CULTURA

Augusto De Angelis e Carlo De Vincenzi, una certa Milano Gialla e Nera /1

L’ottimo scrittore Augusto De Angelis non era milanese, nato a Roma nel 1888 e morto a Como nel 1944, scelse Milano come luogo giustamente privilegiato per le professioni drammaturgiche, editoriali e giornalistiche che aveva intrapreso giovanissimo. Milanese d’adozione è stato definito. Solida formazione classica, lasciò gli studi di Giurisprudenza per scrivere, all’inizio opere teatrali e articoli giornalistici. Redattore e inviato speciale di importanti quotidiani italiani, collaborò con le maggiori testate del primo Novecento, La Stampa, La Gazzetta del Popolo di Torino, Il Resto del Carlinodi Bologna, L’Ambrosiano della stessa Milano. Scrisse talora i pezzi con lo pseudonimo di Ario Fiamma. Nei primi decenni del Novecento divenne via via abbastanza conosciuto e apprezzato, anche grazie al diario di un soldato (1912) e ad altri volumi storici, ad altre commedie teatrali (personale passione esistenziale), alle traduzioni dal francese, a una trasmissione radiofonica all’EIAR (dal 1927), a tre interviste a Mussolini (1922, 1929, 1933, poco enfatiche) e ad alcune biografie, fra cui quella dedicata alla prediletta attrice Dina Galli, che insieme al collega Amerigo Guasti furono artefici della messa in scena dell’esordio drammaturgico, addirittura nel 1911, come da De Angelis stesso raccontato.

Negli anni Trenta esordisce nella narrativa, il primo testo pubblicato è Robin Agente Segreto del 1930, evidentemente ispirato all’Agente Segreto di Joseph Conrad (1907), un intrigo internazionale ricco di agenti britannici, donne affascinanti, personaggi sospetti e codici cifrati. Siamo ormai da un po’ nell’Italia del regime fascista, che sta già orientando scritture e letture con temi e personaggi, censure e autocensure, questione subita da De Angelis in varie attività editoriali. Il notevole successo letterario di De Angelis giunge qualche anno dopo, quando sceglie (non solo per opportunità professionali) di specializzarsi anche lui nel genere poliziesco, soprattutto attraverso la lunga serie (una quindicina di romanzi, quasi tutti ambientati a Milano, due a Roma) con protagonista il commissario Carlo De Vincenzi, operativo presso l’imponente questura di Milano, serie avviata nel 1935 con Il banchiere assassinato, quando è ormai acquisito che in Italia si possa parlare propriamente di giallo (la collana Mondadori nasce nel 1929, come noto).

Vi è in quel momento (1935) la reale svolta artistica e professionale per De Angelis. Lo scrittore era stato pubblicato da case editrici senza clamore, ora va a lavorare per Arnoldo Mondadori con l’intento di rilanciare proprio i libri “gialli”. L’editore lo chiama, insieme ai colleghi Ezio D’Errico e Tito Spagnol, per reagire alla fase di flessione della collana, legata alle censure del fascismo che vieta l’importazione dei romanzi di genere inglesi e americani più noti, anche nelle traduzioni adattate. Dovevano scriverli loro, alcuni, belli e avvincenti, evitando il più possibile crimini di italiani e situazioni torbide italiane, assecondando quanto possibile alcuni “gusti” nuovi dei lettori, come quelli attratti dalle atmosfere e dalle psicologie di Simenon con protagonista parigino Maigret, poco hard-boiled o, eventualmente, dai sottogeneri emersi in inglese e francese con i cosiddetti delitti della “camera chiusa”. Hanno successo, “inventano” il poliziesco italiano, vengono tradotti pure all’estero (De Vincenzi in tedesco).

De Angelis sceglie un commissario di pubblica sicurezza, semplice e carico di umanità, interessato al movente delle azioni umane, anche criminali, muovendosi con discrezione nell’alta società milanese oppure nei bassifondi, “seguito” dalla sua squadra. De Vincenzi, quasi 35enne (all’inizio), scapolo (era stato innamorato di una ragazza ebrea), lavora a piazza San Fedele e vive a Corso Sempione con la domestica Antonietta (che era stata la sua balia). Abbastanza alto e magro, ha fatto le superiori in un collegio e Giurisprudenza all’università, scrive poesie e conosce l’inglese, non sa solo obbedire e pensa con la propria (malinconica) testa, nelle indagini si basa sui risvolti esistenziali e psicologici e non solo su indizi o prove. Opportuno segnalare che la seconda avventura della serie è ambientata in una libreria milanese, forse il primo bibliomystery italiano del Novecento (in parallelo con la statunitense Wells, sempre nel 1936). La vicenda delittuosa di Sei donne e un libro si svolge all’interno della libreria antiquaria del signor Chirico in via Corridoni, dove viene rinvenuto il cadavere del medico (cattedratico di successo) Ugo Magni, senatore del regno, elegante e fortunato con le donne (compresa la splendida moglie). Dagli scaffali manca una rara e preziosa edizione di un classico dell’erotismo. Sei figure femminili (da cui il titolo) sono scandagliate con acume e precisione.

