SCIENZA E RICERCA

Agricoltura biologica? Un’illusione: è la natura il primo Ogm

Quanti sanno, tra chi osteggia gli Ogm, che le mele “moderne” sono l’esito di una selezione genetica iniziata dagli orsi del Kazakistan che, rispetto ai frutti più piccoli e aspri, prediligevano quelli grandi e dolci e, masticandoli, ne spargevano i semi? E chi è consapevole che i due cereali più diffusi, il grano duro e quello tenero, derivano da una lunghissima evoluzione che, partendo da un progenitore comune, ha dato origine a continui intrecci di genomi? Partono da esempi come questi gli autori di Contro natura (Rizzoli 2015), Dario Bressanini e Beatrice Mautino, per rovesciare la prospettiva di tutti coloro (certamente la maggioranza) che ritengono che i prodotti della Terra si dividano con l’accetta in “naturali” e “artificiali”: come se la variabilità genetica, o l’intervento dell’uomo, fossero sempre e comunque fattori che deteriorano qualità e salubrità del cibo.

E invece i due divulgatori, entrambi con una solida formazione scientifica (chimico Bressanini, biotecnologa la Mautino) illustrano, con casi emblematici nella loro semplicità, quanto il continuo incrocio di geni sia non solo una caratteristica che accompagna l’evoluzione degli esseri viventi, ma un suo presupposto. Fino a prendere una posizione netta, e certamente impopolare: non degli Ogm bisogna aver paura, ma della disinformazione, dell’approccio emotivo (o, nel peggiore dei casi, influenzato da interessi economici) che dipinge come mostro ciò che tale non è, ed esalta certi alimenti e tecniche agricole in nome di una “naturalità” che non esiste. Paradigmatica è la questione del riso biologico, portata alla luce da un’inchiesta televisiva che ha fatto emergere, sulla base dei dati provenienti dagli stessi risicultori, pesantissimi dubbi sulla reale natura di prodotti presentati come “bio” ma difficilmente distinguibili dai risi tradizionali. Senza contare quanto la legislazione in materia si inerpichi alla ricerca di una definizione universale degli Ogm da vietare: un’impresa destinata a fallire, azzoppata da una materia troppo complessa e contraddittoria per essere riassunta in formule giuridiche sempre insufficienti.

“Oggi gli Ogm appaiono come un simbolo delle multinazionali e del profitto” spiega Dario Bressanini, noto al pubblico del web per il blog Scienza in cucina. “Bisogna invece spiegare al pubblico che esistono moltissimi casi di Ogm che nascono dalla ricerca pubblica, no profit. Il paradosso è che invece tra i principali investitori nell’agricoltura anti Ogm ci sono colossi della grande distribuzione come Auchan e Carrefour: l’etichetta ‘Ogm free’ è diventata una specie di bacchetta magica commerciale”. Per Beatrice Mautino, dare informazioni corrette senza approcci ex cathedra è fondamentale: “Al Festival di Mantova, con Dario abbiamo partecipato a un dibattito pubblico “Oxford style”: un confronto sugli Ogm in cui fronteggiavamo due esperti su posizioni contrapposte. Il pubblico doveva esprimere la sua opinione prima e dopo l’incontro: i pro Ogm, che all’inizio erano in minoranza, alla fine hanno raggiunto la maggioranza assoluta”.

Un aspetto cruciale è la diffusa attitudine a diffidare di argomentazioni scientifiche cedendo a suggestioni di varia natura: “E il tasso di scolarizzazione non c’entra”, spiega la Mautino, “entrano in gioco valori etici, religiosi, comunitari, che radicano molti gruppi sociali a convincimenti profondi. Bisogna ascoltare tutte le opinioni con disponibilità e rispetto, in modo da creare un rapporto di fiducia. Per questo anche nel libro cerchiamo di partire da storie, esempi che smontino i preconcetti, ma senza imporre le nostre conclusioni in modo drastico: cerchiamo di portare il lettore progressivamente dalla nostra parte”. “Scardinare i pregiudizi è la premessa di ogni sforzo divulgativo”, concorda Bressanini, “e per farlo occorre citare casi concreti, come gli studi di Silviero Sansavini, dell’università di Bologna, che hanno portato a una varietà di mela resistente al fungo della ticchiolatura: un Ogm nato dalla ricerca di un ateneo statale, non brevettato e di dominio pubblico, che non richiede particolari trattamenti antiparassitari. Ma in Italia la sperimentazione in campo non è mai stata autorizzata, e così la “ricetta genetica” ci è stata “scippata” dall’Olanda”.

Anche per Bressanini, nel dialogo con chi contesta le istituzioni scientifiche c’è un problema di comunicazione: “C’è un calo sensibile nella fiducia verso gli scienziati: troppo spesso vengono visti come portatori di interessi particolari, come nel caso delle multinazionali farmaceutiche. E immagini shock come quella di Greenpeace, con un feto contenuto in un pomodoro”, chiarisce il chimico, “non aiutano a discutere con razionalità. La fiducia si conquista con uno sforzo reciproco: se una persona si sente meglio dopo aver assunto un prodotto omeopatico, non le rispondo che è una visionaria, ma che esiste un fenomeno chiamato ‘effetto placebo’ per cui si sente realmente meglio anche se ha assunto del semplice zucchero”. “Sì, comunicare con efficacia implica, sempre, coinvolgere l’interlocutore” conclude Beatrice Mautino. “Solo così si può superare l’idea di scienza come patrimonio chiuso a chiave nei laboratori, e si realizza un sapere davvero inclusivo. Bisogna sconfiggere l’immagine del professore distaccato e infastidito dal contatto con il pubblico: la ‘scienza scontrosa’ non aiuta nessuno. Nemmeno se stessa”.

Martino Periti

La videointervista (di Daniele Mont D'Arpizio)

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