SOCIETÀ

Cause per diffamazione contro la libertà di espressione

Dale Askey, bibliotecario alla McMaster University in Canada, è stato citato in giudizio dalla Edwin Mellen Press per aver scritto recensioni negative di libri pubblicati da questa casa editrice. Sul blog ospitato dal web dell’università, Askey aveva giudicato negativamente la qualità dei libri della Mellen Press, che a suo parere sono realizzati con scarsi investimenti e editing di livello scadente, a fronte di prezzi di listino esorbitanti. Non si trattava di recensioni negative riguardanti  contenuti specifici espressi dagli autori, ma di critiche sulla qualità del prodotto editoriale in sé: due aspetti molti diversi, perché se recensire contenuti riguarda l’attività di critica, valutare un prodotto editoriale potrebbe essere considerato nei termini di una mera attività riconducibile ad aspetti economici come costi/benefici, qualità/prezzo. Il punto di vista di Askey era supportato da un questionario online, dove erano stati raccolti diversi dati. La reazione della Mellen Press non si è fatta attendere: a fronte delle critiche, la casa editrice ha avanzato una richiesta di risarcimento pari a 4,5 milioni di dollari per danni alla loro reputazione. Nella motivazione si sostiene infatti che i commenti fatti da Askey sul suo blog personale in merito alla qualità delle pubblicazioni fossero diffamatori.

Immediatamente le associazioni di categoria – in testa l’Association of research libraries (Arl) e la Canadian association of research libraries (Carl) – si sono organizzate a sostegno del bibliotecario e dell’università (anch’essa chiamata in causa) promuovendo un position statement dove si sottolinea l’impegno comune su aspetti fuor di dubbio pienamente condivisi come la libertà di opinione e di espressione delle idee. Arl e Carl assieme rappresentano ben 136 associazioni bibliotecarie tra Stati Uniti e Canada e nella loro presa di posizione ribadiscono che è preciso compito del bibliotecario fornire la propria competenza nelle attività di valutazione dei prodotti editoriali sottoposti all’acquisto per la costruzione delle raccolte. Pertanto, tali attività devono poter essere svolte liberamente, senza essere oggetto di intimidazioni.

Nel documento si disapprova fortemente l’azione legale intentata, che viene considerata appunto come atto aggressivo con lo scopo di censurare la libera circolazione di idee o opinioni diverse. Elliott Shore, direttore esecutivo di Arl, ha dichiarato che purtroppo questo non è l’unico editore che ha scelto di intraprendere le vie legali, peraltro costose e inutili, contro università e bibliotecari quando vengono criticati modelli economici editoriali che invece di favorire la ricerca e l’insegnamento ne ostacolano i processi a scopo di lucro.

Tipico il caso di Jeaffry Beall, il bibliotecario di Denver autore della celebre "lista nera" degli editori predatori, anche lui citato in giudizio di recente dall’editore indiano Omics Publishing Group che ha richiesto un risarcimento per danni all’immagine per un miliardo di dollari. La notizia, pubblicata il 15 maggio scorso dal The Chronicle of higher education ha fatto molto scalpore, in quanto vi si affermava che soltanto il 60% delle oltre 200 riviste vantate dal gruppo editoriale avevano effettivamente pubblicato qualcosa. Srinu Babu Gedela, fondatore e manager di Omics, si difende, e giustifica l'azione legale, sostenendo che la sua azienda non è un "editore predatorio" e che il modello economico adottato si configura come modalità adatta ad un mercato scientifico in evoluzione, i cui schemi mutano.

Omics, in particolare, invita gli studiosi con lettere via mail a pubblicare le proprie ricerche sulle riviste della casa editrice, e questa modalità per alcuni è da definirsi una pratica di tipo “spamming”. Secondo queste critiche, gli articoli richiesti agli autori attraverso contatti mail (e non proposti dagli autori alle redazioni), non sono pubblicati sulla base di una recensione adeguata, ma semplicemente a seguito della corresponsione di una tassa editoriale che può arrivare a 3.000 dollari.

Beall sostiene inoltre che l'editore usi nomi di studiosi senza il loro permesso per invogliare relatori a partecipare a conferenze scientifiche a pagamento, o promuova conferenze utilizzando nomi "ingannevolmente simili" a quelli di scienziati ben noti e/o nomi di conferenze affermate entro le comunità scientifiche, con minime variazioni nel titolo e nel nome di dominio della conferenza “surrogato”. Ad esempio, un solo trattino separa (e confonde) la più famosa conferenza della società americana di entomologia 2013 Entomological society of America (Esa)  da quella organizzata da Omics. Ulteriori pratiche che, a suo parere, confermano il suo giudizio, e l'inserimento della casa editrice nella lista.

Antonella De Robbio

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