SOCIETÀ

RIP, Aaron

La notizia della sua morte si è diffusa lungo le fibre ottiche e nel silicio delle unità logiche, è apparsa inaspettata sugli schermi a cristalli liquidi di pc e smartphone, in uffici progettazione e garage sperduti, fra persone alle quali il suo nome, poco conosciuto al di fuori del Web, diceva molto. Giovanissimo, in pochi anni aveva portato un contributo sostanziale alla nascita e allo sviluppo del Web Open Access, la rete di domani. L’11 gennaio di quest’anno, con una causa penale intentatagli dal Massachussetts institute of technology pendente, ben 15 capi d’accusa diversi e una possibile condanna a 35 anni di carcere per aver reso pubblici articoli accademici da un archivio scientifico, si è ucciso.

Da quel momento, il popolo della rete sta diffondendo centinaia di migliaia di documenti in onore di Aaron Swartz, il ragazzo figlio della rete, l’attivista ribelle dalle acrobazie mozzafiato, programmatore e hacker. La stampa di tutto il mondo è in fibrillazione, dal New York Times a Repubblica, da Wired ai blog più eccellenti; le notizie si susseguono a ritmi serrati e vorticosi. “RIP Aaron” [Rest in Peace] gridano sommessamente i messaggi dei blogger e di quanti hanno conosciuto la sua leggenda. Quasi una preghiera, breve, lapidaria, incisiva, per una vita futura dopo la morte per Aaron, che si è tolto la vita a soli 26 anni. Il sito web in suo ricordo sta raccogliendo i necrologi di quanti hanno condiviso con Aaron le sue battaglie. L’epitaffio più bello è quello di Tim Berners-Lee, il padre del web, profondo e viscerale lamento: “È morto Aaron. Navigatori del mondo, abbiamo perso un vecchio saggio. Attivisti hacker, gli siamo tutti devoti. Genitori, abbiamo perso un figlio. Lasciateci piangere”.

Il bambino prodigio del Web iniziò a contribuire allo sviluppo della rete a soli 14 anni, quando elaborò il sistema di RSS feed per la diffusione di aggiornamenti di contenuto su siti Web; a 16 anni contribuì a sviluppare la start-up Reddit - acquistata nel 2006 da Wired/Condé Nast - un sito di social news in cui gli utenti possono postare link e discutere argomenti. Cory Doctorow, scrittore di cyber science-fiction, blogger e coeditore del blog geek più famoso al mondo – Boing Boing – lo ricorda così: “Lo conobbi quando aveva 14 anni. Aveva già scritto le specifiche del RSS 1.0 … Quando veniva a San Francisco ci prendevamo cura di lui, era solo un ragazzo. Fui io a presentarlo a Lessig. Divenne attivo nella squadra tecnica di Creative Commons e sempre più coinvolto nei temi di tecnologia e libertà di accesso. Sembrava sempre in cerca di un mentore, e nessuno di questi mentori sembrava riuscire a soddisfare gli altissimi standard da lui richiesti. Aaron ha ottenuto cose incredibili nella sua vita. Era un ragazzo mosso continuamente da nuove passioni, nuovi obiettivi”. A 17 anni era già uno dei più noti attivisti della libertà di circolazione dei dati e della conoscenza, un crociato dell’opendata, un difensore della rete. Oltre 200 i suoi contributi a Wikipedia (l'ultimo edit è del giovedì 10 gennaio). Nell’intervista radiofonica del 16 gennaio, "Liberi di Sapere", disponibile in podcast su RadioRAI, Andrea Zanni, responsabile di Wikimedia Italia, ne traccia un’incisiva immagine di fautore del potenziale democratico di Internet. Nel 2008 Aaron guarda con simpatia alla prima candidatura di Barack Obama, appoggiandolo pubblicamente, sebbene poi ne rimanga deluso per il fatto che Obama puntò inizialmente sui giganti dei brevetti come Apple, Google e Facebook come possibile volano per la ripresa economica americana, invece di scommettere sul diritto di accesso alla Rete come diritto universale. Nonostante questo, Aaron non gli nega sostegno durante la successiva candidatura. Ma il terreno davvero suo era quello del cyberattivismo e delle iniziative dal basso, attraverso la Rete.

In un video su YouTube che risale al 2010 - periodo in cui entra in contatto con Lawrence “Larry” Lessig, il noto cybergiurista statunitense, poi suo amico e mentore - un Aaron dai capelli lunghi, barba e occhiali spessi ci parla di come grazie al movimento di protesta DemandProgress.org, di cui era promotore, fu scongiurato il rischio che il Congresso approvasse il SOPA – Stop Online Piray Act, un atto normativo volto a rinforzare le tutele del copyright nel digitale bloccando per anni e anni lo sviluppo “Open” della rete. J. Cameron Brueckner, Ben Caspi, Michael Wooldridge nel blog War for the Web ci offrono un inedito estratto di una recente intervista del luglio 2012, e – visto adesso - il suo sorriso aperto e solare in quel video disorienta. C'è sempre una zona d'ombra in un suicidio, scrive qualcuno a proposito di questa morte. Larry Lessig, lo ricorda come un’anima incredibile, un piccolo genio brillante e divertente e afferma che si sentiva perseguitato da una giustizia rigida, ottusa, votata alla più pedissequa burocrazia. Si protraeva da circa un anno e mezzo, infatti, il processo a suo carico, iniziato con l’accusa di aver ottenuto illegalmente documenti da un computer protetto del MIT – il celebre Massachusets Institute of Technology. Una persecuzione legale, con la minaccia di una pena-monstre, più grave di quelle previste per reati come omicidio o terrorismo, che aveva posto su di lui, secondo le testimonianze di chi gli era più vicino, un peso alla fine insostenibile.

 

Questo articolo è la prima parte di un contributo più ampio di Antonella De Robbio

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