SOCIETÀ

Unioni civili e matrimonio: prove di convivenza

Sette maggio 2015: scade il termine per presentare emendamenti al disegno di legge sulle unioni civili e le convivenze, già approvato in Senato dalla commissione Giustizia. Da quel momento entrerà nel vivo il dibattito sul primo testo normativo che, su questo tema, abbia mai ricevuto il placet di un organo del Parlamento italiano. Dopo la pubblicazione delle nuove disposizioni che semplificano e abbreviano le procedure per separazione e divorzio, il governo sembra intenzionato a proseguire nel cammino di riforma del diritto di famiglia. Dei ventotto Stati dell’Unione Europea, sono in otto, ad oggi, ad essere privi di una normativa che regoli le convivenze non matrimoniali: Bulgaria, Cipro, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Italia. Il disegno di legge Cirinnà (dal nome della relatrice del testo adottato dalla commissione) si divide in due parti: la prima regolamenta le “unioni civili”, denominazione con cui viene designato il vincolo tra persone dello stesso sesso; la seconda invece disciplina la “convivenza di fatto”, intendendo come tale il “legame affettivo e di reciproca assistenza morale e materiale” che si stabilisce tra soggetti genericamente indicati come “persone maggiorenni” non legate da parentela, affinità, adozione, matrimonio o unione civile.

Iniziamo ad analizzare le differenze: l’unione civile, per essere istituita, richiede una dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni; la convivenza, invece, è riconosciuta come situazione di fatto meritevole, di per sé e senza obblighi formali, di alcune tutele, ma può anche essere registrata con il “contratto di convivenza”, dal quale nascono ulteriori diritti e doveri. Premesso questo, bisogna notare come l’unione civile sia un istituto riservato espressamente alle coppie omosessuali, mentre per i casi della convivenza e del contratto di convivenza non viene in alcun modo specificato quale deve essere il sesso dei soggetti coinvolti: si può quindi ritenere che, secondo l’attuale testo, la disciplina della convivenza sia applicabile tanto alle coppie eterosessuali quanto a quelle omosessuali. Ipotesi confermata, del resto, dall’articolo 18, dove tra le cause di risoluzione del contratto di convivenza si include la “unione civile tra i conviventi”: è quindi prevista l’ipotesi che un contratto di convivenza possa sciogliersi perché i contraenti decidono di dar vita tra loro a un’unione civile, che l’articolo 1 riserva, come si diceva, alle persone dello stesso sesso.

Unione civile e convivenza ricevono, nel disegno di legge, una tutela di intensità molto diversa. In generale, ai partner delle unioni civili vengono applicate tutte le disposizioni vigenti che contengano le parole “coniuge”, “coniugi”, “marito” o “moglie”; e con un successivo decreto legislativo alla parola “matrimonio” seguirà, in ogni disposizione, l’espressione “o unione civile tra persone dello stesso sesso”. Alle unioni civili, invece, non si applicano in genere le norme del codice civile e quelle in materia di adozione: vi sono però alcune eccezioni. Del codice, sono applicate alle unioni civili le norme in materia di diritti e doveri reciproci, rapporti patrimoniali, successione, nullità, scioglimento. Rimangono esclusi, quindi, tra gli altri, gli articoli che attengono al nome  (“matrimonio” rimane una denominazione riservata alle nozze tra eterosessuali), alla forma della celebrazione e delle pubblicazioni. Il legislatore vuole cioè rimarcare l’unicità dell’istituto matrimoniale e la sua netta distinzione rispetto all’unione civile, anche se la disciplina presenta moltissime convergenze. 

Per contrarre unione civile valgono, a pena di nullità, gli stessi impedimenti in vigore per il matrimonio, con l’esclusione del divieto temporaneo che, per gli ex coniugi, è finalizzato a scongiurare nuove nozze in presenza di una gravidanza che derivi dalla relazione conclusa: nel disegno di legge Cirinnà è escluso, qui come in tutto il testo, ogni riferimento alle implicazioni giuridiche del concepimento. Non viene cioè presa in considerazione l’ipotesi che una coppia omosessuale possa essere coinvolta, a qualunque titolo, in progetti genitoriali; questa esclusione, del resto, si estende dalla filiazione biologica a quella adottiva, con un’importante eccezione: l’articolo 5 consente a ciascun componente di coppie legate da unione civile, analogamente ai coniugi, di adottare il figlio (biologico o adottivo) del partner. È inoltre stabilito che ciascun partner dell’unione civile possa scegliere il cognome dell’altro, con la facoltà di conservare anche il proprio. In caso di morte, il cognome del partner dovrà essere mantenuto fino a che non intervenga una nuova unione civile o “nozze”: il legislatore prevede correttamente che il “vedovo” dell’unione civile possa decidere di unirsi a una persona di sesso diverso, poiché qui il termine “nozze” sembra senz’altro riferirsi al matrimonio, riservato, come si diceva, agli eterosessuali. È da rimarcare invece la modifica al codice civile che impedisce di sposarsi a chi sia vincolato a un’unione civile.

