SOCIETÀ

Sole e vento strozzati nella rete

Di energia e politica energetica parliamo pochissimo in Italia, salvo poi scoprire all'improvviso che una multinazionale come l'Alcoa chiude bottega perché da noi la bolletta energetica è troppo cara. Così, quando finalmente arriva la bozza del nuovo piano di Strategia energetica nazionale (SEN), la notizia fa fatica a farsi strada sulle prime pagine dei giornali e rimane confinata ai blog e agli organi di approfondimento. Eppure il documento varato dal ministero dello Sviluppo dovrebbe guidare le scelte del paese per lo meno fino al 2020 – affrontando temi che vanno dallo sfruttamento efficace delle nuove fonti di energia alla modernizzazione delle infrastrutture, fino alla creazione di una nuova rete davvero “intelligente” - ed è stato sottoposto alla pubblica discussione: fino al 30 novembre tutti potranno leggere il documento e intervenire nel dibattito, inserendo commenti e osservazioni in un apposito modulo on line, organizzato secondo le principali domande di consultazione, oppure mandando una mail all’indirizzo strategia.energetica@mise.gov.it. “Dal punto di vista energetico in Italia c’è stata una rivoluzione, completamente inattesa”, dice Arturo Lorenzoni, docente di economia dell’energia all’università di Padova. “Le centrali a combustibili fossili moderne hanno ormai una resa energetica vicina ai limiti fisici, anche negli impianti medio-piccoli. Stiamo poi assistendo all’esplosione delle energie rinnovabili: oggi in Italia ci sono circa 500.000 piccoli produttori di energia, per lo più dal sole. Una cifra assolutamente non ipotizzabile solo due anni fa”. Merito sicuramente degli incentivi, circa 6,4 miliardi di euro all’anno: “Una cifra importante, ma non esagerata nell’ambito di un settore come quello dell’industria energetica. Soprattutto se si tiene conto che per le imprese i finanziamenti si traducono anche in opportunità di investimento e di creazione di posti di lavoro”. Più che polemizzare sul livello degli incentivi per fotovoltaico ed eolico, a parere di Lorenzoni per gli sprechi bisogna guardare altrove, a cominciare dal famigerato CIP6, nato per le rinnovabili e finito poi a finanziare per anni i termovalorizzatori.

Qualche numero: secondo i dati forniti dal Gestore dei Servizi Energetici - GSE S.p.A.,  nel 2011 la produzione di energia degli impianti fotovoltaici ha raggiunto in Italia 10.796 gigawattora (GWh: un milione di kilowattore), con un incremento del 466% rispetto all’anno precedente. In soli cinque anni, la produzione è aumentata di circa 280 volte e il fotovoltaico non rappresenta più il fanalino di coda tra le fonti rinnovabili utilizzate in Italia per produrre energia. La potenza attualmente installata raggiunge i 16.5 gigawatt, quando la potenza di una media centrale nucleare si aggira intorno agli 1,5-2 gigawatt. Nello stesso tempo i costi degli impianti sono crollati: se nel 2008 si parlava di circa 7.000 euro per kilowatt, adesso si è scesi a circa 2.000. Non è tutto: “Progressi enormi ci sono anche nell’eolico – conclude Lorenzoni –, il cui sviluppo comporterà una rivoluzione comparabile solo alla creazione dei grandi impianti idroelettrici del secolo scorso”.

Tutto bene allora? Non proprio: i problemi da risolvere sono ancora tanti, a cominciare dall’inadeguatezza dell’attuale rete di distribuzione elettrica. Roberto Caldon è direttore del Centro Studi di Economia e Tecnica dell’Energia “G. Levi Cases”: “Le fonti rinnovabili sono per loro natura distribuite sul territorio, mentre la rete attuale è stata pensata per portare l’energia da pochi punti di produzione – le centrali – alla massa di consumatori”. Il flusso di energia non è più in una sola direzione, e deve quindi essere governato in maniera da ridurre gli sprechi: a questo servirebbero le smart grids , ossia reti intelligenti che riescano a incrociare al millimetro le esigenze della produzione e del consumo. Altrimenti si arriva al paradosso, come purtroppo accade, di dover isolare dalla rete i pannelli solari e le pale eoliche perché in quel momento l’infrastruttura, in una giornata particolarmente assolata e ventosa, non è capace di assorbire l’energia prodotta. “Non è facile intervenire: si tratta di reti composte di milioni di chilometri di cavi, stesi in oltre un secolo di attività” continua Caldon. “Molto però rimane ancora da fare, soprattutto nell’integrazione delle infrastrutture con i settori dell’informatica e delle telecomunicazioni C’è ancora troppo spreco di energia e ci vogliono più controllo e monitoraggio, a cominciare dagli edifici e dalle strutture della pubblica amministrazione”.

Daniele Mont D’Arpizio 

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