UNIVERSITÀ E SCUOLA

Rastelli, il cardiochirurgo appassionato all'uomo

“Anche se sai di avere pochi minuti per la visita all’ammalato, entra, siediti accanto a lui, sorridi, prendigli la mano. Incontralo come fratello di un comune destino, non come un numero o come un carcerato dell’ospedale. Incontralo in Cristo. L’ammalato è l’altro da servire”. È racchiuso in queste poche parole il sentire umano, prima ancora che professionale, di Giancarlo Rastelli, cardiochirurgo riconosciuto a livello internazionale per le sue ricerche, che alla pratica medica univa una forte vocazione. A questa figura di medico brillante e uomo di profonda spiritualità, in questo giorni all’università di Padova sono dedicati una mostra, un convegno e un incontro con la figlia Antonella Rastelli che racconterà gli aspetti più intimi della sua vita.

Figlio di un giornalista e di una maestra elementare, Rastelli nasce a Pescara nel 1933 e si trasferisce una decina di anni dopo a Parma. Nel 1957 si laurea in Medicina e Chirurgia con il massimo dei voti e la sua tesi dal titolo Changes in ATPase activity of the myocardium during deep hypothermia viene premiata come la migliore dell’anno. Fin dai tempi dell’università si distingue per la sua intelligenza, la curiosità, il metodo e la profonda umanità. “La cosa che di lui stupiva di più era la capacità di memoria – ricorda Tiberio D’Aloia, compagno di università di Rastelli –. Non era da invidiare: era un uomo superiore alla media e chi lo sapeva non lo invidiava mai. Capiva le cose prima degli altri… Lui non era uno che studiava tutto: studiava quello che la sua personalità gli dettava”. E continua Piero Doninelli: “Gian mi ha insegnato un metodo di studio sistematico per affrontare gli argomenti medico-scientifici. Io ero molto più dispersivo, analitico e affogavo nei particolari”.

Nei quattro anni successivi alla laurea Rastelli lavora come assistente nella Clinica chirurgica I di Parma sotto la guida del chirurgo toracico Antonio Bobbio e diventa secondo medico di Polesine Parmense. È un periodo in cui conduce studi assidui sulla diagnostica delle patologie cardiopolmonari che gli valgono numerose pubblicazioni scientifiche. Grazie a questa intensa attività nel 1961 ottiene una borsa di studio della Nato. Rastelli si trasferisce a Rochester in Minnesota, alla Mayo Clinic nei laboratori di ricerca cardiovascolare diretti dal professor H.J.C. Swane, e inizia una brillante carriera che lo porta nel 1968 ad assumere l’incarico di responsabile della ricerca in Cardiochirurgia. Nonostante i successi, gli ostacoli non mancano. Di ritorno dal viaggio di  nozze, nel 1964, gli viene diagnosticato il linfoma di Hodgkin, malattia che non gli impedisce però di continuare a vivere normalmente. Una parola, “normalità”, che riecheggerà nel corso di tutta la sua vita. “Un giorno – racconta John W. Kirklin – egli venne nel mio ufficio e disse che aveva il morbo di Hodgkin. Me lo disse mostrando quasi la stessa emozione che avrebbe avuto se avesse dovuto dirmi che il nostro densitometometro non funzionava correttamente. Una specie di tacito patto si instaurò tra noi, di non parlare di questo male, a meno che non vi fosse una urgentissima necessità di farlo”. Soffre, Rastelli, ma non lo lascia trasparire. Continua a lavorare, dedicandosi ancor più strenuamente alla ricerca: “Far cessare la ricerca è far cessare la vita”.

A Rastelli va il merito di aver introdotto due nuove procedure chirurgiche di intervento per malformazioni congenite al cuore e una nuova classificazione del canale atrio-ventricolare completo con importanti conseguenze in quest’ultimo caso in ambito terapeutico: conoscere in modo preciso l’anatomia valvolare, infatti, significava ridurre la mortalità operatoria.

Le sue abilità chirurgiche diventano ben presto note e molti bambini cardiopatici italiani con le loro famiglie affrontano lunghi viaggi in America per affidarsi alle sue cure, spesso con grandi difficoltà economiche. Essendone consapevole Rastelli aiuta chi ne ha bisogno facendo collette, autotassandosi o ospitando i genitori nella sua casetta di legno. Lo stesso accade quando, periodicamente, rientra a Parma: il suo ritorno è un “tam tam di salvezza”, gli vengono sottoposti tutti i casi più difficili e il medico visita i pazienti gratis nel suo ambulatorio di via Mazzini. Quando il 2 febbraio 1970 muore, al Methodist Hospital di Rochester parlano di lui come di un mito.

Per approfondire aspetti noti e meno noti della sua biografia, attraverso stralci di lettere scritte dallo scienziato e testimonianze di amici e colleghi che l’hanno conosciuto, è possibile visitare in questi giorni  e fino al 29 marzo 2018 la mostra La prima carità al malato è la scienza. Giancarlo Rastelli: un cardiochirurgo appassionato all'uomo, allestita nella biblioteca dell’Istituto di Anatomia patologica e organizzata da Rita Andreuzza, Giacomo Federici e Maria Pajola, tre studenti di Medicina dell’università di Padova, con il contributo del dipartimento di Scienze cardiologiche toraciche e vascolari. “Quello che ci ha colpito di questo medico – racconta Rita – è stato non solo l’aspetto scientifico, ma la grande umanità”. E proprio la profonda umanità, la fede e l’atteggiamento di carità verso il malato sono alcuni dei tratti di Rastelli che hanno spinto la Santa Sede a concedere il nulla osta per l’avvio della causa di beatificazione. L’esposizione è già stata allestita a Monza, a Parma, a Bologna e a Roma sempre su iniziativa di studenti universitari. A Padova sono stati coinvolti circa 30 studenti che durante la mostra si alterneranno per rispondere alle curiosità dei visitatori. Sarà invece Antonella Rastelli a soffermarsi, la sera del 27 marzo, sugli aspetti più intimi della vita del padre. E sempre a Rastelli è dedicato quest’anno il 37oCorso di aggiornamento in Cardiologia pediatrica, che prevede un’intera sessione dedicata al celebre cardiochirurgo.

 Monica Panetto

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