CULTURA

La verità vi prego sull'amore: Tutto quello che so dell’amore di Dolly Alderton

Certe volte leggendo romanzi che raccontano le vicissitudini di gioventù di questo o quel personaggio succede di sentirsi "anomali". Di non riconoscersi nei comportamenti, nelle reazioni, nei modi di agire e di pensare dei protagonisti e di ripensare alla propria, di giovinezza, e di chiedersi come mai non abbia avuto quei tratti eroici, disperati, di rottura che le giovinezze letterarie spesso hanno. Non siamo stati Holden Caufield, e se ce ne facciamo una ragione nella misura in cui noi non viviamo in un romanzo, quando il libro ha qualcosa di (fortemente) autofinzionale, invece l’impressione di straniamento ci appare come ingiustificata, soprattutto se per qualche ragione ci eravamo convinti che quella lettura potesse suggerirci un punto di vista per soppesare il mondo o, di più, addirittura per filtrare la nostra vita.

Ho esperito esattamente questa sensazione leggendo (con qualche anno di ritardo) l’esordio di Dolly Alderton, ora al secondo romanzo, già in tascabile: Tutto quello che so sull’amore (Rizzoli, 2021), l’epopea amorosa di una ragazza nata alla fine degli anni Ottanta, che alle soglie della trentina decide di mettere ordine sulle cose dell’amore. Le sue, ma in definitiva quelle di tutti.

Il titolo, così come è graficamente restituito, sia nell’edizione italiana che quella originale inglese, dà l’idea che davvero racconti la vita in tutte le sue sfaccettature, grazie alle parole barrate – “Tutto quello che so su i party, gli amici, il lavoro, la vita, l’amore” (“Everything I knew about parties, dates, jobs, life, love”) ammiccando a quei manuali di fioritura personale che in questi ultimi anni riempiono le librerie.

Dolly, la protagonista che porta lo stesso nome dell’autrice – trattandosi di autofiction –, racconta con grande candore e semplicità come dall’adolescenza sia passata all’età adulta attraverso una schiera di tentativi d’amore, riconoscibili come sbagliati già quasi prima d’iniziare, di case in affitto scombinate e coinquiline che vanno e vengono, sbornie, viaggi improvvisati, lavori infelici, coltivando un’amicizia piena d’ideali con la sua compagna di scuola che, a differenza sua, trova però “l’uomo giusto” quando è ancora giovanissima (per gli standard di oggi: Giulietta conosce Romeo a 14 anni) finendo per allontanarsi dall’amica e scostarsi dall’immaginario che Dolly aveva di cosa avrebbe dovuto significare crescere.

Tutto quello che so sull’amore non è certo un capolavoro, eppure il successo che ha riscosso tre il pubblico viene dall’oggettiva capacità di intercettare un bisogno, quello di capire cosa ci succede nel corso della nostra esistenza. Perché finiamo per andare dove non vogliamo e mancare clamorosamente i nostri desideri. Perché quando assecondiamo le voglie irrazionali non siamo veramente in ascolto del nostro io profondo ma stiamo cercando di silenziarlo urlandogli addosso.

L’abbuffata di vita che Dolly fa e che contribuisce alla sensazione di straniamento del lettore (del tipo: “Ma no, è troppo!”) deriva – lo si capisce pagina dopo pagina – dal bisogno che Dolly ha di comprendere se stessa e le sue reazioni e dalla difficoltà nel decifrare le intenzioni di chi entra o è nella sua vita, dagli amanti alle amiche o ai familiari.

Questo è vero per ciascuno di noi, sempre.

Non credo di sbagliare di tanto nell’immaginare che la grande maggioranza dei lettori di Tutto quello che so sull’amore siano in realtà lettrici, e non solo perché le donne leggono molti più romanzi degli uomini, ma perché questo libro è quasi un vademecum di quello che una giovane donna può vivere e provare.

1. C’è il desiderio di amare e di essere amata: “Non ho voglia di scoparci perché vorrei prima conoscerlo meglio, così passiamo la notte sdraiati sul letto a fissare il soffitto bianco sporco e a parlare nei nostri primi diciott’anni”.

2. Il bisogno di sentirsi magra per piacersi e piacere al prossimo (?!) e convincersi che sia stato un uomo a “salvarla” dall’anoressia (?!): “Non avevo ripreso quei chili per me stessa. Se non avessi incontrato Leo, credo che avrei continuato a dimagrire, ma grazie al cielo lui mi ha aiutato a guarire […] Sarebbe una menzogna se dicessi che mi sono completamente liberata di quanto è successo in quel periodo della mia vita, e questo non ve lo racconta nessuno. Puoi anche riacquistare la salute fisica, sviluppare un atteggiamento razionale, equilibrato e scrupoloso rispetto al peso, così come delle buone abitudini quotidiani. Ma non puoi dimenticare quante calorie contiene un uovo sodo, o quante calorie si bruciano con un determinato numero di passi”.

