SOCIETÀ
Ushahidi: da un tweet alle mappe dal basso, per affrontare le emergenze

Il sistema open source venne utilizzato per la prima volta in Kenya, all'indomani dei tumulti del 2008 per la rielezione del presidente Mwai Kibaki. Foto: Reuters/Thomas Mukoya
“Nella prima settimana di violenze post-elettorali tutti provavamo a documentare sui nostri blog quello che stava succedendo, e in un post qualcuno evidenziò il possibile uso che si poteva fare di Google Maps per mappare ciascuno degli incidenti che stavano avvenendo. Perciò io pensai ‘già, dobbiamo farne qualcosa di questa idea’”, scrisse Ory Okolloh, avvocato e attivista kenyota, sul suo blog all’indomani delle prime violenze verificatesi in Kenya nel 2008, a seguito della rielezione alla presidenza di Mwai Kibaki, che hanno portato il paese sull'orlo della guerra civile. Era l’alba del progetto Ushahidi che, in Swahili, significa “testimonianza”. Attraverso uno stringato “cinguettio” su Twitter la stessa Okolloh fece seguito al suo proposito e, rivolgendosi agli sviluppatori informatici del Kenya, propose di generare una mappa dei luoghi delle violenze, utilizzando le risorse di Google Maps. Il sito Ushahidi.com fu creato e messo on line in 72 ore. Ebbe immediatamente un forte riscontro ed un’inaspettata diffusione, confermata nel tempo. Ben 45.000 utenti inviarono le loro testimonianze dai luoghi degli scontri, permettendo di seguire l’evoluzione della situazione politica e sociale nel paese in maniera indipendente ed alternativa rispetto a quanto riportato dagli organi ufficiali.
Da allora Ushahidi si è evoluto e rappresenta non più solo una piattaforma web, bensì una realtà aziendale complessa, in cui nucleo al originale dei fondatori - Ory Okolloh, Erik Hersman, Juliana Rotich e David Kobia - si è affiancato un nutrito gruppo di sviluppatori e di specialisti di tecnologia, attivisti politici, giornalisti ed esperti di comunicazione. Oggi, Ushahidi è una società no-profit kenyota che sviluppa software libero per la raccolta, la visualizzazione e la rappresentazione d’informazioni su cartografia interattiva. Il software si basa sulla piattaforma Crowdmap, che permette di utilizzare le risorse web di Ushahidi per mettere on line, gratuitamente, una versione personalizzata della piattaforma stessa. Si tratta di un programma estremamente versatile che mira a rendere disponibili, anche in tempo reale, informazioni geolocalizzate. Le segnalazioni possono essere inviate via Sms, attraverso Gps o tramite specifiche app per iPhone e Android. È prevista un’interfaccia di backoffice per inserire le segnalazioni ricevute telefonicamente, oltre che per validare le diverse segnalazioni fatte tramite email o web, e c'è la possibilità di ricevere via email o Sms un messaggio che avverta del verificarsi di un evento ad una determinata distanza da una posizione prefissata, permettendo di mantenere allertati, ad esempio, giornalisti o unità di soccorso.
La piattaforma di Ushahidi è stata utilizzato per dare traccia delle violenze contro gli immigrati in Sud Africa, in Congo, in Malawi, Uganda e Zambia, per documentare l’assenza di medicinali in diversi paesi africani, per monitorare le elezioni in Messico e in India, per organizzare i soccorsi in seguito ai terremoto a Haiti e in Cile, alle tempeste di neve a Washington D.C. e agli incendi in Russia, per le alluvioni in Australia e in Missouri, per l’emergenza neve nei Balcani, ma anche da Al Jazeera per raccogliere testimonianze durante i disordini di Gaza, e così via. Anche in Italia se ne sono viste diverse applicazioni, tra cui “Rifiutiamoci”, un progetto di crowdmapping sulla localizzazione dei cumuli di immondizia a Napoli.
Dal 2008 ad oggi, Ushahidi è stata impiegata in numerose situazioni di criticità, nelle quali ha messo a disposizione strumenti innovativi per la gestione della sicurezza in realtà “democraticamente” complesse. Un esperimento riuscito di giornalismo partecipato e activist mapping che fa intravedere prospettive future davvero interessanti in materia di aiuto umanitario. Nell'immaginario comune è di certo difficile coniugare la filosofia del “codice aperto” e della partecipazione diffusa con l'approccio umanitario, solitamente estremamente organizzato, accentrato e "dall'alto", con le popolazioni in difficoltà nella posizione di passivi percettori dell'aiuto. Tuttavia, concetti come “libera distribuzione”, “sviluppo”, “alternativa a modelli accentratori”, “collaborazione” ecc., che accomunano le due prospettive, ci fanno intravedere in maniera più nitida il possibile connubio tra open source e azione umanitaria. Una solidarietà attiva e diffusa resa possibile dalle tecnologie della rete attraverso gli strumenti del web activism, e della quale Ushahidi è testimone perfetto.
Gabriele Nicoli