SOCIETÀ

La debolezza dell'Europa misurata dal basso

C’è anche l’Italia tra i sette Paesi ‘deboli’ dell’Unione europea inseriti nel terzo rapporto di monitoraggio dell’impatto della crisi economica della Caritas (che si riferisce al 2013). Con Portogallo, Spagna, Grecia, Irlanda, Romania e Cipro.

Sono i sette Paesi scelti come “caso-studio” perché pesantemente indeboliti dalla crisi, schiacciati dagli alti livelli di disoccupazione e dalle politiche di austerity e di spending review messe in atto dai governi nazionali (con conseguenze nel settore dell’assistenza socio-sanitaria e in quello delle politiche educative/formative e tagli su spese scolastiche e parascolastiche, dai sussidi per i libri ai sostegni per studenti con bisogni educativi speciali).

Dal 2012 al 2013 la povertà “assoluta” è diminuita di poco: dal 9,9 al 9,6% della popolazione nell’Ue a 28 Stati. Tra i Paesi deboli, il fenomeno è allarmante (14,9% nel 2013), con punte massime in Romania (28,5%) e in Grecia (20,3%). Alla fine del 2013, il 24,5% della popolazione europea risulta a rischio di povertà o esclusione sociale (un quarto del totale), una percentuale che cresce raggiungendo il 31% nei sette Paesi caso-studio (+6,5% rispetto alla media Ue28), con la Romania che raggiunge il 40,4%. L’Italia, in particolare, si posiziona su valori intermedi con il 28,4%. A ribadirlo è anche l’Istat, nel report Reddito e condizioni di vita: “L’indicatore – spiega l’Istat - deriva dalla combinazione del rischio di povertà, della grave deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro e corrisponde alla quota di popolazione che sperimenta almeno una delle suddette condizioni”.

Stati fragili e una popolazione senza lavoro e, sempre più spesso, con poche risorse per vivere, con l’Italia che conquista un triste primato: il tasso più alto di giovani tra i 15 e i 24 anni che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in alcuna attività di formazione, i cosiddetti Neet.

Dal 2012 al 2013 il tasso di occupazione europeo è rimasto stabile al 68,4% ma in costante calo rispetto al dato pre-crisi (70,3%). Nei sette Paesi deboli si ferma al 61,2%. In generale, poi, nei Paesi “caso-studio”, tutti gli indicatori di disoccupazione risultano superiori alla media europea: il tasso di disoccupazione arriva al 16,9%, contro il 10,8% dell’Ue28, quella di lungo periodo raggiunge il 55,9% (49,4% Ue28) e quella giovanile il 40,2% (23,4% Ue28). In questo quadro critico, con l’aumento della disoccupazione (cresce il numero di persone che vivono in famiglie quasi totalmente prive di lavoro) e del rischio povertà ed esclusione sociale si moltiplicano gli interventi delle Caritas che erogano aiuto materiale, in particolare a Cipro, in Romania e in Grecia.

In Italia, in particolare, dal 2010 a oggi le iniziative sono raddoppiate: gli sportelli di consulenza/orientamento al lavoro sono 139, sul fronte casa risultano attivi servizi in 68 diocesi, gli empori solidali sono presenti in 109 diocesi (+70%) e, in un anno, dal 2012 al 2013, i progetti di taglio sperimentale e innovativo sono passati da 121 a 215. Sempre nel 2013, inoltre, è stato attivato un fondo straordinario anticrisi per sostenere gli interventi delle Caritas nel settore dell’abitazione, del lavoro, delle spese di prima necessità e del sostegno al credito (da giugno a dicembre 2013, il 76% delle Caritas diocesane ha presentano una richiesta di rimborso per tali attività per un importo pari a 5 milioni e 650.000 euro). “Fra le tipologie di spese sostenute prevalgono i contributi al reddito, che assorbono il 39,6% dell’ammontare complessivo di spese rimborsate, seguiti dall’acquisto di beni di prima necessità (32%). Al Sud hanno prevalso nettamente le spese destinate alla costituzione di fondi di garanzia presso istituti bancari per la realizzazione di attività di microcredito, all’erogazione di contributi al reddito e per il sostegno alle esigenze abitative. Al Nord risultano invece prevalenti le spese per i voucher lavoro”.

In questo quadro si inserisce anche il forte declino della spesa sanitaria procapite a livello europeo (-11,1% in Grecia, -6,6% in Irlanda e -0,4% in Italia), con l’aumento del numero di cittadini che rinunciano a cure mediche essenziali a causa della necessità di partecipare economicamente alla spesa: 22,8% in media dei sette Paesi caso-studio. Un fenomeno, questo, che si riflette nella domanda sociale che giunge alle Caritas: nel solo 2013, in Italia, il 10,5% degli utenti dei centri di ascolto ha richiesto una prestazione assistenziale di tipo sanitario, altrimenti erogabile dal servizio pubblico con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente.

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