3. La volontà inesausta di essere vista anche quando si convince del contrario: “Potevamo uscire e passare tutta la serata prese soltanto da noi stesse senza cercare di far colpo su chissà chi. Il fatto è che non c’era rimasto più nessuno a Camden su cui fare colpo”.

4. La necessità di fare i conti con il nuovo modo di relazionarsi nel mondo dominato dalla rete e virtualizzato dai cellulari: “Prima di tutto devi capire. – le ho detto – che non ci si incontra più nella vita vera. Le cose sono cambiate da quando stavi ancora sulla piazza, Fairly, e purtroppo ti tocca adeguarti”.

Ecco perché questo libro piace. Perché le ragazze lo regalano alle amiche e le amiche ad altre amiche. Perché è ancora vendutissimo.

È poi confezionato in modo molto sapiente da chi di vendere libri se ne intende: la narrazione è suddivisa in capitoli dai titoli a cavallo tra l’intimismo e il giornalismo che sembrano le rubriche di un femminile: “Dai Diari degli appuntamenti disastrosi”, “Dalle Cronache delle feste disastrose”, “Tutto quello che sapevo dell’amore a … anni” (al posto dei puntini di sospensione c’è ogni anno l’età della protagonista) ecc.

Abbondano le liste e gli elenchi (“Ventotto lezioni imparate in ventotto anni”), le pagine di diario, gli scambi di messaggi, le mail, persino le ricette (“Uova strapazzate” suggerisce che in Inghilterra siano meno bravi ai fornelli di noi): insomma è un libro che si fa leggere quando non annoia (un conto è leggere una rubrica di tal fatta in un settimanale e un conto 335 pagine così).

Eppure l’autrice l’ha davvero pensato bene. Dolly, infatti, a un certo punto comincia un percorso terapeutico e prende in mano la sua vita: “Mi sono data all’astinenza come se stessi studiando per un dottorato. Più libri, racconti e blog leggevo sulla dipendenza da sesso e amore, più cominciavo a capire dove avevo sbagliato. Uscire con qualcuno era diventata una fonte di gratificazione immediata, un’estensione di narcisismo, e non aveva niente a che fare con una reale connessione con l’altra persona”. Anche chi dapprincipio era scettico, perché Dolly gli pareva una ragazzina confusa e bulimica di vita, arrivato alle ultime pagine si ricrede. Dolly acquisisce saggezza e la dispensa anche al lettore: “Gli in interessi in comune [in amore, molto utilizzati per esempio nei match delle dating app] sono tra i fattori più fuorvianti da prendere in considerazione nella scelta del partner. Pensare che qualcuno sia una brava persona, o la tua anima gemella o che sia fatto della tua stessa pasta solo perché tutti e due amate George Harrison è ridicolo”, oppure: “Con il passare gli anni il concetto astratto di amore smetterà di essere tanto eccitante. Il che è un bene” o ancora: “Se stai cercando l’amore e temi che potresti non trovarlo mai, ricorda che probabilmente ne hai già in abbondanza, anche se non di tipo romantico”.

Sicuramente questo romanzo è un ibrido, proprio perché con lo stratagemma delle rubriche e degli elenchi si avvicina davvero ai manuali di self-help… e chi non ha bisogno di una pacca sulla spalla, di questi tempi?!

In quella lista stilata a ventotto anni Dolly mette sicuramente un punto o due che vi piacciono o semplicemente parlano anche a voi (i miei sono il 5: “Gli esseri umani sono sbalorditivi. Sappiamo tutti che siamo destinati a morire eppure continuiamo a vivere. Urliamo, imprechiamo e ci angustiamo se si rompe il saccone pieno di immondizia anche se ogni attimo che passa ci avvicina sempre di più alla fine. Siamo sopraffatti dalla meraviglia per il tramonto nettarino sulla M25 o per l’odore del collo di un neonato o per l’efficienza dei moduli da montare da soli sebbene siamo tutti coscienti che tutti quelli a cui vogliamo bene un giorno non ci saranno più. Non ho idea di come ci riusciamo”; l’8: “Di sicuro siamo tutti disfunzionali a qualche livello, ma molti riescono a funzionare malgrado le disfunzionalità”; l’11: “Non assumere zucchero tutti i giorni […]”; il 13: “È inutile ed estenuante cercare rendere ogni minima scelta lo specchio della tua tenuta morale e poi bastonarti quando il piano fallisce […]”). Insomma questo libro funziona, perché chi l’ha scritto ha intercettato un sentire universale. E cosa deve fare un romanzo se non questo?

Volete sapere se alla fine Dolly trova l’uomo giusto? Dovete leggere il libro per scoprirlo.

Di sicuro siamo tutti disfunzionali a qualche livello, ma molti riescono a funzionare malgrado le disfunzionalità Dolly Alderton

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