UNIVERSITÀ E SCUOLA

Norvegia e Olanda vs Italia: sistemi scolastici a confronto

Scuole superiori a confronto: da una parte quella italiana, basata su programmi di studio piuttosto rigidi, che mira a fornire delle solide basi culturali; dall’altra i sistemi educativi che, come nei paesi nordici, sembrano innanzitutto avere l’obiettivo di orientare al lavoro o a una precisa carriera universitaria. Una diversità di approccio che si traduce anche in stili e in modalità organizzative diverse.  Si ha questa impressione parlando con gli alunni e i docenti italiani, olandesi e norvegesi impegnati nello scambio internazionale che ha avuto luogo tra febbraio e aprile che ha coinvolto l’Istituto Barbarigo di Padova e le scuole di Steenwijk in Olanda e di Askim in Norvegia. Il tutto nell’ambito del progetto Comenius: un programma dell’Ue che vuole stimolare l’integrazione europea anche tramite la costruzione di partenariati internazionali tra le scuole.

Tutti gli studenti  e i docenti coinvolti, circa un’ottantina, hanno partecipato a due settimane di scambio: una presso la propria scuola e un’altra presso l’istituto partner, sempre alloggiati in famiglie del posto. Le attività comprendono laboratori didattici e lezioni su un tema concordato ogni anno, svolti interamente in lingua inglese. Scambi utili da un punto di vista didattico, ma che permettono anche di mettere a confronto le caratteristiche dei diversi sistemi scolastici. Anche nello stile d’insegnamento: “L’impressione è che in Italia l’insegnamento superiore sia basato soprattutto sulle lezioni frontali – dice ad esempio Sigrun Danielsen, preside della scuola superiore di Askin –; noi in Norvegia puntiamo molto anche sul lavoro di gruppo e con il computer, oltre ad attività autonome condotte dagli studenti come ricerche e laboratori”.  Conferma Dino Gasparoni, docente di materie storiche e letterarie: “Sia in Olanda che in Norvegia il sistema di insegnamento ha un taglio molto più pratico. Loro però possono anche permetterselo, perché hanno programmi più snelli e specifici. La scuola italiana al contrario tende a dare un bagaglio culturale molto più ricco”. Silvia Peron insegna inglese e spagnolo al Barbarigo: “Quando ospitiamo i ragazzi stranieri all’inizio dobbiamo motivarli a capire e ad apprezzare l’arte, ad esempio se visitiamo un museo o una chiesa. Poi però di solito sono molto contenti”. E il rapporto tra gli studenti? “Ci sono differenze anche lì: spesso in Italia tendiamo quasi a guidarli per mano, mentre nel Nord Europa privilegiano l’autonomia. Attenzione però, perché non sempre funziona: molti ragazzi a questa età si rendono ancora conto di quanto lo studio sia importante”.

Profondamente diversa è anche l’organizzazione per quanto riguarda metodi e programmi. Esther de Groot insegna a Steenwijk: “Da noi i programmi prevedono attività e materie particolari a seconda del livello di preparazione degli studenti: in questo modo l’insegnamento è più focalizzato sugli studenti”. Spiega Jack Lok, insegnante di arte in Olanda: “Dopo un periodo comune i percorsi dei ragazzi più brillanti si differenziano rispetto a quelli degli studenti con un’indole più pratica. Il livello più basso è chiamato Mavo, un diploma che si consegue a 16 anni. Poi c’è un livello intermedio, denominato Havo, che termina a 17 anni; più su ancora c’è il Vwo, l’unico che abilita a proseguire nelle università, che si ottiene a 18 anni e ha programmi simili a quelli dei vostri licei”. Oltre ai livelli ci sono quattro diversi profili o indirizzi: “Due sono orientati su scienza e tecnica, altri due rispettivamente sull’organizzazione o sugli studi culturali. Materie comuni sono lingua olandese, inglese, matematica e studi sociali, mentre le altre dipendono dal percorso e dalle scelte del singolo studente”.

Spiega Margherita Coeli, docente di lingue e da 14 anni responsabile presso il Barbarigo per il programma Comenius: “Olanda e Norvegia hanno sistemi abbastanza simili: in entrambi non c’è l’idea di classe, intesa come gruppo di individui che si muovono tutti insieme. A volte anzi negli scambi dobbiamo spiegare questo concetto per noi fondamentale”. Una scuola superiore che funzione quindi un po’ come l’università, dove ognuno ha la possibilità di cucirsi addosso un proprio percorso: dopo un periodo iniziale, che può durare uno o due anni, gli studenti sono infatti chiamati a scegliere un indirizzo di studio preciso, più pratico oppure più teorico, e all’interno di ciascun indirizzo a scegliere le materie che si vogliono approfondire. “Proprio così, e come all’università anche i ragazzi delle superiori possono avere delle ore buche nell’orario, in cui studiano autonomamente in biblioteca o nelle sale computer. Oltre, ovviamente, a stare insieme e a chiacchierare”. A 13-14 anni quindi si è già in pratica chiamati a decidere il proprio futuro: ripensamenti successivi saranno possibili ma via via sempre più difficoltosi da mettere in atto. 

Sia in Olanda che in Norvegia al termine della scuola superiore c’è un esame finale, a 18 anni in Olanda e 19 in Norvegia. In entrambi i paesi non ci sono test di ingresso per le università, per la stragrande maggioranza pubbliche, come del resto è diretto dallo stato quasi tutto il sistema educativo nel suo complesso. In Norvegia non ci sono limiti alla possibilità di iscriversi a un corso universitario – salvo l’obbligo di fare un certo numero di esami il primo anno – mentre in Olanda, per le facoltà a numero chiuso, si tende a formare una graduatoria sulla base del voto di maturità e del percorso scolastico scelto. L’orientamento e la selezione avvengono quindi già dentro le scuole superiori, in parte sulla scia del modello inglese.

Diversità infine ci sono anche nell’organizzazione del lavoro. Coeli: “Sia in Olanda che in Norvegia i docenti fanno un orario d’ufficio da 35 ore alla settimane: in apparenza molte rispetto alle nostre 18, ma comprendono anche la preparazione delle lezioni, la correzione dei compiti e le riunioni organizzative. Lavorano molto in istituto: in Olanda soprattutto nella staff room, mentre in Norvegia tutti i docenti hanno una scrivania e un computer messo a disposizione dalla scuola; sono poi divisi per dipartimenti, ciascuno con una segreteria per le attività amministrative”. 

Daniele Mont D’Arpizio

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