SCIENZA E RICERCA

La lista cinese dei periodici accademici sospetti

Un recente articolo pubblicato su Nature, del marzo scorso, riguardante l'editoria accademica predatoria ha suscitato un notevole interesse all'interno della comunità scientifica internazionale, non tanto per l’argomento in sé, non certo nuovo, ma perché riguarda la pubblicazione di una lista di riviste da tenere sotto stretta sorveglianza prodotta dalla Biblioteca Nazionale dell'Accademia Cinese delle Scienze a Pechino. È proprio il fatto che l’elenco sia prodotto dalla Cina a destare una certa curiosità. Nell’introduzione a questa lista di riviste considerate poco attendibili si precisa che il crescente numero di articoli ritirati, un fenomeno che ha suscitato ampio interesse all'interno della comunità di ricerca globale, evidenzia una crescente preoccupazione per la cattiva condotta accademica.

Il fenomeno dell'editoria predatoria è emerso gradualmente nel corso degli ultimi due decenni, parallelamente alla crescente digitalizzazione e globalizzazione del settore accademico e delle pubblicazioni scientifiche. Le prime segnalazioni di pratiche editoriali predatorie risalgono agli anni 2000, ma è negli ultimi anni che il fenomeno ha assunto proporzioni più evidenti e problematiche. Questo aumento è stato alimentato da diversi fattori, tra cui la crescente pressione sugli accademici, il desiderio di alcune istituzioni di aumentare il loro impatto pubblicando a tutti i costi e l'accessibilità dei mezzi digitali che hanno reso più facile per gli editori non scrupolosi creare riviste di scarsa qualità con il solo scopo di ottenere guadagni. Questo ha portato alla proliferazione di riviste predatorie che accettano qualsiasi contributo in cambio di pagamenti elevati, senza effettuare una rigorosa revisione paritaria o rispettare standard etici.

Così, il 19 febbraio 2024, la prestigiosa istituzione scientifica e culturale pechinese ha diffuso l'edizione annuale della sua Early Warning Journal List (EWJL) con l'obiettivo principale di dissuadere i ricercatori, cinesi ma non solo, dal pubblicare i propri lavori in riviste che potrebbero compromettere la loro reputazione o la qualità della ricerca. Nell'edizione di quest’anno l'attenzione si concentra in particolare su due aspetti fondamentali: la cattiva condotta accademica, che comprende pratiche come la manipolazione delle citazioni, e le pratiche editoriali inadeguate, che includono situazioni come l'eccessiva rappresentanza di autori provenienti da specifici Paesi.

Le cosiddette “fabbriche di pubblicazioni”, note anche come pubblicazioni a pagamento o editori predatori, sono veri e propri “centri commerciali” che producono e diffondono a scopo di lucro ricerche di scarsa qualità e dubbia integrità del lavoro. Tipiche caratteristiche sono processi editoriali non rigorosi, nei quali manca una revisione paritaria rigorosa, tempi di pubblicazione rapidi, a volte pochi giorni o settimane, e accettazione di qualsiasi tipo di ricerca, indipendentemente dalla qualità e dalla metodologia, alle quali spesso si aggiungono la richiesta di tariffe elevate agli autori e la manipolazione dei dati o delle citazioni per aumentare l'impatto della rivista. Come rilevano Else e Van Noorden nella loro analisi pubblicata su Nature, tali pratiche generano danni per la comunità scientifica perché causano l’erosione della fiducia nella ricerca e la diffusione di informazioni false o fuorvianti.

Per questo si assiste in vari Paesi a un crescente impegno in questo campo da parte delle istituzioni accademiche e delle agenzie governative, con il rafforzamento delle politiche e delle pratiche volte a promuovere la trasparenza, l'etica e la qualità nella pubblicazione scientifica. Anche il Ministero della Scienza e della Tecnologia cinese nel 2017 ha annunciato l'intenzione di contrastare la cattiva condotta accademica, introducendo riforme radicali l’anno successivo e incoraggiando l'implementazione di elenchi di riviste inaffidabili e predatorie. In risposta la Biblioteca nazionale delle scienze dell'Accademia cinese delle scienze ha lanciato l’EWJL, che combina revisioni paritarie e metodi quantitativi per identificare le riviste problematiche. Anche altri enti governativi cinesi hanno adottato misure simili e dal giugno 2021 la Commissione sanitaria nazionale cinese pubblica annunci sui risultati e sulle sanzioni dei casi di integrità della ricerca.

Nell'aggiornamento del 2024 dell’EWJL, che elenca 24 riviste pubblicate da una dozzina di editori, è stata abbandonata il metodo di classificazione in categorie di rischio, rispettivamente basso, medio o alto. Una revisione strutturale che fornisce una visione più dettagliata attraverso informazioni specifiche sul tipo di condotta accademica inadeguata o sulle pratiche editoriali discutibili associate a ciascuna pubblicazione. Questo approccio mira a fornire agli studiosi una visione più dettagliata delle potenziali minacce e a guidarli in modo più appropriato nella selezione delle riviste in cui pubblicare le proprie ricerche. La produzione dell'EWJL è affidata a Yang Liying, bibliotecaria accademica specializzata in letteratura scientifica e vice-direttrice della Divisione per la Bibliometria e Scientometria dell'Associazione Cinese per la Scienza e la Ricerca Politica Scientifica e Tecnologica, che sovrintende un team di circa 20 ricercatori impegnati nella compilazione di questo elenco annuale, il quale ha visto la sua prima edizione nel 2020.

