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“La verità, vi prego, sull’amore” è una poesia di W.H. Auden del 1930 in cui chi la scrive si pone, con una certa spigliatezza, la domanda delle domande. Che cos’è l’amore? Pile di carta sono state ammonticchiate, e fiumi d’inchiostro versati, per rispondere, fin dalla notte dei tempi.
L’ultima strofa del componimento del poeta inglese recita così:
“Quando viene, verrà senza avvisare,
proprio mentre mi sto frugando il naso?
Busserà la mattina alla mia porta,
o là sul bus mi pesterà un piede?
Accadrà come quando cambia il tempo?
Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
Darà una svolta a tutta la mia vita?
La verità, vi prego, sull’amore.”
e certo si sente che non c’è affettazione sdolcinata nelle sue parole, ma vera curiosità e anche una certa dose di ironia.
L’amore non è una faccenda derubricabile con i bigliettini nascosti nei Baci Perugina. Tantomeno artisticamente. Così, quando, circa un anno fa, usciva sulle pagine della rivista online “Doppiozero” un pezzo che analizzava le uscite recenti di narrativa contemporanea italiana dando a intendere che oramai le scrittrici italiane non scrivessero altro che romanzi d’amore, o meglio “contemporary romance” – cioè narrativa di genere non di livello eccelso –, è montata una polemica che, come tutte le polemiche, non ha ragione di esistere però diventa l’occasione per riflettere.
Da “la verità, vi prego, sull’amore” l’invocazione può tradursi in “la verità, vi prego, sui romanzi d’amore” perché c’è la necessità di dissipare un equivoco.
I romanzi d’amore non sono letteratura di genere circoscritta a un pubblico femminile con una spiccata attitudine alle situazioni melense e amanti di quella che una volta si chiamava “soap opera”, per una serie infinita di ragioni. Vale la pena evidenziarne almeno due.
La prima: l’amore costella la vita di tutti e le sue forme d’espressione, anche nella realtà non solo nella finzione letteraria, sono le più disparate, perciò partire dal presupposto che l’amore sia affare “da donne” e ricalchi stilemi prefissati è estremamente riduttivo. Questo vale sia per il pubblico che per gli artisti, nel caso di specie gli scrittori e le scrittrici: “Madame Bovary c’est moi” scriveva Flaubert, a dire che uno dei romanzi d’amore e sul desiderio femminile più noti dell’Ottocento, dai tratti estremamente contemporanei, l’ha scritto un uomo e nessuno si sognerebbe mai di dire che è un “romanzo rosa”. La questione di genere non può essere applicata all’arte (sempre che abbia un senso tout court), e non c’è ragione per riaprire l’annosa quaestio della scrittura femminile in contrapposizione a quella maschile.
In secondo luogo non è il tema a definire la caratura di un romanzo. Romanzi d’amore sono I promessi sposi, Romeo e Giulietta (in realtà è una pièce teatrale, ma per affinità può essere fatta rientrare tra gli esempi chiave di questo ragionamento), L’amore ai tempi del colera del Premio Nobel Marquez, Una questione privata di Beppe Fenoglio, Il museo dell’innocenza di un altro Premio Nobel, Orhan Pamuk, e ancora Tenera è la notte di Fitzgerald, Addio alle armi di Hemingway, ma anche Anna Karenina di Tolstoj, Cime tempestose di Emily Brontë … e potrei andare avanti per pagine e pagine: nessuno di questi è un romanzo rosa. Sono solo una manciata di titoli scelti tra i classici e i classici moderni che tutti conosciamo: la letteratura tutta è vastissima e i romanzi d’amore letterari sono innumerevoli.
Nel podcast “La verità vi prego sull’amore” ne raccontiamo sei, scritti da uomini, da donne, di recentissima uscita come vecchi di un secolo: uno a puntata a partire dal 14 febbraio, per sei settimane, scandagliandone curiosità, aspetti linguistici, aneddoti sulla vita e l’arte degli autori e dimostrando, anche tracciando un possibile “identikit” del lettore ideale di ciascun libro, che vale l’adagio secondo cui “i romanzi d’amore piacciono a tutti”.