SOCIETÀ
Il cielo (artificiale) in una stanza

René Magritte, Le pays des miracles
Il cielo artificiale nella stanza, invenzione italiana vincitrice del Lux Award 2014, può essere quello tropicale a mezzogiorno illuminato da raggi solari a 60°, con l'effetto luminoso classificato come Icy Cold Pure white con pieno contrasto tra luci e lombre; basta ridurre l'inclinazione dei raggi a 45° e la percezione cromatica diventa quella della luce sgargiante del Mediterraneo imbevuta della qualità trascendentaledi cui scrive Henry Miller nel Colosso di Marussi: “non è solo la luce del Mediterraneo, è qualcosa di più, qualcosa di insondabile, qualcosa di sacro. Qui la luce penetra direttamente nell’anima, apre le porte e le finestre del cuore, sei nudo, esposto, isolato in una beatitudine metafisica che rende tutto chiaro senza che sia conosciuto”.
Infine si può scegliere l'illuminazione iperborea, la luce infinita e radente dell'estate nordica di ombre lunghe alla De Chirico proiettate dai raggi del sole a 30°. Tre luci diverse ma tutte ugualmente sintetiche perchè generate non dal caro vecchio Sole ma da un sistema di led e nanotecnologie messe a punto da un italiano, Paolo Di Trapani, docente di fisica presso il dipartimento di Scienze e alta tecnologia dell’università dell’Insubria a Como, fondatore e Ad della start up tecnologica Coelux srl. Il suo progetto, giudicato tra i più interessanti in circolazione nel settore dell'elettrotecnica, e per questo finanziato dall’Unione Europea, nell'anno della luce si carica di molte suggestioni. Di fatto il team di Coelux apre finestre tecnologiche su spazi altrimenti ciechi e da esse irradia tre diversi tipi di una luce artificiale mai prima d'ora così vicina a quella reale, riproducendo il fenomeno ottico che fa apparire il cielo blu e creando anche l'illusione della profondità della volta celeste, appunto, in fondo alla quale brilla il (finto) Sole. L'idea, costata dieci anni di sperimentazioni, ha preso le mosse dallo studio classico dell'astronomo olandese Marcel Minnaert Light and colour in the outdoor; l'Europa ne ha supportato la realizzazione con l'obiettivo di portare la luce e il colore dello spazio aperto, e i loro benefici, anche in speciali e claustrofobiche situazioni indoor. Innanzitutto negli ospedali, ad esempio nelle sale bunker destinate alle radioterapie, ma anche in metropolitana o in parcheggi e centri commerciali sotterranei. “È una luce così verosimile da suscitare vero benessere e distensione”, dicono quanti ne hanno fatto esperienza.
La recente eclissi di Sole – il cui effetto più straniante è stato forse, anche stavolta, più che la riduzione del disco solare, l'apparizione improvvisa di un'ombra anomala sulle cose a evocare mondi sconosciuti (“il cielo un po' più viola del normale un po’ più caldo il Sole”come nell'Extraterrestre di Finardi) – rende i pensieri più crepuscolari se non apocalittici: un Sole finto potrà servirci un domani in caso di prolungata o definitiva assenza di Sole vero?
La sopravvivenza in un mondo privo di luce è un incubo ricorrente in fantascienza, specie in quella fiorita a partire dagli anni Sessanta. Impossibile non pensare ai racconti di Ray (raggio) Bradbury; in Pioggia senza fine ad esempio lo scrittore scomparso tre anni fa nei giorni del passaggio di Venere davanti al Sole, immagina che quel pianeta sia abitabile ma flagellato da una pioggia ininterrotta che ha costretto i terrestri colonizzatori a costruirvi cupole solari: “una costruzione gialla, rotonda e luminosa come il Sole. Una casa alta cinque metri e con un diametro di trentacinque, entro la quale c'era tepore, pace, cibo caldo, liberazione dalla pioggia. E nel centro della Cupola, naturalmente, c'era un Sole. Una piccola sfera galleggiante di fuoco giallo, che si muoveva lenta nel vuoto sulla sommità dell'edificio e che si poteva guardare da dove si stava seduti, a fumare, o a leggere un libro, o a bere una buona cioccolata calda innaffiata di crema vegetale. Ce lo avrebbero trovato, il Sole giallo, grosso proprio come il Sole che si vede dalla Terra, un buon Sole caldo e continuo, e ilmondo piovoso di Venere sarebbe stato dimenticato fino a quando fossero rimasti nella Cupola in dolce ozio”.
Il lontano futuro immaginato nel nostro passato prossimo e remoto è spesso ambientato sotto terra: così nel film L'uomo che visse nel futuro, tratto dal romanzo di H.G. Wells, popolato da mostruosi abitanti del sottosuolo che temono la luce e il fuoco, sono dotati di occhi luminosi (come gli uccelli di Verne nel mondo dentro il mondo di Viaggio al centro della Terra) e hanno inciso nel Dna il terrore delle sirene dei bombardamenti e l'istinto a rifugiarsi nel sottosuolo. I sotterranei sono usati per muoversi non solo nello spazio ma anche nel tempo nel cortometraggio La jetée di Chris Marker cui è ispirato anche il visionario Esercito delle dodici scimmie di Terry Gilliam. Fotofobici e psicotici albini sono i protagonisti del romanzo Io sono leggenda di Richard Burton Mathesonda cui sono stati tratti i film 1975: occhi bianchi sul pianeta Terra di Boris Sagal, L'ultimo uomo sulla Terra e lo stesso Io sono leggenda, produzione hollywoodiana del 2007.
In Blade Runner è sempre notte perché il sole è oscurato da una nebbia tossica, come in Lungo la strada di Cormac McCarthy (The road si intitola il romanzo in Italia, come il film che ne ha tratto Hillcoat) e, guardando alla letteratura per l'infanzia, anche nel mondo post industriale del Lorax inventato dal Dr. Seuss.
Un'invenzione come Coelux potrebbe dunque di diritto inserirsi nella lunga catena di tentativi umani, originata dalla scoperta del fuoco, di rappresentare, esorcizzare e vincere la minaccia delle tenebre; e forse potrà essere usata nel mondo delle arti visive (studi televisi, allestimenti teatrali, installazioni artistiche). Devono aver utilizzato qualcosa di simile a Coelux a Seahaven, lacittà artificiale costruita attorno a Truman Burbank nel Truman show: finto Sole su sfondo azzurro cui il protagonosta, come è noto, alla fine si ribella fino a squarciarlo, letteralmente e idealmente. Perché per fortuna la voglia di assalto al cielo, da Icaro alle missioni spaziali che portano il nome greco del dio del Sole, è antica e connaturata negli uomini come la paura del buio.
Silvia Veroli