La metodologia adottata si basa su un'ampia consultazione della comunità di ricerca globale e sull'analisi dei dati bibliometrici. Gli studiosi di scientometria, afferma Yang nell’intervista rilasciata a Nature, possono svolgere un ruolo cruciale fornendo dati e supportando le azioni preventive; il processo, spiega la studiosa, inizia con la raccolta di feedback da parte di ricercatori e amministratori cinesi, nonché con la partecipazione alle discussioni globali sulle nuove forme di cattiva condotta al fine di identificare le problematiche principali da affrontare. Successivamente, nel mese di gennaio, vengono analizzati i dati grezzi del database di citazioni scientifiche Web of Science, fornito da Clarivate, per elaborare un elenco preliminare di riviste. Tale elenco viene poi condiviso con gli editori pertinenti, accompagnato da una spiegazione dettagliata delle ragioni che potrebbero portare le loro riviste a essere incluse nell'elenco. In alcuni casi gli editori possono fornire feedback e contestare le decisioni e, qualora le loro risposte siano ritenute ragionevoli, si procede alla rimozione dalla lista della rivista in questione. Inoltre si accolgono suggerimenti per migliorare il processo di selezione, poiché l'obiettivo non è mai quello di considerare l'elenco come un insieme perfetto. Nell'ambito delle discussioni con gli editori è stato possibile, per l’edizione 2024, ridurre l'elenco iniziale da circa 50 riviste a 24, dimostrando l'importanza del dialogo collaborativo e della riflessione continua nel perfezionare iniziative di questo genere.

L'utilizzo di elenchi di riviste “discutibili” ci rimanda alla cosiddetta lista di Beall, elenco annuale di editori e riviste predatori redatta nel 2008 dall’allora bibliotecario dell’Università di Denver in Colorado, Jeffrey Beall, e rimossa dal web nel gennaio 2017 assieme all’intero contenuto del suo blog web Scholarly Open Access. Dopo la chiusura della Beall's List, sono emersi diversi elenchi simili avviati da altre fonti, tra cui il CSIR-Structural Engineering Research Center e un gruppo anonimo presso Stop Predatory Journals. La Cabell's International, una società che fornisce analisi di pubblicazioni accademiche e altri servizi correlati, aveva messo a disposizione una lista nera e una lista bianca per gli abbonati sul proprio sito web. A partire dal 2021, l'indice scientifico norvegese aveva introdotto la categoria "livello X", che include le riviste sospettate di essere predatorie. Questa iniziativa fu promossa in risposta a manifestazioni di preoccupazione nei confronti dell'editore MDPI, il quale proprio nel febbraio scorso ha fatto un annuncio a proposito di quattro sue riviste, tra le 24 elencate dalla lista cinese EWJL, identificate per presunta "manipolazione delle citazioni". MDPI scrive che “poiché prendiamo estremamente sul serio le accuse di cattiva condotta, abbiamo cercato chiarimenti sulle preoccupazioni sollevate dall’Accademia cinese delle scienze”, e che pertanto a seguito di un’indagine interna “cinque delle sette riviste MDPI incluse nell'elenco 2021 sono state rimosse, così come le tre riviste MDPI incluse nell'elenco 2023, riflettendo l'impegno di MDPI alla collaborazione e al rispetto delle migliori pratiche”.

Queste liste sono oggetto di un vivace dibattito principalmente a causa della presenza di criteri ambigui, come rilevano Gengyan Tang e Jingyu Peng della Sichuan University in un loro interessante studio. Attraverso un'analisi dei dati relativi presi dalle liste annuali EWJL, i due ricercatori hanno condotto un caso di studio classificando le riviste elencate in base ai livelli di attenzione e agli anni di pubblicazione. I risultati indicano la presenza di potenziali incoerenze nei criteri utilizzati per assegnare i livelli di allerta, evidenziando variazioni significative (o la loro mancanza) tra gruppi distinti attraverso diversi indicatori accademici chiave. Tang e Peng hanno rilevato che una percentuale significativa di documenti ritirati in Cina è attribuibile a pratiche scorrette. Tra il 2011 e il 2020 la percentuale globale di ritrattazioni causate da cattiva condotta accademica da parte della Cina è aumentata dal 14,4% al 53,2%, molto al di sopra della quota globale di pubblicazioni cinesi.

Intanto dalla sua creazione l'EWJL guadagna crescente influenza nel panorama accademico cinese, venendo citato negli avvisi emanati dai ministeri ed essendo ampiamente diffuso sui siti web istituzionali di tutto il Paese. Le riviste inserite nell'elenco sperimentano comunemente una diminuzione dei contributi da parte degli autori cinesi, dimostrando così l'impatto tangibile di questa iniziativa.

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