SOCIETÀ
La valanga rosa conquista le imprese

Azienda di produzione di ricami termoadesivi per il pret-à-porter e alta moda. Foto: Stefano Dal Pozzolo/contrasto
Donne e impresa: un binomio sempre più frequente. Lo segnala Unioncamere che indica come un’azienda su quattro in Italia sia gestita al femminile, con un aumento nel 2012 di 7.298 unità. In Veneto se ne contano 109.648 e in provincia di Padova le imprenditrici rappresentano il 26,3% del totale. A fare una prima “incursione” nella realtà territoriale, con un focus sul settore culturale, è Womenmade Tra tradizione e innovazione - Imprese culturali e creative femminili a Padova e nel territorio, un’indagine condotta da Susanna Biadene e Alessandra Chiarcos dell’associazione Padovainnovazione, e da Daria Quatrida, ricercatrice dell’Università di Padova.
Lo studio è condotto su un gruppo di 61 aziende della provincia guidate da donne e impegnate nei settori del design, architettura, comunicazione, animazione, musica, arte e artigianato. La maggior parte delle attività indagate è nata negli anni 2000 (59%), e di queste una su tre negli anni della crisi (2008-2012). Si tratta solo in minima parte di aziende di famiglia, mentre nella maggioranza dei casi sono imprese di nuova creazione (78,6%) che traducono in chiave imprenditoriale passioni, capacità e talenti creativi di chi se ne fa promotrice. L’identikit dell’imprenditrice padovana che emerge dallo studio, è una donna con un’età media di 48 anni, moglie (80%) e madre (71%). Ed è proprio la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della famiglia a costituire per quasi una donna su tre (29,5%) la principale difficoltà nella fase di avvio dell’impresa: si conferma anche per le imprenditrici padovane la tradizionale rigidità dei ruoli nella famiglia italiana, che vede il lavoro domestico ricadere principalmente sulle donne qualunque sia la loro condizione professionale. Al secondo posto si colloca la mancanza di finanziamenti mirati e adeguati (27,9%). Meno del 20% ha fatto ricorso a finanziamenti pubblici e in questo incidono anche la scarsa fiducia nelle istituzioni, considerate sorde alle proposte che vengono dalle imprese, e le difficoltà burocratiche da superare per accedervi. Dialogo e comunicazione sono difficili: a mancare, dal punto di vista delle imprenditrici, sono un progetto integrato con le aziende e la distribuzione dei fondi su base meritocratica.
Le istituzioni, a loro volta, lamentano i tagli e la mancanza di risorse: “Soldi non ce ne sono – sostiene Maria Pia Contento, delegata alle Pari opportunità dell’Associazione italiana società di consulenza per la ricerca l’innovazione e lo sviluppo – e per questo è fondamentale creare sinergie tra imprese, fare rete e istituire alleanze formalizzate. In questo modo sarà possibile elaborare progetti articolati e accedere ai finanziamenti regionali ed europei”. Osservazione cui le imprenditrici rispondono sottolineando la difficoltà di accedere alle informazioni in materia nonostante la partecipazione alle associazioni di categoria. “La difficoltà nel reperire i finanziamenti – aggiunge Enzo Nicoli, responsabile corporate di Antonveneta – farà molta selezione. Il business dovrà avere un valore aggiunto e in questo senso internazionalizzazione del mercato e reti d’impresa possono fare la differenza”.
L’indagine evidenzia l’importanza del rapporto con il territorio per più di metà delle intervistate. Il motivo? La presenza di competenze altamente qualificate e relazioni di fiducia tra fornitori e clienti. Ma più di un’imprenditrice su tre (34,4%) ritiene tuttavia che la realtà padovana non abbia punti di forza specifici. Dall’indagine l’ambiente risulta chiuso, tradizionale, diffidente e periferico nelle attività culturali e creative rispetto a molte altre città: tutti elementi che non facilitano la collaborazione. Manca in loco quel riconoscimento professionale, e forse quel tipo di mercato, che in non pochi casi si trova invece all’estero. Basti pensare che il 33,3% delle aziende è presente sui mercati stranieri, il 30% in quelli veneti e solo il 12% si limita alla provincia.
Pur con tutte le difficoltà e la cautela nel trarre conclusioni da un campione significativo ma relativamente esiguo, l’indagine evidenzia la presenza sul territorio di un settore che investe e produce cultura, attivo e con volontà di sviluppo. L’imprenditoria femminile vuole un’organizzazione aziendale orizzontale e collaborativa e solo in pochi casi preferisce il tradizionale modello piramidale. Empatia, capacità di ascolto, flessibilità, intuito e non da ultimo un forte impegno personale sono considerate qualità necessarie per essere imprenditrici, in un settore che privilegia la qualità del prodotto. L’essere donna è visto come un valore aggiunto: “La professionalità femminile – sostiene una delle imprenditrici – dovrebbe costituire in ambito lavorativo una risorsa complementare al modello maschile, riconoscendo alle donne abilità che le contraddistinguono”. Se le lavoratrici nell’Unione europea guadagnano in media il 16% in meno degli uomini, una conferma del riconoscimento dell’imprenditoria femminile arriva da una recente indagine svolta nel Regno Unito. Come dipendenti le donne continuano a guadagnare meno degli uomini, ma in ambito imprenditoriale guadagnano il 14% in più della loro controparte maschile.
“Forse – sottolinea Saveria Chemotti delegata per la cultura e gli studi di genere all’Università di Padova – non è più tempo di parlare di pari opportunità che, spesso, si traducono semplicemente in processi di protezione della donna. Ciò che dovrebbe scomparire è lo scarto di genere”.
Monica Panetto