SCIENZA E RICERCA

Bersagliati dalle zanzare? Potrebbe dipendere dagli acidi grassi emanati dalla pelle

Se siete in mezzo ad un gruppo di persone all’aria aperta all’ora del tramonto in una piacevole serata estiva e avete l’impressione che le zanzare abbiano preso di mira proprio voi è possibile che non abbiate manie di persecuzione infondate ma che sia realmente così.

Alcuni studi scientifici già in passato avevano dimostrato che in effetti ci sono persone che risultano più gradite alle zanzare rispetto ad altre, ma le ragioni non erano ancora del tutto chiare. Spesso, ad esempio, si è fatto riferimento alla possibilità che entrassero in gioco fattori come il gruppo sanguigno, i livelli di zucchero nel sangue o il consumo di alcuni particolari tipi di alimenti e bevande. Tuttavia i meccanismi molecolari con cui determinate caratteristiche o abitudini si traducono in un aumento dell’attrazione da parte delle zanzare sono un ambito di ricerca che è ancora in evoluzione.

Un passo avanti verso la comprensione di cosa porti realmente alcune persone a subire di più i morsi di questo insetto - comune e fastidioso, ma anche il più pericoloso per la salute dell’uomo vista la sua capacità di trasmettere su larga scala malattie letali - arriva da uno studio, da poco pubblicato sulla rivista Cell, secondo cui alla base delle preferenze delle zanzare ci sono gli acidi grassi emanati dalla cute e il profumo ad essi associato.

Il team di ricercatori, guidato da Leslie Vosshall e Maria Elena De Obaldia del Laboratorio di neurogenetica e comportamento della Rockefeller University, ha inizialmente coinvolto otto partecipanti ai quali è stato chiesto di indossare per sei ore al giorno, a più riprese, delle calze di nylon sulle braccia in modo che i campioni si impregnassero dell’odore di ogni volontario.

Successivamente le zanzare - tutte della specie Aedes aegypti, insetti che sono potenziali vettori di Zika, dengue, febbre gialla e chikungunya - sono state poste all’interno di una scatola di plexiglass dalla quale si diramavano, in direzioni opposte, due tubi che conducevano verso altrettante calze di nylon dei partecipanti.

I ricercatori hanno così proceduto con dei confronti a “coppie” arrivando a stilare, dopo tre anni di esperimenti ripetuti sistematicamente, una sorta di classifica dei campioni di nylon (e quindi di persone) verso cui le zanzare si dirigevano più frequentemente. Dallo studio è emerso che la calza di nylon appartenente a uno dei partecipanti (una persona che nello studio ha assunto la denominazione di "soggetto 33") era la più attraente per le zanzare: quattro volte in più rispetto alla seconda calza risultata maggiormente appetibile e addirittura 100 volte in più rispetto all'ultima classificata. Detto in altri termini il soggetto 33 era cento volte più a rischio di morsi di zanzara rispetto all'individuo meno attraente per l'olfatto di questo insetto (il più fortunato "soggetto 19). Un torneo che di sicuro nessuno ha interesse a vincere. 

Il passo successivo è stato cercare di capire quali composti molecolari rendessero il soggetto 33 così appetibile per le zanzare e le analisi chimiche hanno permesso di scoprire che alla base di tutto c'è un maggiore livello di acidi grassi, evidentemente capaci di portare il microbioma della pelle a produrre un odore da cui le femmine di zanzara (le uniche in grado di pungere) sono particolarmente attratte. 

Per irrobustire i risultati della ricerca il team di scienziati ha poi arruolato altre 56 persone, portando così a 64 il totale di individui coinvolti nello studio (in un range di età tra i 19 e i 57 anni e con una maggiore rappresentatività del genere femminile visto che le donne erano 37). Ancora una volta, il soggetto 33 è risultato il prescelto dalle zanzare ed è rimasto così per tutto il tempo, a conferma del fatto che il grado di suscettibilità agli esemplari femmina di Aedes Aegypti rimaneva stabile. Come ha spiegato Maria Elena De Obaldia, "alcuni dei soggetti hanno partecipato allo studio per diversi anni, e abbiamo notato che se erano magneti per zanzare rimanevano tali anche sul lungo periodo". 

Per individuare il bersaglio da pungere, le zanzare possono fare affidamento su un ampio repertorio di recettori sensoriali che rilevano svariate sostanze volatili emesse dal corpo: odori, anidride carbonica, umidità e calore. I ricercatori hanno provato a disattivare con tecniche di ingegneria genetica due tipi di recettori chiave (Orco e IR) creando così zanzare mutanti che fossero sprovviste di questi strumenti chiave con cui captano le prede. L'esito non è stato però quello sperato perché  l'effetto sulla capacità della zanzara di rilevare gli odori percepiti è stato solo parziale e le zanzare sono risultate ancora in grado di discriminare tra due soggetti, un aspetto che secondo gli scienziati è probabilmente dovuto a meccanismi di ridondanza nella rilevazione degli odori della pelle di origine umana. 

Proprio su questo specifico punto si era concentrato un altro recente studio firmato, tra gli altri, da Leslie Vosshall e anch'esso pubblicato sulla rivista Cell. Questo articolo, intitolato Non-canonical odor coding in the mosquito, ha portato a nuove ed importanti scoperte sul "fiuto" delle zanzare, rivelando che hanno un sistema di recettori ridondante e difficile da ingannare. Più nel dettaglio, ogni neurone olfattivo presenta più classi di recettori, e non un tipo solo come si era sempre pensato: questo potrebbe spiegare perché i precedenti tentativi di eliminare i geni chiave per l’olfatto non abbiano impedito alle zanzare di continuare a rilevare (e a pungere) gli esseri umani. 

Se l'estrema resilienza del sistema olfattivo delle zanzare rende difficile ogni intervento volto a depotenziarlo, un'altra possibile strategia potrebbe essere quella di manipolare i microbiomi cutanei, in modo da ridurre l'interesse delle zanzare per i soggetti più vulnerabili. Allo stesso tempo, ha spiegato Vosshall, un altro interesse di ricerca potrebbe essere quello di osservare l'effetto degli acidi grassi su altre specie di zanzare, incluso il genere Anopheles che diffonde la malaria, per capire se i parametri di preferenza siano gli stessi oppure risultino differenziati. 

In attesa che la scienza sviluppi nuove soluzioni in grado di ridurre l'impatto, anche sanitario, delle zanzare (pensiamo, ad esempio, al lavoro che si sta conducendo per cercare di bloccare le capacità riproduttive delle femmine di zanzara Anopheles, responsabili della trasmissione della malaria), sappiamo già che il cambiamento climatico e la crescita dell’urbanizzazione potrebbero portare a una proliferazione dei ceppi di Aedes aegypt che preferiscono succhiare il sangue degli umani al posto di quello di altri animali, come scimmie e roditori. Affinché scatti il “gusto per il sangue umano” nelle zanzare occorre infatti che ci siano tante persone a disposizione da pungere e che le possibili “vittime” si trovino in luoghi con stagioni secche più intense e prolungate. Due condizioni il cui andamento sembra nettamente favorevole alle future generazioni di zanzare. 

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