MONDO SALUTE

Sull'accessibilità del welfare europeo per le persone straniere c'è ancora molto lavoro da fare

Il welfare europeo è accessibile agli stranieri? Si chiedeva questo a fine novembre The conversation in un articolo che cercava di approfondire come gli extracomunitari avessero accesso a tutte quelle “agevolazioni” che per i comunitari sono quasi automatiche. La domanda più corretta dovrebbe partire ancora da più lontano, e dovrebbe essere: esiste un welfare europeo? La risposta sarebbe lunga ed articolata ed è necessario scomporla nei più disparati argomenti. Quello che vogliamo analizzare noi è quello della sanità pubblica. L’Italia ha, da poco più di 40 anni, uno dei sistemi sanitari nazionali più efficaci e meno costosi tra tutti i Paesi sviluppati. Un fatto questo, che spesso tendiamo a non considerare e dare per scontato. L’importanza del SSN è balzata agli occhi di tutti in modo preponderante durante le fasi più dure della pandemia. Avere uno Stato che ti cura ad un prezzo calmierato sembra la normalità, ma così non è e non si deve mai dare per scontato. Se per chi ha la cittadinanza italiana accedere ai servizi sanitari è quasi automatico, chi è sprovvisto di tesserino sanitario invece non ha vita così semplice.

Prima di vedere come funziona l’accesso al servizio sanitario nazionale per gli extracomunitari in Italia, vediamo cosa avviene nel resto dell’Unione Europea. Un approfondimento apparso nel bollettino ha cercato di fare chiarezza proprio sull’accesso ai servizi sanitari dei 35-40 milioni di stranieri presenti in Europa. Il primo dato che emerge, per rispondere alla domanda di The conversation, è proprio che di dati certi non ce ne sono. O meglio, l’euobserver mette in luce come dati sull’utilizzo dei servizi sanitari da parte degli immigrati siano piuttosto scarsi. Un aiuto però ci può arrivare da uno studio realizzato dal CEDEM presso l'Università di Liegi. Il progetto, sostenuto dal Consiglio europeo della ricerca, ha realizzato un database e tre diverse pubblicazioni che individuano le condizioni che gli immigrati – europei e non – devono soddisfare per accedere al welfare nazionale, quindi a tutti quei servizi sanitari e di assistenza lavorativa o sociale che ha ogni Stato.

L’Italia ha uno dei sistemi sanitari nazionali più efficaci e meno costosi tra tutti i Paesi sviluppati

La ricerca, come gli stessi autori hanno dichiarato, trae tre grandi lezioni: le politiche di welfare in Unione Europea stanno diventando transnazionali, le politiche di welfare sono sempre più utilizzate per controllare la migrazion ed infine che nessun migrante è un’isola. 

Lezioni che però bisogna cercare di spiegare nel miglior modo possibile. Partiamo dalla prima, cioè il fatto che le politiche di welfare in Unione Europea stanno diventando transnazionali.

I ricercatori dell’università di Liegi hanno osservato le politiche relative al welfare di 40 diversi Paesi europei ma anche extraeuropei, riscontrando però delle analogie tra loro per quanto riguarda i migranti. La prima regola per accedere alle politiche di welfare di uno Stato sembra essere abbastanza comune, ed è il fatto che bisogna risiedere abitualmente nel luogo in cui si richiede l’assistenza

Non per tutto il welfare però quando si esce dal paese si annulla il principio. Il caso concreto delle pensioni è ciò di cui stiam parlando. Tutti gli Stati membri dell'UE consentono ai pensionati di continuare a ricevere le loro pensioni contributive all'estero se decidono di emigrare e ci sono solo otto paesi (Bulgaria, Cechia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Polonia, Spagna) che limitano il numero di Stati di destinazione in cui si può continuare a percepire la pensione.

