SCIENZA E RICERCA
Caldo estremo e declino degli uccelli tropicali: uno studio su 70 anni di dati

Rispetto a uno scenario senza cambiamenti climatici, l’intensificazione storica degli estremi di calore ha causato una riduzione del 25–38% del livello di abbondanza di uccelli tropicali, dal 1950 al 2020, anche in habitat incontaminati. Le popolazioni di uccelli tropicali di tutto il mondo sono dunque diminuite di circa un terzo a causa dell'intensificarsi degli estremi di calore, con un calo di oltre il 50% per alcune specie. A dirlo è uno studio recentemente pubblicato su Nature Ecology and Evolution con contributi del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), dell'Università del Queensland e del Barcelona Supercomputing Center (BSC). Il cambiamento climatico, di cui l'essere umano è responsabile, è una minaccia crescente con impatti in rapida intensificazione. Lo è senza sosta, sempre di più. La situazione è particolarmente allarmante se si considera che le foreste tropicali sono il più prezioso scrigno di biodiversità del pianeta e ospitano il 62% delle specie di vertebrati terrestri globali, più del doppio del numero presente in qualsiasi altro bioma terrestre sulla Terra.
Lo studio Large reductions in tropical bird abundance attributable to heat extreme intensification quantifica l’impatto del cambiamento climatico, e in particolare del caldo estremo, sulle popolazioni di uccelli tropicali del pianeta. Sono stati analizzati 70 anni di dati derivanti dal monitoraggio a lungo termine di oltre 3.000 popolazioni (dal database Living Planet Index) per oltre 90.000 osservazioni scientifiche. Sebbene vi siano alcune lacune, il set mostra come i numeri siano cambiati nel tempo. Alcune parti del mondo, come l'Europa occidentale e il Nord America, sono meglio rappresentate di altre, ma tutti i continenti risultano coperti. I dati relativi agli uccelli sono stati confrontati con dati meteorologici giornalieri dettagliati tratti da un database climatico globale che risale al 1940. "Questo ci ha permesso di comprendere come le popolazioni di uccelli abbiano reagito a specifici cambiamenti nelle temperature e nelle precipitazioni giornaliere, incluso il caldo estremo - scrivono i ricercatori stessi in un approfondimento pubblicato su The Conversation -. Abbiamo anche esaminato le temperature medie annue, le precipitazioni totali annue e gli episodi di precipitazioni insolitamente intense. Utilizzando un altro set di dati che considera l'attività antropica diretta, nel tempo, abbiamo tenuto conto delle pressioni umane come lo sviluppo del territorio e la densità della popolazione umana".
"Non si tratta solo di un calo temporaneo - precisano -, è un effetto cumulativo a lungo termine che continua ad aumentare con il riscaldamento del pianeta". Questi risultati mostrano come il cambiamento climatico stia già rimodellando la biodiversità a livello globale e potrebbero spiegare il declino degli uccelli segnalato anche in habitat tropicali indisturbati. Quest'ultimo punto, relativo alle aree più selvagge e incontaminate, è stato analizzato anche in uno studio precedente, del giugno 2024, in cui si evidenzia il forte calo degli uccelli amazzonici in assenza di disturbo umano diretto: "In tutto il mondo sono stati segnalati cali senza precedenti in una vasta gamma di taxa - si legge -. Tra i più documentati vi è il declino delle popolazioni di uccelli, la maggior parte dei quali attribuibile ad attività umane come la deforestazione e altre alterazioni degli habitat. Ma vi sono sempre più prove che le popolazioni siano diminuite anche in siti all'interno di vaste distese di foresta tropicale di pianura relativamente indisturbata, come in Amazzonia. Le cause di questi cali sono probabilmente varie e potrebbero essere correlate agli effetti diretti o indiretti dei cambiamenti climatici".

Per i ricercatori risulta fondamentale concentrarsi non solo sulle tendenze climatiche medie, ma anche sugli eventi estremi perché le cosiddette ondate di calore non possono più essere considerate come episodi rari e isolati: "Gli uccelli tropicali – e probabilmente molti altri animali e piante – dovranno affrontare crescenti minacce alla loro sopravvivenza. Il cambiamento potrebbe essere troppo rapido ed estremo perché molte specie possano adattarsi".
In particolare, gli uccelli sono sensibili alla disidratazione e allo stress da calore. Il caldo estremo causa un'eccessiva mortalità, una riduzione della fertilità, cambiamenti nei comportamenti riproduttivi e una ridotta sopravvivenza della prole", ha commentato il primo autore Maximilian Kotz, ricercatore ospite al PIK e ricercatore del BSC. Secondo lo studio, oggi, gli uccelli tropicali sono esposti a condizioni di caldo estremo dieci volte superiori rispetto a quarant'anni fa: da una media di tre giorni all'anno di caldo estremo a trenta giorni. Finora è stato difficile distinguere l'impatto del cambiamento climatico sulla biodiversità dagli effetti dovuti a pressioni umane più dirette, come la deforestazione, ma il metodo applicato dal team di ricerca ha permesso di definire nuovi scenari: nelle regioni tropicali a basse latitudini l'intensificarsi delle temperature estreme sta avendo un impatto maggiore sulla perdita di popolazioni di uccelli rispetto alla deforestazione, all'attività mineraria e all'agricoltura, tutte attività antropiche che portano alla distruzione degli habitat con conseguenze comunque drammatiche, basti pensare che solo il 25% delle foreste pluviali tropicali sopravvissute è ancora ad alta integrità. "Proteggere gli habitat dallo sviluppo industriale umano rimane importante, ma da solo non basta più - precisano gli autori -. Un'azione proattiva per aiutare le specie ad adattarsi ai cambiamenti climatici deve essere parte integrante dei piani di protezione della fauna selvatica, soprattutto ai tropici".