SOCIETÀ
L’informazione assordata dai cinguettii

Profilo Twitter di papa Benedetto XVI, lanciato il 12 dicembre 2012. Foto: Reuters/Max Rossi
A Perugia si è parlato molto di Twitter come del possibile “salvatore” del giornalismo dei prossimi anni e non a caso Twitter cerca un "direttore delle news", rendendo esplicita la sua ambizione di diventare la nuova superpotenza del giornalismo mondiale. Aspettative decisamente eccessive. Anche se il giornalismo, in quanto attività indipendente di raccolta, valutazione e pubblicazione di notizie, è stato ormai sostituito da un ecosistema delle comunicazioni di cui i quotidiani o i telegiornali costituiscono solo una minima parte.
In questo ecosistema, la disponibilità delle piattaforme per comunicare è aumentata in modo esponenziale e questo genera un’illusione di uguaglianza infondata quanto pericolosa. Ci sono milioni di utenti Twitter ma la classifica dei “followers” premia più gli investimenti di immagine che il vero flusso delle informazioni: in Italia la stragrande maggioranza di cinguettii viene da personaggi dello sport (il n. 1 è Valentino Rossi, il Milan il n. 6) e dello spettacolo (Jovanotti è il n. 2, Grillo il n. 4, Ligabue il n. 7, Laura Pausini il n. 8). Per trovare un’organizzazione giornalistica occorre scendere fino al 9° posto (SkyTg24), all’11° (Repubblica) o al 30° (Il Fatto quotidiano, che supera di un soffio la Juventus e Matteo Renzi, primo dei politici, al 32° posto).
Se cerchiamo dei giornalisti dobbiamo scorrere la classifica fino al n. 44, dove troviamo Beppe Servergnini del Corriere della sera, molto più popolare di Marco Travaglio (n. 77) e di Ferruccio de Bortoli (n. 134).
In altre parole, i membri della setta “140 caratteri” sono numerosi ma la grande maggioranza di loro soddisfa la loro sete di notizie sbirciando sul telefonino gli ultimi tweets della Ferrari o dell’Ikea. Oggi Twitter è dominato da aziende e celebrità, e l’aumento dello spazio occupato dalle loro “promo”sembra togliergli l’identità di una piazza digitale dove il cittadino comune riesca a farsi sentire.
Nell’ecosistema della comunicazione di cui si è discusso a Perugia, gli elementi determinanti per il successo sembrano essere due: la velocità e la notorietà, la prima nemica mentre la ricerca della seconda che dovrebbe restare estranea al giornalismo. Occorre dunque essere istantanei (il direttore di Repubblica Ezio Mauro spesso twitta le notizie esclusive di cui viene a conoscenza prima di avvertire il proprio giornale, come ha raccontato a Perugia una giornalista della testata). Ma per arrivare al top di Twitter sembra necessario anche avere un brand: nei primi cento posti dei personaggi più seguiti troviamo quindi una folla di calciatori (Cannavaro, Del Piero, El-Shaarawy), cantanti e soubrette. La notorietà come comico ha fatto la fortuna di Beppe Grillo come politico ma la Rete sembra preferirgli Valentino Rossi e Jovanotti.
Si noti che le classifiche mondiali rispondono alla stessa logica: ai primi tre posti ci sono tre cantanti (Justin Bieber, Lady Gaga e Katy Perry) seguiti da Barack Obama, unico politico in una graduatoria che, fino al centesimo posto, include solo due organizzazioni giornalistiche, la Cnn e il New York Times, in un gruppo di stilisti, personalità dello sport e dello spettacolo.
Eppure le grandi aziende editoriali sono perfettamente consce del potere della celebrità, e quindi assolutamente indifferenti alla qualità dell’informazione: la sola cosa che conta sono i “click” sui siti, che si trasformano in pubblicità. Così, sulla parte destra dello schermo troviamo “Le trasparenze osé di Gwyneth Paltrow” (Corriere) oppure “Madonna, il look da icona” (Repubblica). I siti diventano supermercati dove si può leggere la cronaca della giornata ma anche prenotare un volo alle Maldive o comprare qualcosa su eBay. L’informazione viene risucchiata in un vortice consumistico certo non nuovo (la carta stampata è sopravvissuta per oltre un secolo grazie alla pubblicità) ma di dimensioni assai più vaste e invasive del passato.
Possiamo riassumere le trasformazioni in atto in questo modo: l’ecosistema della comunicazione è in espansione continua, con un numero sempre maggiore di attori che vi entrano, dalle aziende ai singoli cittadini che vogliono farsi vedere o sentire. In questa galassia, tuttavia, sarà sempre più difficile trovare informazioni approfondite, controllate, verificate. L’era di Twitter è l’era della rapidità, della superficialità, dell’ignoranza. Anche se c’è ancora spazio per i cinguettii di attivisti e militanti che denunciano la mancanza di libertà, dall’Egitto alla Siria. (2-fine)
Fabrizio Tonello