La sezione del disegno di legge sulle unioni civili si chiude con una delega al governo alla riscrittura del corpus normativo secondo le innovazioni previste, e alla modifica delle disposizioni in materia di ordinamento dello stato civile. In particolare, la delega dovrà prevedere che i matrimoni tra omosessuali, unioni civili e “istituti analoghi” che vengano contratti all’estero vengano equiparati, in Italia, alle unioni civili; importante è inoltre la delega sulla rettificazione anagrafica di sesso: se uno dei coniugi, in vigenza di matrimonio, cambierà sesso, l’istituto verrà automaticamente convertito in una unione civile, a meno che i partner non decidano di sciogliere il vincolo.

Più limitata, ma molto rilevante e innovativa, è la tutela che il disegno di legge garantisce alle convivenze, etero od omosessuali. La sola convivenza di fatto, non registrata, è fonte, si diceva, di una serie di diritti e doveri. Questo implica la necessità di adottare criteri univoci su come accertare l’inizio dello status di convivente. Il disegno di legge si richiama agli articoli 4 e 33 del dpr 223/1989: l’articolo 4 individua la famiglia anagrafica come un insieme di persone, legate da specifici vincoli, che siano “coabitanti” e che abbiano “dimora abituale nello stesso comune”. L’articolo 33, invece, prevede il rilascio delle certificazioni di stato di famiglia: anche ai conviventi, dunque, dovrà quindi essere garantita una specifica attestazione.

La convivenza di fatto comporterà alcuni specifici diritti identici a quelli previsti per i coniugi: nel caso di malattia o ricovero del convivente vi sarà diritto di visita e assistenza e di accesso ai dati personali; verranno garantiti i diritti previsti nell’ordinamento penitenziario per marito e moglie; ciascuno dei conviventi potrà delegare l’altro a rappresentarne la volontà, sia in caso di malattia che comporti incapacità, sia in caso di morte, riguardo agli atti di disposizione del corpo e delle disposizioni sul funerale. Il convivente di fatto può abitare nella casa del partner, se questo muore, per un numero di anni pari alla durata della convivenza; può succedere nella locazione stipulata dal convivente, se questo muore o scioglie in anticipo il contratto; consegue il diritto di abitazione a vita sulla casa dell’ex partner, se questo muore e la convivenza ha comportato il possesso comune ultraventennale dell’immobile. La convivenza di fatto comporta anche obblighi successivi alla sua cessazione; analogamente alle norme sul matrimonio, per l’ex partner economicamente più debole è previsto un assegno di mantenimento, o gli alimenti, per un periodo pari alla durata della convivenza: i presupposti sono gli stessi previsti per le altre categorie già tutelate dal codice civile.

Se ai partner non sembrano sufficienti le tutele previste per le convivenze di fatto, il disegno di legge prevede la possibilità di stipulare un vero e proprio contratto di convivenza, da redigere (a pena di nullità) in forma scritta davanti a un notaio. Il contratto lascia ampia libertà ai conviventi di definirne il contenuto: “può” prevedere i termini in cui ciascuno contribuisce ai mezzi per la vita in comune (ma “in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo”) e l’opzione per il regime della comunione dei beni come per il matrimonio (regime sempre modificabile durante la convivenza). Il contratto di convivenza si può sciogliere, ma non può essere stipulato per un periodo predeterminato, né essere sottoposto a condizione. Il contratto è nullo nel caso sia stipulato da minorenni, da persone già vincolate da matrimonio, unione civile o altro contratto di convivenza, da persone legate da parentela o affinità o adozione, da interdetti giudizialmente o condannati per omicidio tentato o consumato sul partner.

Quanto alla fine della convivenza, il contratto si risolve automaticamente se muore uno dei conviventi, oppure se i partner si sposano o contraggono un’unione civile, tra loro o con un’altra persona. Il contratto si può inoltre risolvere, per iscritto e davanti a un notaio, di comune accordo o per volontà unilaterale: nel caso del recesso di una parte, però, la volontà va trasmessa dal notaio al partner, a cui vanno anche concessi almeno trenta giorni di tempo per lasciare la casa comune (se è nella disponibilità esclusiva dell’altro convivente). I contratti di convivenza stipulati all’estero, che coinvolgano almeno un cittadino italiano, sono soggetti alla legge italiana (qui si porrà il problema, per le coppie omosessuali, di come recepire in Italia gli atti non matrimoniali stipulati in altre nazioni: se come convivenze o unioni civili). Ai contratti stipulati in Italia, se coinvolgono cittadini stranieri, si applica la legge nazionale dei contraenti. Ai contratti stipulati tra contraenti di diversa cittadinanza si applica, invece, la legge del luogo in cui la convivenza viene registrata. 

La parola passa ora ai partiti: il dibattito in aula si preannuncia intenso, e non è difficile prevedere che rispetto al testo base arriveranno moltissime proposte di modifica.

Martino Periti

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