SCIENZA E RICERCA

Le scimmie ci mostrano come nasce la moralità

L'etica viene dall’alto oppure è solidamente radicata nella nostra stessa natura biologica? Non ha molti dubbi riguardo la seconda risposta Frans de Waal, etologo, primatologo e saggista di fama internazionale, nel libro Il bonobo e l'ateo. In cerca di umanità fra i primati (Raffaello Cortina 2013), che sarà presentato dall’autore nel corso del quinto degli incontri tra autori e pubblico nell'ambito del Premio Galileo.

In che modo oggi la teoria evoluzionistica e la genetica aiutano a comprendere i meccanismi della moralità?

La moralità favorisce la cooperazione. Ci chiede di mettere da parte i nostri interessi personali e lavorare invece per il bene comune. Si tratta di un sistema complesso che la religione e la filosofia hanno tentato di racchiudere in regole semplici (come la regola aurea o i dieci comandamenti), che però sono solo compendi imperfetti. Amiamo considerare la morale come data dall’alto, ma questo è solo una reminiscenza della storia della divinità che ci parla dalla montagna. Non ci sono prove che sia davvero iniziato come un sistema top-down. La scienza sta piuttosto approdando alla visione di Hume della moralità guidata da intuito e passioni. Osservando gli altri primati, riconosciamo molte delle tendenze che soggiacciono alla nostra moralità, come le regole di reciprocità, empatia e simpatia, un senso di lealtà e il bisogno di andare d’accordo. Le scimmie, ad esempio, obiettano di fronte a una iniqua distribuzione delle risorse (cfr. anche il mio TED talk), e gli scimpanzé si fanno reciprocamente dei favori anche senza averne un tornaconto personale. I bonobo sono probabilmente gli animali più empatici, e le più recenti analisi del genoma rivelano che ci sono estremamente prossimi.

La moralità umana va ben oltre, ma tutte queste tendenze giocano un loro ruolo. Ci è sempre stato insegnato che la natura è "rossa nei denti e negli artigli" e totalmente egoista, ma stiamo scoprendo anche negli altri primati l’attitudine alla risoluzione dei conflitti, alla cooperazione e all’empatia. Sono molto più “orientati all’armonia” di quanto la gente immagini. Non definirei necessariamente le scimmie “esseri morali”, ma condividiamo con loro una psicologia antica senza la quale non saremmo mai diventati morali. 

Non crede che il presupposto di ogni comportamento etico sia la libertà individuale?

Cos’è la libertà individuale, cos’è il libero arbitrio? Non ho mai trovato buone definizioni. Tutti gli individui di un gruppo di primati sono ad esempio al centro di relazioni sociali, parte di una famiglia, di una società strutturata, e lo stesso vale per gli umani. Quindi la loro libertà è limitata da legami e obblighi, o anche da dipendenza, come quando si è malati o anziani o disoccupati. La stessa idea di libertà è opinabile, secondo me. Sia gli umani che i primati agiscono sulla base di una combinazione di tendenze naturali e decisioni cognitive basate sull’esperienza: in questo senso entrambi hanno un grado limitato di libertà.

Vi racconto una storia di libertà. Nei primati abbiamo fatto dei test sul controllo degli impulsi: anche loro hanno bisogno di controllarsi, poiché vivono in una società gerarchica, dove i subordinati non possono agire come vogliono e devono inibire molti impulsi. C’è ormai un interesse sempre crescente, nella ricerca, verso il controllo degli impulsi negli animali, e molti animali sono capaci di reprimere una reazione se ciò dà loro un vantaggio nel futuro. Questo vuol dire che non sono schiavi delle loro emozioni, come spesso si ritiene, e sono capaci come noi di superare le emozioni attraverso decisioni razionali. 

In varie parti del libro lei mette in evidenza come spesso le teorie scientifiche si intreccino con il dibattito politico e sociale: perché questo accade e come?

Viviamo in un’epoca di grandi mutamenti, e noi siamo molto sensibili al cambiamento. Dopo la Seconda guerra mondiale, ad esempio, erano tutti interessati al male e all’aggressione, per ovvie ragioni. Poi è seguito un periodo con un grande interesse verso l’egoismo: una cosa logica, in corrispondenza dell’espandersi della libera economia capitalista. Ora, con l’economia al collasso, siamo più interessati a come piegare le tendenze egoistiche, come accrescere l’empatia e così via. Tutti questi cambiamenti sociali si riflettono nella scienza, nello studio degli umani e degli animali, perché gli scienziati non lavorano isolati, lontani dai mutamenti culturali. 

