ampliata interrando parte della laguna e dei canali con sedimenti di riporto: ciò spiega perché nella parte più antica della città vi sia più stabilità, mentre gli abbassamenti siano maggiori dove Venezia poggia su riporti antropici.
Indici di abbassamento (valori negativi) del suolo veneziano
“Esistono – spiega Luigi Tosi – abbassamenti di origine antropica, come le attività di ristrutturazione e conservazione del patrimonio edilizio, che fino a questo momento non era stato possibile misurare perché limitati nel tempo e nello spazio”. Le rilevazioni satellitari hanno invece permesso di osservare movimenti, che avvengono nell’arco di uno due anni e a volte coinvolgono anche solo un singolo edificio, che vanno da 1-2 millimetri a 6-8 millimetri di abbassamento. Molto più evidenti dunque della media della subsidenza naturale, sebbene più circoscritti nello spazio e nel tempo. Secondo gli esperti la subsidenza veneziana in realtà non è così forte, a costituire un problema è l’innalzamento del livello del mare dovuto allo scioglimento dei ghiacciai, che l’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) colloca tra i 20 e gli 80 centimetri alla fine di questo secolo.
Se all’abbassamento del suolo veneziano dovuto a fattori naturali e antropici si somma la perdita altimetrica della città rispetto al livello del mare (attualmente alcune zone del centro storico sono a 90 centimetri sopra il livello del mare), si intuisce l’urgenza di interventi volti a preservare il territorio. Le proposte non mancano. La più importante e nota da tempo, in fase di realizzazione e prevista per il 2016, è il Mose, un sistema di dighe mobili, 78 paratoie d’acciaio (lunghe 18 metri e mezzo, larghe 20 e spesso 3,6 metri), collocate sul fondo delle bocche da porto della laguna (Lido, Malamocco e Chioggia) che verranno sollevate quando la marea supererà i 110 centimetri, difendendo in questo modo il centro storico di Venezia. Un piano di intervento che a metà ottobre potrebbe essere presentato, anche per attrarre investimenti, a Michael Bloomberg sindaco di New York alle prese con le piene del fiume Hudson.
Anche da Padova, non mancano ipotesi di soluzione al problema della subsidenza veneziana, che andrebbero ad affiancare il Mose come opera complementare. “Ciò che proponiamo – spiega Pietro Teatini autore con Giuseppe Gambolati, docente del dipartimento di ingegneria civile, edile e ambientale dell’università di Padova del volume Venice shall rise again di prossima pubblicazione – è di iniettare acqua salata in acquiferi salini profondi, che si trovano cioè tra i 600 e i 1.000 metri, attraverso 12 pozzi collocati a cerchio attorno a Venezia su un diametro di 10 chilometri. In questo modo gli acquiferi si espandono e la superficie della laguna si alza”.
Il modello tridimensionale con la dislocazione dei 12 pozzi collocati a cerchio (in rosso) e i livelli di innalzamento del suolo veneziano
Attraverso una serie di calcoli su un modello tridimensionale, si è ottenuto che il suolo veneziano potrebbe alzarsi di 20-25 centimetri in 10 anni. “Dopo lo studio preliminare a livello modellistico – sottolinea Teatini – sarebbe ora necessario procedere con un test pilota in una zona al margine della laguna dove non creerebbe alcun problema. Ciò che manca, a questo punto, sono i fondi per finanziare la costruzione dei pozzi, l’acquisto delle pompe con cui iniettare l’acqua e il monitoraggio in superficie, spesa dell’ordine di qualche milione di euro”.
Monica Panetto