UNIVERSITÀ E SCUOLA

La robotica entra in classe

Tra il 2009 e il 2014, stando a un rapporto curato da Eurydice Italia, nel nostro Paese il tasso di abbandono scolastico precoce nei giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni è sceso dal 19,2% al 15%. Il traguardo nazionale del 16% è dunque stato raggiunto e superato, ma è ancora lontano dagli obiettivi fissati dalla strategia Europa 2020 che mira ad abbassare la soglia al di sotto del 10%. In Italia manca ancora una strategia globale di intervento. La strada indicata a livello europeo, con la Raccomandazione del Consiglio del 28 giugno 2011, per far fronte al problema dell’abbandono scolastico in modo efficace ruota attorno a tre tipologie di azioni: si va dalle misure di prevenzione volte a ridurre il rischio di abbandono scolastico prima che i problemi sorgano, alle misure di intervento che forniscono un sostegno mirato a studenti a rischio di abbandono, fino alle misure di compensazione che aiutano chi ha abbandonato precocemente la scuola a riavvicinarsi allo studio, ottenendo magari anche una qualifica professionale. In questo senso molti Paesi hanno già avviato ad esempio attività di supporto linguistico ad allievi stranieri o di sostegno a ragazzi con scarso rendimento scolastico; hanno intrapreso politiche di integrazione sociale e di riduzione della ripetenza e sviluppato nuove attività extracurriculari. È proprio in questo contesto che si colloca il progetto pilota RoboESL (Robotics-based learning interventions for preventing school failure and early school leaving) finanziato dalla Comunità europea sui fondi Erasmus+ e avviato qualche mese fa, che vede capofila il liceo scientifico “Enrico Fermi” di Genova e a cui collabora anche l’università di Padova.

L’obiettivo del programma è di valutare le “potenzialità della robotica per lo sviluppo di attività extracurriculari di apprendimento costruttivista che aiutino i ragazzi a rischio di fallimento o di dispersione scolastica a sviluppare le proprie capacità creative, ad aumentare l’autostima, a motivare il loro interesse per la scuola e soprattutto a incoraggiarli a non abbandonare gli studi”. Di robotica educativa, utilizzata cioè come strumento didattico multidisciplinare, si parla ormai da una decina d’anni. La direttiva del Miur n. 93 del 2009 nel trattare il potenziamento e l’ampliamento dell’offerta formativa cita esplicitamente progetti di robotica educativa “finalizzati alla risoluzione di problematiche di tipo costruttivo e di programmazione”. In sostanza vengono utilizzati kit di costruzione e programmazione a scopo didattico che mostrano numerosi vantaggi in termini di apprendimento attraverso la scoperta, capacità di problem solving, sviluppo del pensiero critico e spirito collaborativo. Ma non solo. Questi percorsi educativi infatti aumentano la motivazione, il coinvolgimento e producono conoscenza in modo attivo e non passivo. Alla base di questa metodologia didattica stanno le teorie di pedagogisti come Seymour Papert, Jean Piaget e il project-based learning, l’apprendimento basato sul progetto. All’università di Padova è ormai alle porte la quarta edizione del corso di apprendimento permanente per insegnanti Introduzione della robotica educativa nella didattica scolastica istituzionale che finora, sottolinea Emanuele Menegatti del dipartimento di Ingegneria dell’informazione che tiene alcune delle lezioni, ha già preparato più di 100 insegnanti. Non si tratta di insegnare robotica, precisa, ma di utilizzare il robot come strumento didattico per insegnare matematica, fisica, informatica: “Abbiamo avuto addirittura dei docenti di lettere che hanno utilizzato il robot per approfondire la loro materia”.

Fino a questo momento però la robotica educativa sembra aver avuto un impiego “limitato” a determinate tipologie di allievi. “Solitamente – spiega Michele Moro del dipartimento di ingegneria dell’informazione e referente del progetto per l’università di Padova – gli strumenti robotici vengono utilizzati in attività extracurriculari con studenti in eccellenza e prevedono anche competizioni. La gara vera e propria con i robot viene associata a un progetto scientifico, a una presentazione di carattere tecnico scientificamente fondata”. Ora invece con RoboESL obiettivi e destinatari cambiano. Il progetto infatti intende impiegare il valore educativo della robotica, utilizzata come strumento didattico, e il notevole grado di attrazione che questa esercita sui giovani per recuperare una attitudine positiva verso la scuola da parte dei ragazzi del primo biennio delle superiori in difficoltà o a rischio di abbandono. 

“Il progetto prevede innanzitutto la formazione degli insegnanti coinvolti – spiega Moro –. Il primo corso si è svolto a febbraio ad Atene e il secondo si terrà a giugno. Ora i docenti stanno conducendo nelle scuole di appartenenza le prime sperimentazioni nei gruppi di studenti selezionati secondo i criteri indicati”. E i primi risultati sembrano essere promettenti.

“La risposta degli studenti è stata molto positiva – sottolinea Erica Sozzi referente del progetto con Giovanni Massidda per il liceo “Enrico Fermi” di Genova –. Già dal primo incontro i ragazzi si sono dimostrati entusiasti. Anche chi solitamente è più passivo durante le attività curriculari è apparso molto partecipe e ha addirittura svolto compiti ulteriori rispetto a quelli proposti”. Le attività che vengono proposte vertono principalmente su discipline tecnico-scientifiche, ma si prestano anche ad approfondimenti in altre materie di studio. Uno dei percorsi, ad esempio spiega Sozzi, prevede la programmazione di robot che simulano il movimento di un treno, di una metropolitana nelle diverse stazioni: l’esercizio richiede l’applicazione di concetti fisico-matematici ma può evidentemente inserirsi nel contesto più ampio della storia dei trasporti e di sviluppo delle città.

Il programma RoboEsl si pone come obiettivi generali l’articolazione di dieci progetti didattici di robotica educativa interdisciplinare che saranno resi disponibili gratuitamente on line a docenti e studenti, lo sviluppo di un portale web che intende favorire la collaborazione tra gli allievi e tra gli insegnanti, e la realizzazione di un curriculum per corsi di formazione per insegnanti. Senza contare le conferenze internazionali previste nel corso dei due anni in cui si svolgerà il progetto, che hanno lo scopo di divulgare risultati ed esperienze. La prossima è prevista ad Atene nel mese di novembre (per partecipare scrivere a erasmus@fermi.gov.it).        

Monica Panetto

 

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