SCIENZA E RICERCA

Tumori: scoperto un killer solo per le cellule malate

Considerati i primi risultati, la ricerca potrebbe aprire la strada a una nuova terapia antitumorale con l’impiego di farmaci capaci di agire attivamente “uccidendo” le cellule cancerose. Il lavoro, coordinato da Ildiko Szabo del dipartimento di Biologia dell’università di Padova, è stato pubblicato su Cancer Cell.

I ricercatori in pratica hanno disegnato e sintetizzato dei composti in grado di bloccare farmacologicamente il funzionamento del canale ionico Kv1.3 che permette il passaggio di ioni potassio attraverso membrane biologiche. Si tratta di una proteina altamente espressa in vari tipi di tumori e presente nei mitocondri che sono ottimi bersagli nella cura dei tumori: oltre a essere le centrali energetiche della cellula, hanno un ruolo importante nel determinare il destino delle cellule cancerose. Quando si va infatti a inibire l’azione di Kv1.3, le funzioni dei mitocondri vengono alterate causando livelli molto elevati di stress ossidativo nelle cellule malate: gli esperimenti condotti in vitro hanno dimostrato che i nuovi composti portano alla morte le cellule tumorali, anche se resistenti ai chemioterapici classici, mentre le cellule sane vengono risparmiate.

“Le nuove sostanze – spiegano i ricercatori – eliminano quasi del tutto le cellule B leucemiche, ottenute da pazienti affetti da leucemia linfatica cronica, una delle leucemie più diffuse nel mondo occidentale. Nel sangue dello stesso paziente solo i linfociti B patologici vengono eliminati, mentre i linfociti T sani,   importanti per la difesa immunitaria, rimangono inalterati, dimostrando l’azione selettiva dei composti verso le cellule tumorali”. Questi nuovi composti dunque non hanno tossicità, non alterano i tessuti sani né la funzione del sistema immunitario, sono in grado di “aggirare” le mutazioni di alcuni oncosoppressori e riescono ad agire su cellule resistenti ad altri chemioterapici.  

Gli scienziati hanno conseguito risultati promettenti anche su modelli tumorali di topo, sia per il melanoma che per l’adenocarcinoma del dotto pancreatico, due tumori con prognosi difficile. Nel primo caso hanno ottenuto una riduzione del volume tumorale del 90%, nel secondo caso del 60%.  Non è stato inoltre riscontrato alcun effetto collaterale nei topi, ma anzi sono state preservate le funzionalità cardiache e immunitarie che spesso invece risultano compromesse in seguito ai cicli di chemioterapia.

“Ora – aggiunge Ildiko Szabo – stiamo cercando di mettere a punto una terapia di combinazione con varie altre sostanze per riuscire a eliminare anche le cellule cancerose staminali. Queste infatti sono a lenta proliferazione, possono stare nell’organismo anche per cinque anni e dare luogo a metastasi in un secondo momento dopo la prima cura: una terapia in grado di eliminarle risulterebbe pertanto più risolutiva”.

Se i primi risultati sono promettenti, è ancora presto tuttavia per parlare di veri e propri nuovi farmaci. La sostanza sintetizzata dovrà essere sottoposta a una fase di sperimentazione preclinica e testata su un ampio numero di animali, sottolinea la docente. Solo poi, come avviene per ogni farmaco, ha inizio la sperimentazione clinica nel corso della quale il principio attivo viene testato sui pazienti. Si tratta di un iter lungo, che richiede circa una decina d’anni. E, nel caso specifico, molto dipenderà dai finanziamenti che si riusciranno a ottenere e dall’interesse dell’industria farmaceutica. 

“È stato un grande lavoro di squadra – tiene a precisare la docente – che ha visto lavorare fianco a fianco molti scienziati padovani”. Hanno contribuito alle indagini ricercatori del dipartimento di Scienze chimiche, di Scienze biomediche, di Medicina dell’ateneo, oltre al Venetian Institute of Molecular Medicine e all’istituto di Neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Padova. Dall’estero, oltre ad alcuni scienziati dell’università del Cincinnati, hanno partecipato alla ricerca due gruppi di ricercatori tedeschi dell’università di Kiel e Duisburg-Essen. Con loro i padovani hanno collaborato per esaminare l’azione dei nuovi composti sui tumori al pancreas e per indagare gli effetti collaterali sul sistema immunitario.  

La ricerca è stata finanziata dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, dall’università di Padova, dal Miur, oltre che dalla Regione Veneto, dall’European Molecular Biology Organization e dal Marie-Curie European training network.

M. Pa.

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