Non solo intra europei, gli accordi a volte sono anche extra. Come dicevamo il welfare sta diventando transnazionale e, in alcuni casi, anche transcontinentale. Ci sono infatti una serie di accordi bilaterali sul welfare tra Stati europei ed extraeuropei. Un esempio concreto messo in evidenza dai ricercatori è quello della Tunisia, che ha firmato 13 accordi bilaterali di sicurezza sociale con Stati europei e nordafricani (Algeria, Austria, Belgio, Egitto, Francia, Germania, Italia, Libia, Lussemburgo, Marocco, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna) che mirano a garantire la parità di trattamento dei loro cittadini nei sistemi di welfare di questi paesi di destinazione. Ciò significa che gli immigrati tunisini che lavorano ad esempio in Belgio o in Francia, possono considerare il periodo di attività nel proprio paese di origine ai fini previdenziali. Allo stesso modo, gli immigrati possono anche avere la copertura dell spese mediche sostenute durante brevi viaggi.

 

Il welfare europeo è accessibile agli stranieri?

La seconda lezione di cui parlano i ricercatori invece è il fatto che le politiche di welfare sono sempre più utilizzate per controllare la migrazione. Il database su cui si basa la ricerca mostra che nella grande maggioranza degli Stati membri l'adesione all'assistenza sociale da parte di immigrati extracomunitari può incidere negativamente sul rinnovo del permesso di soggiorno, sulla domanda di cittadinanza o sul diritto al ricongiungimento familiare.

Uno degli esempi portati alla luce dai ricercatori è quello del Belgio, in cui nell'ultimo decennio, il governo avrebbe ritirato i permessi di soggiorno di 15.000 migranti dell'UE perché rappresentavano un “onere” per le finanze pubbliche. 

L’ultimo aspetto messo in luce dai ricercatori invece è più un fatto di percezione che di vera mancanza del welfare. Durante le interviste effettuate per lo studio sono emersi tutti quegli ostacoli che sulla carta non dovrebbero esserci ma che in realtà poi di fatto sussistono. Ostacoli che vanno dalla mancanza di comprensione del sistema di welfare, a una conoscenza limitata della lingua del paese, dalla mancanza di documentazione sui contributi sociali precedenti fino alla discriminazione da parte dei dipendenti pubblici. 

Ma se quella dei ricercatori belgi è un’analisi a livello europeo, ciò che a noi interessa di più è comprendere come i migranti possono accedere al sistema di welfare italiano, in particolare quali sono i passaggi per beneficiare del sistema sanitario nazionale.  

Iniziamo con una premessa: l’assistenza sanitaria in Italia è assicurata a tutti, sia cittadini sia stranieri, anche quando questi non dispongano delle risorse economiche necessarie. L’articolo 32 della Costituzione italiana dice che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Per beneficiare di questo servizio però ci sono diverse modalità. Il bivio iniziale è la durata della permanenza della persona extraeuropea nel nostro paese. 

Se questa è temporanea, cioè per un periodo non superiore ai 90 giorni, l’extracomunitario può usufruire delle prestazioni sanitarie urgenti e di elezione pagando le relative tariffe, che sono regionali. Non è obbligatoria o prevista, in questo caso, l’iscrizione al servizio sanitario nazionale.

Se invece si ha un regolare permesso di soggiorno c’è la possibilità di iscriversi al SSN. Per farlo, e questo è cosa nota a chi ogni giorno supporta queste persone lavorando in cooperative o servizi di accoglienza, basta andare nella propria ASL di riferimento.

L'iscrizione al SSN consente la scelta del medico di base iscritto nei registri stessi delle ASL. L'iscrizione inoltre può essere di due tipi: volontaria o obbligatoria. Il primo caso è quello di stranieri che soggiornano regolarmente in Italia, per un periodo superiore a tre mesi, che non hanno diritto all'iscrizione obbligatoria, sono tenuti ad assicurarsi contro il rischio di malattia, di infortunio e per maternità, mediante la stipula di una polizza assicurativa privata, ovvero, con iscrizione volontaria al SSN attraverso il pagamento di un contributo forfettario annuale. Questi sono studenti e le persone alla pari, titolari di permesso di soggiorno per residenza elettiva ma che non svolgono alcuna attività lavorativa, il personale religioso, il personale diplomatico e consolare, dipendenti stranieri di organizzazioni internazionali operanti in Italia, stranieri che partecipano a programmi di volontariato, genitori ultra sessantacinquenni con ingresso in Italia per ricongiungimento familiare, dopo il 5 novembre 2008.

