
Raccolte di racconti che disvelino le attitudini umane nelle relazioni con gli altri sono già state scritte. Come, per esempio, la riuscitissima Felici i felici di Yasmina Reza (Adelphi, 2013), dopo aver letto la quale andare al supermercato non sarà più la stessa cosa.
E raccolte di racconti in cui i personaggi tornano, a rotazione gli stessi, tra un racconto e l’altro, come filo conduttore di una storia “a episodi” (in fondo la vita cos’è, se non esattamente questo?) pure. Celeberrimo, in Italia, Sofia si veste sempre di nero del Premio Strega Paolo Cognetti (minimum fax, 2012).
E allora cos’ha Ricompense di Jem Calder (Einaudi, 2024) di così speciale da rendere la sua lettura necessaria?
Ha sottile, sussurrato, non imposto, sfacciatamente ovvio, ma un po’ inaccessibile, il presente. Hai detto niente.
E non negli eventi. Non solo (c’è coraggiosamente il Covid: era ora che qualcuno decidesse di farlo entrare in letteratura) ma soprattutto: non è quello il punto.
Jem Calder al suo esordio (acclamato nientemeno che dall’irlandese Sally Rooney, enfant prodige della letteratura contemporanea, tanto amata dai suoi coetanei della generazione Z e dai fratelli maggiori Millennials, quanto incompresa dai più vecchi) trova il modo di mettere sulla pagina la maniera di “funzionare” di oggi. Non si tratta di aver trovato una voce speciale (anche, in realtà) ma di raccapezzarsi in una dimensione che per tanti è aliena.
Come si comunica? Come si sopravvive alla solitudine tecnologica? Come si entra in relazione se i codici comunicativi sono ignoti? Come la si mantiene? Come ci si innamora sulle dating app? E allora vai di guru sui social, di love coach, di sedute con terapeuti à la page, oppure leggi Jem Calder.
E scopri che, in realtà, così come lo si faceva una volta non accade più.
“L’algoritmo ha preso in considerazione gli interessi comuni, l’intersezione fra gruppi di amici e le rispettive fasce di gradimento basate sulla percentuale di swipe verso destra, prima di sottoporre loro i reciproci profili”.
D’accordo. Accade così, e quindi?
“L’utente donna apprezzava l’esperienza pulita e incorporea dell’app di incontri basata sull’algoritmo; la posizione di libertà e di controllo, di distanza, garantitale dalla simulazione ottimizzata di appuntamenti e relazioni sentimentali. Le piaceva che fosse facile estirpare i depravati senza correre troppi rischi, facile togliere il match a chi in seguito si rivelava un depravato; le piaceva quel meccanismo schermante, a mo’ di specchio unidirezionale, che la esentava sia dal disagio di rifiutare qualcuno di persona che dall’umiliazione di essere rifiutata di persona”.
E l’utente uomo? Beh, per esempio: “Da quando usava assiduamente l’app, aveva cominciato a vedere le donne alla stregua di bizzarri cloni, come se ogni nuovo match fosse il prolungamento del precedente. ([…] Come per valutare la portata di tale somiglianza, la settimana prima l’utente uomo aveva invitato due utenti donne al medesimo locale, a due giorni di distanza l’una dall’altra, intrattenendo conversazioni pressoché identiche prima con l’una e poi con l’altra)”.
Queste discettazioni sono tutte dentro l’unico racconto – Distrarsi dalla tristezza – che non ha come protagonisti né Julia né Nick, ma si fa teorema astratto di questa modernità alienante, lasciando agli altri cinque testi il compito di mediare la tensione tra il desiderio di autenticità e le pressioni silenziose di un mondo sempre più mediato dalla tecnologia (eppure Jem Calder non è sui social, almeno non con il suo nome).
“Prendiamo te, ad esempio: anni fa, quando hai comprato il primo telefono, lo guardavi una volta ogni, quanto, un paio d’ore? Di’ la verità: in molte occasioni dimenticavi persino di possederlo, un telefono; spesso, non avevi la minima idea di dove l’avessi lasciato”.
Oppure: “Chi sei quando nessuno ti guarda? O almeno, quando pensi che nessuno ti guardi, quando sei abbastanza sicuro di non avere alle spalle chi possa sbirciarti lo schermo?”
Ma c’è ancora un luogo dove nessuno ci guarda?
“ - Di’ la verità, mi hai mai cercata online?
- Su internet?
- Sì.
- Perché?
- Sono curiosa.
- No, intendevo, perché dovrei cercarti su internet? Ti vedo praticamente ogni giorno”.
E l'alienazione c’entra con l’amore?
Certo che sì.
Ma è consolante leggere il primo, dei racconti di Calder, Un ristorante da qualche altra parte: un amore completamente offline, tra un uomo e una donna con parecchi anni di differenza, che lavorano insieme, che non sanno bene come fare, che si vergognano, che sbagliano, che tacciono. Un amore che inizia e finisce.
“Ellery dice che il gusto è il senso più lento in assoluto. Di solito percepiamo il sapore di un boccone solo dopo averlo già ingoiato, per poi, un attimo dopo, rivivere la sensazione di non aver mai assaggiato nulla”.
Ascoltiamo Jem Calder: non è vero che tutto quello che non si può (più) toccare con i sensi non esiste.
“ Perché dovrei cercarti su internet? Ti vedo praticamente ogni giorno Jem Calder
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