Quali sono i principi di un’etica fondata sulla biologia? Una morale darwinistica è sempre basata sull’utilitarismo?

L’utilitarismo è una prospettiva molto limitata sulla moralità, e non necessariamente un risultato dell’evoluzione darwiniana. Non credo che stiamo cercando un’etica fondata sulla biologia. Cerchiamo invece di spiegare l’etica umana a partire dalle tendenze biologiche. Talvolta la moralità va contro la nostra biologia e altre volte – spesso – no, ma la scienza non può dirci quali regole morali seguire. Il ruolo della scienza è determinare cosa fa la moralità per la società, e da dove ci derivano le nostre inclinazioni morali. Il comportamento sociale dei primati ci rivela alcune tendenze di base della nostra specie che sono molto importanti. 

Come si comporta un primatologo ateo e darwinista di fronte a una scelta etica concreta, ad esempio punire o perdonare un torto subito da un amico?

Di nuovo, la prospettiva biologica non intende offrire una base per prendere decisioni morali, ma piuttosto per capire come e perché siamo divenuti esseri morali. Le specificità della moralità non sono date dalla biologia. È un po’ come la capacità linguistica: la biologia ci ha dato questa capacità, che consente a ogni essere umano di apprendere una lingua, in particolare durante quando è maggiormente sensibile, in gioventù. Le specificità della lingua, però, non sono dettate dalla biologia, quanto invece dall’ambiente: ecco perché un bambino impara l’italiano e un altro impara il cinese, a seconda della lingua parlata dai genitori. È un’interazione tra biologia e ambiente, e lo stesso vale per la moralità umana. Il mio libro vuole spiegare come la moralità non discende dall’alto. È piuttosto un prodotto dell’evoluzione. Il libro si basa sulle mie ricerche su scimmie, gorilla, elefanti e altri animali, e la mia convinzione che questi mostrino l’inizio della moralità. Ne ho già scritto prima, ma alla ricetta ora aggiungo anche la religione. Anche se non credo la religione sia così fondamentale, non è nemmeno così irrilevante. È difficile sapere come gli umani se la caverebbero se non ci fosse, per il semplice motivo che la religione è universale. Non esistono società che non siano o non siano mai state religiose. 

Benché io non sia un credente, la parola “ateo” nel titolo non si riferisce a me ma alla nuova generazione di atei che odiano la religione e se ne fanno beffe. È molto facile comportarsi così, ma il vero punto non è se la religione sia vera o falsa, ma perché ovunque gli esseri umani credano nel soprannaturale e come questo sia legato alla distinzione tra giusto e sbagliato.

La cooperazione e l’armonia sociale sono sempre stati un vantaggio della nostra specie, ben prima che nascessero le religioni moderne, cioè circa duemila anni fa. Una misura di tempo che non ha grande valore per i biologi. Sono certo che i nostri antenati si prendevano cura l’uno dell’altro, e tenevano alla lealtà e agli sforzi comuni già un milione di anni fa, o forse prima. Le cose sono cambiate però con la rivoluzione dell’agricoltura, circa 12.000 anni fa. Abbiamo iniziato ad allargare le nostre società fino ad includere migliaia, milioni di persone. Le regole di reciprocità, empatia, e di controllo del contributo di ognuno non erano più efficaci: era diventato troppo facile “ingannare” il sistema. Un approccio dall’alto divenne quindi necessario per costringere allo stesso grado di cooperazione, un approccio preferibilmente sostenuto da una forza onnisciente e soprannaturale che controllava tutti e prometteva paradiso o inferno a seconda del comportamento di ognuno. Secondo questa visione, la religione moderna non è alla radice della moralità, ma si sviluppata come un’addizione, come modo per fortificare il sistema. Il vero nodo è quanto sia essenziale questa addizione per il buon funzionamento della società. Era essenziale nel passato. Lo è ancora?

Daniele Mont D’Arpizio

Cristina Gottardi

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