L’iscrizione obbligatoria invece dev’essere effettuata da tutti i cittadini stranieri extracomunitari che soggiornano regolarmente in Italia e abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento, che soggiornano regolarmente  e abbiano richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro, motivi familiari, per asilo, per protezione sussidiaria, per casi speciali, per protezione speciale, stranieri in attesa del primo rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per motivi familiari o minori non accompagnati.

E nel caso la persona straniera non sia iscritta al servizio sanitario nazionale ma comunque bisognosa di cure? Come abbiamo detto prima, la salute è un diritto per tutti e quindi il servizio viene comunque garantito a pagamento.

Come si legge nel sito del ministero “nei confronti di cittadini stranieri provenienti da determinati Paesi con cui l’Italia ha stipulato accordi internazionali bilaterali o multilaterali, l’assistenza sanitaria è prevista secondo le modalità disciplinate dall’accordo stesso e a condizione di reciprocità”.

C’è infine un’ultima categoria di stranieri presenti nel nostro Paese, cioè quelli che lo sono in modo irregolare. Anche in questo caso le persone che si trovano sul territorio nazionale in condizione irregolare, cioè con permesso di soggiorno scaduto o che abbiano fatto ingresso sul territorio nazionale ma non abbiano seguito le vie e le procedure legali e non abbiano quindi titolo per restare in Italia, “hanno comunque diritto a ricevere nei presidi pubblici ed accreditati ogni cura medica urgente o comunque essenziale, ancorché in via continuativa, per malattie ed infortuni e hanno diritto altresì che siano estesi i programmi di medicina preventiva al fine di tutelare la salute individuale e collettiva”. Le “cure urgenti” sono quelle in cui la persona è in pericolo di vita o a rischio danno per la salute della persona stessa, mentre le “essenziali” sono quelle prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non pericolose nell’immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti).

Il sito del ministero poi è chiaro anche per quanto riguarda il pagamento stesso di queste cure. Se lo straniero non ha risorse economiche le stesse vengono erogate in modo gratuito. Un altro punto importante poi, oltre alla salute, è l’incolumità stessa della persona. “La tutela della salute dello straniero - si legge in una nota - non regolarmente soggiornante è considerata prioritaria rispetto all’interesse dello stesso a regolarizzare la propria permanenza in Italia. È previsto infatti un divieto di segnalazione alle autorità da parte dei sanitari che abbiano in cura lo straniero irregolare, in modo tale che sia garantita una protezione effettiva della persona e della sua integrità”. Tutto ciò fatto salvo per quei casi in cui si prefigura un reato penale. Banalmente significa che se un operatore sanitario soccorre o cura una persona che ha in quel momento commesso un omicidio o tentato tale, deve avvisare le autorità.

L’assistenza allo straniero non regolare poi deve comunque essere registrata. Per mantenere l’anonimia della persona viene rilasciata la tessera STP, cioè Straniero Temporaneamente Presente. Di fatto quindi viene assegnata una specie di tessera sanitaria che assicura l’anonimato allo straniero attribuendogli un codice identificativo, riconosciuto sul territorio nazionale, valido per la prescrizione e la registrazione di tutte le prestazioni sanitarie erogate.

Questa tessera vale sia per i cittadini stranieri extracomunitari senza permesso di soggiorno, sia per gli indigenti, cioè coloro i quali sono privi delle risorse economiche sufficienti.

Per ottenere la Tessera STP è necessario recarsi presso lo Sportello del Distretto di appartenenza con la certificazione di cure necessarie, rilasciata dal medico specialista dell'Asl o Ulss. In caso di ricovero ospedaliero urgente invece, la tessera STP viene rilasciata dall'accettazione ospedaliera.

Il diritto alla salute quindi, almeno in Italia, è di tutti. Spesso diamo per scontato il nostro servizio sanitario nazionale che, nonostante gli innumerevoli casi di sfruttamento per fini personali dello stesso,  nonostante le migliorie che potrebbero essere applicate, è un’eccellenza a livello mondiale.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012