SOCIETÀ
Infermieri con la valigia

Foto: Giulio Sarchiola/Contrasto
16 settembre 2015, un mercoledì, otto e mezzo del mattino. Mentre l’umidità inizia poco a poco a disperdersi ci sono già migliaia di persone intorno al Palafabris, il palazzetto dello sport di Padova. Tutti in lizza per un unico posto da infermiere di ruolo, bandito dall’Azienda Ospedaliera 16 – IOV. Tantissimi quelli da fuori regione, arrivati sperando in un posto in graduatoria: tra loro Giuseppe, 28 anni, reduce da un viaggio di oltre 20 ore in treno e nave per venire dalla Sicilia. E a fine giornata è pronto a fare il percorso inverso: “Mi sono laureato lo scorso novembre a Messina con 110”, racconta con un’espressione tra lo sfiduciato e l’orgoglioso. Da lì in poi è iniziata l’odissea della ricerca del lavoro. “In aprile a Milano eravamo 13.000 per 25 posti al Niguarda. Ho provato anche Catanzaro, 5.000 partecipanti per 80 posti part-time, poi Udine, Parma, Lodi. Sempre la stessa storia: migliaia di persone per pochissime posizioni a concorso”.
Silvia invece è padovana e un lavoro ce l’ha già: a primavera ha infatti preso servizio presso l’ospedale universitario di Brighton. “In Inghilterra sto bene, perfeziono la lingua e imparo un sacco di cose: lì non hanno paura di investire nella formazione e nei giovani. La speranza è però di tornare prima o poi in Italia”. Un’impresa per nulla facile, vista la massa di persone che attendono. Eppure, con l’invecchiamento della popolazione e i progressi della medicina, proprio di infermieri dovrebbe esserci gran bisogno. Un dato in parte confermato ad esempio dall’ultimo rapporto Almalaurea, secondo il quale circa il 63% dei neolaureati delle professioni sanitarie lavora già a un anno dalla laurea: la quota più alta riscontrata tra i vari settori disciplinari. A cinque anni dalla laurea invece il tasso di disoccupazione si aggira intorno al 5%, contro il 22% del gruppo letterario, il 17% di quello geo-biologico, il 14% di architettura e del settore politico-sociale. Statistiche a cui Giuseppe stenta a credere: “Ai concorsi sto incontrando tantissimi miei compagni di studi, e da 10 mesi spedisco anche curriculum a cliniche, case di riposo e cooperative. Finora non ho ancora ricevuto una sola risposta”. Come è possibile una situazione del genere? “Tutta colpa del Jobs Act – afferma sicuro il giovane –. La riforma impone innanzitutto di stabilizzare i precari, per questo si fanno sempre meno concorsi”.
Tanti colleghi in fila per farsi registrare annuiscono. Ma è proprio così? Chiediamo a Luigi Spada, segretario aziendale del sindacato della UIL FPL, che conta circa 500 iscritti nell’azienda ospedaliera che ha organizzato il concorso. “Il Jobs Act per una volta non c’entra nulla – risponde –; in questa azienda il precariato è già al minimo. Il problema semmai è rappresentato dai tagli alla sanità degli ultimi anni, e soprattutto dal blocco delle assunzioni nelle regioni che hanno un dissesto finanziario”. Proprio come la Sicilia, dove al momento si contano almeno 3.500 infermieri disoccupati. Una situazione che stride con il cliché, ancora piuttosto diffuso, dell’infermiere come professione molto richiesta nel nostro Paese, e che oggi spinge i neolaureati a spostarsi più di prima per fare i concorsi, cercando semmai in un secondo momento di avvicinarsi a casa.
Si tratta comunque di una tendenza dura da diversi anni, se è vero che nelle regioni del Mezzogiorno, che hanno registrato i maggiori sbilanci, già nel 2012 il personale infermieristico contava secondo l’Istat appena 38,7 addetti per 10.000 abitanti, contro il 46,7 del Nord e i 46,2 del Centro. Situazione che del resto si combina la crisi sociale generata dalla recessione economica, che continua a colpire soprattutto il Sud. Nel Mezzogiorno infatti, dati Istat alla mano, il tasso di disoccupazione è ormai stabilmente al di sopra del 20% (con una punta del 23% in Sicilia) contro 7,6% del Nordest, mentre secondo l’Eurostat la metà della popolazione (il 43,3 al Sud e addirittura il 51,2% nelle Isole) è oggi esposta al rischio della povertà. Una situazione che evidentemente spinge sempre più giovani laureati a tentare la via dell’emigrazione, interna ed esterna.
In Veneto invece in questi anni le assunzioni sono andate avanti: “Adesso però tutto tornerà in discussione con la nuova decurtazione alla sanità veneta di 220 milioni di euro, appena disposta in attuazione dei tagli del governo”, spiega D'Emanuele Scarparo, segretario regionale della FPL. Il problema è che comunque di infermieri c’è e ci sarà sempre più bisogno: diverse regioni si stanno organizzando per dare più responsabilità agli Operatori Socio Sanitari: “Noi però siamo contrari che gli OSS vadano a svolgere mansioni sanitarie che oggi sono di competenza degli infermieri – conclude Scarparo –. In questo modo si rischia di distruggere un apparato sanitario d’eccellenza come quello veneto”.
Intanto al palazzetto dello sport gli esami sono finiti, e dopo oltre cinque ore finalmente i candidati iniziano a defluire. Solo le procedure di registrazioni sono durate quattro ore, seguite da un test molto complesso: 50 domande a risposta multipla, otto pagine scritte di casi clinici da leggere e compilare in un’ora. Incontriamo di nuovo Giuseppe: “È stato massacrante, tutte queste ore seduti sugli spalti, in posti stretti e scomodi. Anche scrivere era difficile, con a disposizione solo un piccolo cartoncino da appoggiare sulle ginocchia”. Tra due giorni si sapranno i risultati ma lui non è ottimista, quindi pensa già al prossimo concorso, a Trieste; per quello che invece si terrà a Palermo è più dubbioso: “Si presenterà il mondo, inoltre non mi fido molto di come si svolgerà. Forse è meglio farsi i fatti propri”, dice sibillino. Sentiamo anche Silvia, che invece alla fine non è nemmeno entrata: “Alla fine ho visto la folla e mi sono scoraggiata. Domani ho l’aereo per Londra, sarà per la prossima volta”. All’ospedale incontrerà tanti altri giovani da tutta Europa: “Gli italiani in particolare sono molto richiesti: sono venuti a farci il colloquio e le selezioni direttamente a Milano. Sanno che i laureati italiani sono particolarmente preparati. E che siamo in difficoltà”.
Daniele Mont D’Arpizio