SOCIETÀ
Tassare la casa non il lavoro

“Penso tutto il male possibile di questa ondata populistica che ha messo sotto accusa l’Imu, la tassa sulle case”: non ha esitazioni Gilberto Muraro, docente di scienza delle finanze e in passato rettore dell’università di Padova, nel difendere una delle tasse più impopolari. “L’Imposta municipale unica è necessaria al buon funzionamento degli enti locali e all’avvio di un effettivo federalismo, all’insegna del binomio autonomia-responsabilità”.
“Da prima dell’introduzione dell’Imu era evidente che l’Italia doveva spostare l’imposizione fiscale dal lavoro e dalle imprese alla proprietà – continua il docente – Del resto in tutto il mondo gli enti locali vivono essenzialmente delle imposte sulla proprietà, inclusa la prima casa”. Anche dal punto di vista equitativo l’Imu, secondo Muraro, sarebbe corretta: “Chi possiede una casa ha maggiore capacità contributiva di chi non ce l’ha; è inoltre dimostrato che i patrimoni sono più concentrati dei redditi”.
Perché tassare il patrimonio, su cui sono già state pagate le tasse mentre veniva accumulato? “Un’imposta proporzionale sul patrimonio equivale a un’imposta progressiva sul reddito. Rodolfo Benini a questo riguardo il secolo scorso ha formulato la legge, secondo la quale a un reddito doppio corrisponde normalmente un patrimonio triplo”. Questo perché le eccedenze del reddito tendono a trasformarsi in risparmio, il quale a sua volta produce altro reddito. “Rispetto a quando questa legge è stata formulata oggi siamo di fronte a una maggiore diffusione della ricchezza; varie ricerche tuttavia, tra cui quelle della Banca d’Italia, ci dicono che – sia pure con minore intensità – la legge di Benini è ancora valida”. Nel tempo inoltre i patrimoni tendono a concentrarsi: pare anzi che con la crisi le disuguaglianze stiano addirittura aumentando, in particolare nel nostro Paese.
Come è tassata la proprietà immobiliare negli altri paesi? “Negli Usa esiste una Property Tax, che è la fonte principale di finanziamento per gli enti locali e che è molto pesante”. In Gran Bretagna invece c’è la Council Tax: l'erede dell’odiata Poll Tax thatcheriana, che era forfettaria e quindi non commisurata ai redditi effettivi. “La Thatcher si rifaceva a una concezione liberista, secondo cui ognuno doveva pagare il prezzo dei servizi locali – spiega Muraro – lo Stato semmai interveniva successivamente con i sussidi. Anche la Council Tax comunque, essendo regressiva (diminuisce cioè in percentuale al crescere della ricchezza tassata, ndr), risente di questa impostazione”.
Esiste comunque un modello più o meno giusto a cui ispirarsi? “In Francia vige un sistema che avevo proposto anche per l’Italia, composto da un’imposta sulla proprietà e da una per i residenti: le spese e i servizi degli enti locali vanno infatti a vantaggio di entrambi. Oggi, a vent’anni dal libro bianco del 1994 sulla riforma fiscale, siamo vicini a una situazione del genere con l’Imu e la nuova Tares (la Tariffa rifiuti e servizi, introdotta nel 2011 in sostituzione della Tia, ndr). La struttura è corretta, si tratta di calibrarla e di fondarla su dati affidabili”. Un problema dell’Imu oggi e dell’Ici prima è infatti costituito proprio dagli estimi catastali, spesso avulsi dal valore reale degli immobili: “A questo riguardo è essenziale e urgente la revisione del catasto, in modo che l’imponibile sia attendibile. Bisogna però intervenire per eliminare le ingiustizie, non già per buttare il bambino con l’acqua sporca”.
Il problema è che in Italia la pressione fiscale è ormai elevatissima, e sempre meno ad essa corrispondono servizi all’altezza: “Qui la questione è un’altra: se si vogliono diminuire le imposte si deve tagliare la spesa”. Ronald Reagan però partì proprio dal taglio delle tasse, proclamando di voler ‘affamare il mostro’ della spesa pubblica: “C’è chi, come ad esempio Vito Tanzi, propone anche oggi la stessa idea; in una situazione come la nostra sarebbe però pericoloso”. In un’ipotetica riduzione delle imposte, sarebbe meglio partire dalla tassazione sul lavoro oppure da quella sulle imprese (come ad esempio l’Irap)? “Credo che si dovrebbe agire in entrambe le direzioni, diminuendo l’imposizione sui redditi ma anche detassando le immissioni di capitali nelle aziende, dove siamo storicamente carenti, e gli investimenti nella ricerca”.
Daniele Mont D’Arpizio