SOCIETÀ

Scuole di lingue, scuole di pace

“Accettai di insegnare italiano a Luxor per sostituire un amico che doveva rientrare in Italia”. È il 2000, Benedetta Sala, trevigiana laureata in Scienze politiche a Padova, si mette in viaggio. “Luxor è una meta scelta da inglesi e tedeschi per svernare, una volta arrivata lì mi accorsi subito della necessità di organizzare dei corsi di arabo per i tanti residenti stranieri. Allora iniziai a pensare a un progetto in accordo con l'istituto dove già insegnavo italiano”. Egitto, Giordania, Marocco: la prima scuola a Luxor nel 2001 (l’anno dell’11 settembre, del crollo delle Torri Gemelle), la prossima aprirà nel 2016 a Tunisi (un’apertura programmata da tempo che, vista oggi, assume i contorni di una reazione di pace all’attacco del 18 marzo scorso). In mezzo, Alessandria, Il Cairo, Amman, Rabat, Casablanca. E anche una italiana: Savona. 

In 15 anni, Sala ha creato la rete di scuole Ahlan, che in arabo significa salve. “Tutti i centri promuovono la lingua per costruire ponti e favorire una maggiore comprensione tra le culture – spiega – Per noi la lingua è uno strumento, non un fine. Per questo lanciamo iniziative, in collaborazione con le organizzazioni locali, ong e istituzioni straniere, che permettano agli studenti di conoscere l'arabo entrando in contatto con le comunità locali che lo parlano. Ora, più che mai, è necessaria la comprensione tra i paesi arabi e il resto del mondo”.  

Un progetto che oggi dialoga con le università di tutto il mondo. 

Ho iniziato a contattare le università europee fin dall’inizio, con la prima scuola a Luxor. Poi le alte temperature del Sud dell'Egitto mi hanno spinta a cercare una meta con temperature più sopportabili per organizzare i corsi estivi e ho cercato una sede ad Alessandria d'Egitto. Poi, mentre mi trovavo ad Alessandria, ho capito che c’era la necessità di corsi di italiano per locali e ho aperto una doppia scuola: arabo al mattino e italiano la sera. Con il tempo mi sono accorta che quello che avevo tra le mani era prezioso e la rete di collaboratori aumentava. Reinvestivo tutto quello che guadagnavo, volevo crescere. Nel 2006 ho creato una vera e propria impresa con più sedi aperte gradualmente: Il Cairo, Amman, Rabat, Casablanca e, nel 2016, si aggiungerà Tunisi. Ci sono oltre settanta dipendenti e molti progetti da realizzare. Due anni fa ha aperto anche Ahlan Italia, che ha sede a Savona, e propone corsi di arabo e altre lingue, soprattutto ai bambini.

Quale la filosofia alla base di Ahlan?

Negli anni ho capito che la filosofia alla base del progetto si può riassumere in una parola: ponte. Tra lo straniero che arriva da noi e il locale - egiziano, giordano o marocchino -, che frequenta i nostri corsi serali, abbiamo strutturato dei tandem, ovvero una regolare possibilità di incontro e scambio tra studenti. Da regolari dibattiti a un semplice tè nella medina, i giovani così dialogano. E dopo gli incontri si continua lo scambio sui social network: le nostre pagine Facebook si riempiono di commenti, impressioni, esperienze. È molto bello.

Chi sono gli studenti dei centri Ahlan, da dove arrivano?

L’80% degli iscritti sono studenti universitari in arrivo da ogni parte del mondo. Molti da Nord Europa e Usa, ma non mancano cinesi, coreani e indiani. Il 20% è formato da adulti che studiano l’arabo nel loro Paese e vengono ad approfondire la lingua. Negli ultimi anni, inoltre, sono in aumento le persone di origine araba che non conoscono l’arabo classico. 

Ha trovato qualche difficoltà nel lanciare questo progetto? Intendo, in quanto donna prima di tutto e, poi, in quanto italiana intenzionata a lavorare con la lingua araba.

Le difficoltà iniziali erano dettate soprattutto dalla mia ignoranza e, quindi, dal fatto che mi sono inventata manager. Nel 2009 poi ho seguito dei corsi specifici alla Cattolica e ho capito che c’era molto da imparare. Adesso invece il progetto si è trasformato in una reale impresa e non incontra ostacoli perché, in genere, l'altra parte del Mediterraneo apprezza l’europeo che “fa business”: viene considerato serio e affidabile. Donna o uomo è lo stesso. La burocrazia infine è facile e veloce.

Quale il clima oggi in quei territori? Le attività delle scuole continuano o risentono della tensione?

In Egitto adesso si lavora poco e il clima è molto teso, però Giordania e Marocco hanno una vera e propria espansione, lo studente di lingua araba sceglie ovviamente la sicurezza. In Egitto adesso stiamo lavorando con i corsi serali e attendiamo che, un po’ alla volta, si abbassi la tensione.

Oggi lei vive a Zagabria. Ha scelto di allontanarsi per una questione di sicurezza?

In Egitto, dove ho vissuto dodici anni, ho addirittura partorito dopo la rivoluzione. Dopo così tanti anni il Paese lo sento quasi mio. Se mi chiedono da dove vengo, dico sempre che un quarto di me è arabo: è una questione di famiglia, perché mio nonno aveva imparato l'arabo durante la guerra in Libia, è lui il mio quarto! Con la Primavera araba le cose sono cambiate radicalmente. Sono persino dovuta scappare con la famiglia a bordo di un aereo speciale di Edison, multinazionale per la quale lavora il mio compagno, perché uscire di casa era diventato impossibile, con continue sparatorie in strada. Ora vivo a Zagabria perché ho seguito il mio compagno che si è spostato per lavoro e da qui, per le scuole, mi occupo dello sviluppo dei nuovi mercati e degli accordi con università europee e americane. Viaggio, comunque, regolarmente soprattutto per visitare le nuove sedi.

Pochi giorni fa l’attacco a Tunisi. Questo episodio fa vacillare il progetto del 2016?

Il nostro progetto si farà, la scuola aprirà. L’intenzione è quella di creare vari corsi per i locali, svecchiando il sistema e partendo dai bambini: un po’ quello che facciamo nelle altre sedi con i corsi rivolti ai piccoli, che apprendono le lingue straniere attraverso il metodo learning by doing e tante belle attività di pasticceria, ginnastica e teatro in inglese.

Francesca Boccaletto

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