SOCIETÀ
Servizio civile, non più davanti alla scrivania

Oggi in Italia i giovani impegnati nel servizio civile sono 15.000, ma le domande non accolte per mancanza di fondi sono sei volte di più. Un piccolo esercito destinato però a toccare quota 100.000 unità nell’arco di tre anni. Lo ha detto Luigi Bobba, sottosegretario con delega al servizio civile, intervenendo a Padova, nell’aula magna del palazzo del Bo, all’iniziativa promossa congiuntamente dal Centro di Ateneo per i diritti umani e dal Servizio valorizzazione del personale dell’università di Padova, dall’associazione Giovanni XXIII, dalla Caritas Italiana e da Focsiv Volontari nel mondo, in collaborazione con la Confederazione nazionale Enti Servizio Civile (Cnesc).
Un’occasione per fare il punto su un settore, quello del servizio civile, che trova proprio nei giovani la propria linfa vitale. Luigi Bobba ha ribadito la volontà del governo di cambiare pelle al servizio civile italiano: fra pochi giorni, ha assicurato, andrà all’esame del consiglio dei ministri la legge delega che dà attuazione alla trasformazione del settore definendone organizzazione, finalità e competenze, che andranno dalla protezione civile all’assistenza, dalla tutela dell’ambiente a quella del patrimonio artistico e culturale. A partire da ottobre saranno reclutati 37.000 giovani utilizzando 125 milioni di euro già disponibili e 55 milioni provenienti dai progetti regionali del piano garanzia giovani. Nel triennio si punterà al reclutamento di 100.000 ragazzi, italiani e non. Riceveranno circa 430 euro al mese, per 8-12 mesi, per un impegno di 30 ore settimanali.
Non è tutto: attraverso un emendamento alla legge di stabilità, presentato dal parlamentare di Sel Giulio Marcon, presente al convegno di Padova, per la prima volta verrà finanziato il reclutamento di 500 giovani ogni anno, dal 2014 al 2016, per attività di peacebuilding, alternativa non armata e nonviolenta alle forze militari presenti nei luoghi di conflitto e nelle aree a rischio o di emergenza ambientale. L’operazione, che ha visto concretizzarsi infine una storica proposta del mondo pacifista italiano, è stata finanziata con 9 milioni di euro.
Per il sottosegretario Bobba “siamo di fronte ad una straordinaria occasione di cambiamento, di riordino e ripensamento del servizio civile”. Ma non si devono buttare a mare le esperienze del passato: ne vanno “recuperate le radici avendo come obiettivo la difesa non armata e la promozione dei diritti delle comunità”. Il reclutamento dell’"esercito" dei centomila non vuole essere un contentino a giovani senza lavoro - ha aggiunto Bobba - ma un’occasione di crescita, un’esperienza utilizzabile nelle rispettive scelte di vita, che lo Stato dovrà riconoscere attraverso l’attribuzione di crediti formativi. Il semestre europeo a guida italiana dovrà essere anche l’occasione per creare un servizio civile europeo, “tema molto evocato e poco praticato”, che oggi tuttavia ha nel governo italiano uno di più convinti sostenitori. A proposito dell’istituzione dei corpi civili di pace, Bobba ha affermato che “è una scelta innovativa da non sbagliare”.
Una esperienza preziosa da seguire per la creazione dei corpi civili di pace potrebbe essere quella dei “Caschi bianchi oltre le vendette”, attuata in Albania e presentata al convegno di Padova. Volontari, i cosiddetti caschi bianchi - appartenenti a tre associazioni italiane - hanno operato nell’Albania settentrionale nel quadro delle “vendette di sangue”, la gjakmarrja, che sulla base di un antico codice che ha resistito nel tempo colpisce singoli e famiglie con pesanti conseguenze in termini di violenza interpersonale e relazioni sociali e culturali. Il lavoro dei volontari è riuscito ad arginare il fenomeno là dove la repressione ha fallito, utilizzando le armi dello studio e della ricerca in loco, del dialogo, della collaborazione con le istituzioni, degli accompagnamenti e di una presenza tanto assidua quando discreta.
I caschi bianchi, per ora italiani, domani europei, potrebbero dar vita a processi di pace che i contingenti armati non sono in grado di garantire. Potrebbero essere impiegati, ad esempio, in Israele e Palestina, in Iraq o dove il sistema di Peacekeeping dell'Onu non funziona e dove la violenza non può scacciare venti di guerra perenni e persecuzioni, né sradicare le radici dell’odio.
E un significativo ruolo per la creazione di una cultura di pace - il diritto alla pace è un diritto umano fondamentale - lo sta svolgendo l’università di Padova dove dal 1982 è operativo il Centro di Ateneo per i diritti umani, che si è assunto l’onere di contribuire allo sviluppo del “sapere” interdisciplinare dei diritti umani attraverso la ricerca, l’educazione e la formazione. Ma è l’università tutta che è impegnata sul tema della cultura di pace e solidarietà, come è stato ricordato al convegno: dal 2006 a oggi l’ateneo ha utilizzato 851 volontari per progetti di servizio civile nazionale a fronte di 2.642 candidature pervenute. Per il servizio civile regionale, inoltre, sono stati avviati 11 volontari per 29 progetti nei settori ambientale, di assistenza sociale, educativo-culturale e di tutela del patrimonio artistico e culturale.
Con questo convegno da Padova è partito quindi un caldo invito al governo a investire nei corpi civili di pace e nel volontariato, insostituibili strumenti di cittadinanza attiva e ineguagliabili metodi di vera "difesa della patria". Nel loro DNA hanno scritto a lettere cubitali la parola “pace”, un diritto che va garantito a ogni essere umano in ogni angolo del mondo.
Valentino Pesci