SCIENZA E RICERCA

Problem solving? Assumi un filosofo

“Come dice Hegel, la filosofia permette di passare dal noto al conosciuto. Insegna ad analizzare le situazioni in maniera non unilaterale, ad assumere uno sguardo più critico e onnicomprensivo. Aiuta a tenere conto di punti di vista diversi da quello che inizialmente si assume rispetto a specifici concetti”. Ad affermarlo è Michela Bordignon, assegnista di ricerca all’università di Padova e vincitrice del premio di studio “Milla Baldo Ceolin”, convinta del fatto che proprio una formazione di tipo filosofico possa essere spesa non solo in ambiente accademico, ma anche nel settore privato. Un’opinione decisamente controcorrente quella della giovane studiosa, che sembra opporsi al tradizionale cliché della scarsa spendibilità degli studi umanistici.  

Secondo la ricercatrice non è un caso che molti scienziati mostrino forti interessi filosofici: la filosofia è una scienza in grado di mettere in dubbio i propri stessi presupposti e forse proprio per questo è una disciplina più scientifica delle scienze particolari. “Avere una formazione filosofica alle spalle – continua – ti permette di individuare un problema, avere ben chiare le soluzioni possibili e scegliere la via più efficace”. E ciò perché si è abituati a ragionare in questo modo a livello astratto. Bordignon entra nel merito. “Io mi occupo di filosofia teoretica. Studiando La scienza della logica di Hegel mi sono imbattuta nel concetto di ‘limite’. Ho dovuto spiegarlo, capirne la struttura, analizzarlo da punti di vista differenti esaminando le implicazioni che le diverse posizioni comportavano. Un limite può separarci da qualcosa, ma anche metterci in relazione con qualcos’altro”. E questo modo di procedere si può applicare alla vita di ogni giorno, a come noi concepiamo i limiti (nel caso specifico) in un contesto sociale, culturale. E professionale. Si tratta di una impostazione mentale che può costituire una potenzialità. “Il problema risiede nel fatto che il mondo del lavoro, soprattutto nel nostro Paese, sembra non averlo ancora capito. Ma spero che la situazione cambi”.

In Brasile, racconta, sembra esserci maggiore apertura in questo senso. Qui con un dottorato in materie umanistiche è molto più semplice trovare un lavoro anche al di fuori dell’ambiente accademico. In Sud America Michela Bordignon ha trascorso un periodo tra il 2013 e il 2014 con un contratto di ricerca e didattica alla Pontifícia Universidade Católica do Rio Grande do Sul di Porto Alegre. In valigia una laurea triennale in filosofia, una specialistica, un dottorato. Era stata notata e apprezzata due anni prima a un congresso di studi hegeliani. In Brasile nessuno possedeva competenze scientifiche sulla scienza della logica di Hegel e Argermir Bavaresco per questa ragione si è rivolto alla giovane studiosa che da tempo si dedicava invece a tali argomenti. “Io mi occupo di contraddizioni – spiega Michela Bordignon – In particolare del problema della contraddizione in Hegel. Mi sono innamorata della filosofia hegeliana all’inizio della mia carriera universitaria durante i corsi di Franco Chiereghin, uno degli studiosi più importanti della scuola padovana sulla filosofia classica tedesca”. Bordignon si è confrontata con gli interpreti della tesi hegeliana, costruendo poi una propria linea interpretativa. A essere considerata innovativa, tuttavia, è soprattutto la sua capacità di mettere efficacemente in discussione il confine disciplinare tra filosofia continentale e analitica. Negli ultimi due anni, infatti, la ricercatrice si è dedicata al confronto tra la tesi hegeliana sulla contraddizione e alcune teorie logiche del dibattito contemporaneo che ammettono la verità delle contraddizioni. Ha cercato di stabilire un dialogo tra i filosofi cosiddetti continentali come Hegel e i filosofi analitici, che affrontano la medesima questione in modi che presentano affinità, ma anche differenze significative. Due mondi finora separati. “Sto lavorando alle due diverse modalità di approccio, alle interazioni che tra di esse esistono – illustra Bordignon – Sto cercando di vedere quali possono essere le relazioni e le conseguenze che derivano da queste relazioni. Si tratta di buttare giù qualche muro tra diversi gruppi di ricerca che spesso rimangono distanti tra di loro”.

Oggi la giovane ricercatrice lavora al dipartimento di Filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata in un gruppo coordinato da Luca Illetterati, Francesca Menegoni, Antonio Nunziante, Gabriele Tomasi. I progetti per il futuro non mancano, con un desiderio su tutti: continuare a svolgere la propria attività in Italia con i suoi colleghi, pur senza precludersi alcuna alternativa. “Per proseguire su questa strada è necessario accedere ai finanziamenti europei o, in alternativa, andare all’estero e io cerco di tenermi aperte entrambe le porte. Vorrei continuare a collaborare con i colleghi sudamericani e riuscire a tornare in Brasile per la fine di quest’anno, dato che stiamo già lavorando ad alcuni progetti insieme”. Emerge dalle parole di Michela Bordignon l’importanza della dimensione internazionale della ricerca soprattutto nel settore degli studi filosofici, pur con tutte le difficoltà che una scelta professionale di questo tipo comporta sul piano personale e familiare specie per una donna. La collaborazione su scala mondiale, tuttavia, permette di incrociare diversi modi di fare ricerca, contributi diversi, idee nuove. Anche semplicemente utilizzare una lingua differente dalla propria può offrire una prospettiva più originale sulle questioni da affrontare.

“È importante attrarre studiosi dall’estero – sottolinea Bordignon –  ma per fare questo serve un lavoro di sensibilizzazione che dobbiamo condurre in prima persona andando all’estero e facendo conoscere cosa si fa in Italia, a Padova in particolare, e quali sono le opportunità che può offrire il nostro Paese. Nella nostra esperienza questo atteggiamento sta dando i primi frutti, dato che molti colleghi hanno manifestato l’interesse di venire a Padova. Oggi si parla spesso di ‘cervelli in fuga’. Personalmente preferisco parlare invece di ‘cervelli in movimento’ ”. Dentro e fuori dai confini nazionali. Ma anche dentro e fuori dalle mura dell’università.   

M. Pa.

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