Anche la successiva terza avventura di De Vincenzi è ambientata nel mondo librario, Giobbe Tuama & C. (recentemente ripubblicato dalla Fondazione Rosellini), alla Fiera del Libro in piazza Mercanti: fra le varie Bibbie in vendita tra i banchi della Lega Evangelica Cristiana, tolti i tendoni, viene appunto ritrovato il cadavere di Giobbe Tuama (Jeremiah Shanahan). In quel 1936 furono in tutto sei i romanzi di de Angelis con De Vincenzi, il quarto è La barchetta di cristallo, il quinto Il canotto insanguinato. Quest’ultimo, per capirci, si svolge durante il giugno fascista; al commissario chiedono di arrestare e interrogare il russo Ivan Andrejevich Kiergine, potrebbe aver ucciso a Sanremo la scomparsa amante Paulette Garat; la maggior parte dei personaggi “stranieri” come si vede, non poteva esserci crimine (nemmeno il suicidio) nell’ordine nazionale costituito (come spesso nelle culture di regime).

Le ultime storie con il commissario Carlo De Vincenzi sono del 1943 (il 30 aprile va in stampa l’ultima sua avventura), già dall’agosto 1941 il regime fascista aveva sottoposto l’eventuale pubblicazione dei libri gialli ad autorizzazione preventiva, dal primo giugno 1943 decide di sequestrare comunque i romanzi e chiudere la collana del Giallo Mondadori. De Angelis “sfolla”, si rifugia a Bellagio con i legami affettivi, torna al giornalismo e ben presto purtroppo fa molti mesi di carcere accusato di antifascismo nella Repubblica di Salò a causa di alcuni articoli sulla “Gazzetta del Popolo” (nei mesi convulsi fra il 25 luglio e l’8 settembre, parla spesso di libertà), esce scagionato ma debilitato, il 2 luglio 1944 viene attaccato e pestato sul lungolago con cruda violenza (aveva appena compiuto 56 anni), muore il 18 luglio all’Ospedale Sant’Anna di Como. Si fanno indagini, esistono più versioni sulla dinamica dell’aggressione, la mano fascista certa in tutte (tal Pietro Varoni).

La riscoperta di De Angelis nel dopoguerra si deve al grandissimo studioso e operatore culturale Oreste Del Buono (1923 - 2003). OdB nel 1963 suggerì a Feltrinelli di far uscire insieme tre romanzi dello scrittore, furono presentati da una sua splendida introduzione (De Vincenzi “umanissimo come il Maigret di Simenon, romantico come il Marlowe di Chandler, intellettuale come il Vance di Van Dine, eppure caparbiamente italiano”). Dalla fine degli anni Trenta e poi impetuosamente nel successivo venticinquennio il mitico Giorgio Scerbanenco (1911 - 1969) aveva già rimesso Milano al centro della narrazione e della fiction, non solo di genere (Duca Lamberti arriverà negli ultimi anni di vita). Circa dieci anni dopo il trittico Feltrinelli, Carlo De Vincenzi arriva agli italiani e alle italiane con la celebre immagine di Paolo Stoppa, in due successive serie televisive, la prima ambientata a Milano (1974), la seconda a Roma (1977).

Da allora sono state innumerevoli le ristampe editoriali, nell’ultimo ventennio da sottolineare quelle di molti romanzi (non in ordine cronologico) da parte dell’editore palermitano Sellerio e dei Classici Oro del Giallo Mondadori. Negli anni ancor più recenti, due ottimi scrittori italiani hanno fatto di Augusto De Angelis e Carlo De Vincenzi i protagonisti principali, diretti e indiretti, di alcuni loro romanzi: Luca Crovi (dal 2018) e Alessandro Robecchi (ora nel 2024). Commendevoli letture. Il primo ha scritto quattro romanzi e vari racconti con protagonista De Vincenzi in anni precedenti a quelli (scritti e) raccontati da De Angelis, l’ultimo uscito a inizio novembre 2024: La velocità della tartaruga, Rizzoli Milano 2024, pag. 197, euro 17. Il secondo ha scritto un romanzo non seriale su un anziano grande regista cinematografico alle prese con un delitto vicino casa, che decide comunque di tornare dietro la macchina da presa per raccontare la Milano di De Vincenzi e gli ultimi giorni di vita di De Angelis, uscito ai primi di ottobre 2024: Le verità spezzate, Rizzoli Milano 2024, pag. 267 euro 16. Dovremo tornarci sopra.

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