Di certo non capita tutti i giorni di poter incontrare l’autore di quelle teorie che sono state al centro delle lezioni per mesi all’università. Capita ancora più di rado potergli porre domande e dubbi che le stesse teorie hanno fatto nascere. Un’opportunità più unica che rara quella che Annalisa Oboe, prorettrice alle relazioni culturali, sociali e di genere, ma anche professoressa di letteratura inglese e di studi postcoloniali, ha voluto dare ai suoi studenti: incontrare Homi K. Bhabha e porgli alcune domande.
Infatti, in occasione della lecture in calendario per BoCulture, Homi K. Bhabha ha dedicato quasi un’ora alle domande che gli studenti hanno voluto porgli. Il teorico del postcolonialismo e professore di Harvard ha parlato a lungo con circa 15 studenti riguardo il suo rapporto, personale e culturale, con gli altri autori delle teorie studiate in aula, ma anche riguardo la sua vita privata e i suoi ambiti di studi, passati, presenti e futuri. Brexit, elezioni statunitensi, situazione economica, e studi di genere, sono stati solo alcuni dei temi toccati, insieme alle sue più famose teorie, tra cui il “terzo spazio”.
La teoria critica postcoloniale, e più in generale gli studi postcoloniali, nascono nel 1978 con la pubblicazione del testo Orientalismo di Edward Said. Negli anni Ottanta e Novanta questo diventa un ambito di studio molto composito, una costellazione di input che vengono da varie discipline umanistiche (storia, filosofia, sociologia, antropologia e letteratura). Non si può parlare di una filosofia, ma piuttosto di un pensiero critico che si focalizza sul mondo e su come questo si è sviluppato dall’era coloniale in poi. L’oggetto di interesse, quindi, degli studi postcoloniali, è quella realtà che vediamo anche oggi, in cui le storie sono tutte intrecciate e i mondi sono tutti concatenati. Non esiste più una cultura che non sia venuta in contatto con altre culture e, come dice lo stesso Bhabha, questo punto di contatto è il luogo di crescita, perché la cultura cresce nell’incontro con l’altro.
Uno dei contributi più importanti di questi studi è di aver evidenziato come la colonizzazione, e ancora prima la schiavitù e la tratta atlantica, ha messo in contatto culture diverse, creando mondi fatti di frontiere ma anche di interstizi e zone di passaggio, ponendo così le basi per l'attuale assetto globale. Proprio in questi spazi “terzi” si è creata una cultura ibrida, “meticcia”, e con delle potenzialità enormi per pensare al futuro. In questo senso gli strumenti di analisi forniti dagli studi postcoloniali, anche attraverso il pensiero di Homi K. Bhabha, non hanno solo una valenza storica, ma sono utili per leggere e comprendere le complessità del nostro presente.