
Avete mai ascoltato le donne lamentarsi del proprio marito? Uno è pigro, l’altro lascia le ciabatte in mezzo alla stanza, un terzo ancora si dimentica di buttare l’immondizia. Negli anni la calvizie incalza, dopo i primi tempi la gentilezza si affievolisce, la pancetta cresce, la devozione verso la moglie e la famiglia non c’è più, gli anniversari non si festeggiano, vengono a galla fastidiosi tic impossibili da sopportare. In definitiva: il marito perfetto non esiste.
Ma, cercando bene, vagliando opportunamente le qualità e i difetti, sarebbe possibile trovarne un “modello” che faccia al caso proprio? Sarebbe comoda una garanzia, tipo soddisfatti o rimborsati. O almeno un periodo di recesso, magari estendibile. Non sarebbe meraviglioso poterli rimandare al mittente, i mariti “sbagliati”?
Stiamo scherzando?
Non più di quanto non faccia la scrittrice statunitense Holly Gramazio nel suo ultimo romanzo intitolato, appunto, I mariti, che è uscito da poco in Italia per Einaudi.
La protagonista Lauren, una trentenne “media” londinese (poco sappiamo di lei, ma ce la possiamo immaginare né brutta né bella, non particolarmente ricca, con una cerchia di amiche sodali che fanno a loro volta una vita “media” – mariti, figli, lavoro) una sera rientra e si accorge che in casa sua c’è qualcuno.
Eppure la serratura non è stata forzata.
“Nella luce improvvisa, tutto sembra a posto: la pendenza delle scale, il color crema delle pareti, persino l’interruttore sotto le sue dita, quella momentanea resistenza prima del clic.
Tutto tranne lui.
– Lauren, – dice l’uomo. – Dai. Vieni su che ti preparo un tè.
[…] La luce illumina altri oggetti sconosciuti. Il divano è marrone scuro, e sicuramente quando è uscita quella mattina era verde. L’orologio sulla parete ha i numeri romani invece di quelli normali. […] I libri sono sbagliati o nel posto sbagliato, le tende sono state sostituite da tapparelle. Quasi tutte le foto sono sbagliate, e una… una è molto sbagliata. In una c’è una sposa che è – Lauren si avvicina fin quasi a schiacciare il naso contro il vetro – lei. Accanto all’uomo.
L’uomo che l’ha appena seguita in salotto.
Il marito.”
Eppure Lauren è single.
Capisce ben presto, e noi con lei, che la sua soffitta di casa “produce mariti”: è una sorta di porta spazio-temporale generatrice di possibilità alternative.
Se, infatti, il marito sale in soffitta (dove, come da copione, c’è una luce che sfrigola), sparisce e dalla soffitta ne scende uno nuovo, e con lui arriva per Lauren una nuova vita: nuovo arredamento di casa, un nuovo lavoro (che dapprincipio lei nemmeno sa quale sia), nuove abitudini. Lauren comprende, per accidente la prima volta, e poi però ne fa largo uso, che, se il marito non le va, non deve far altro che chiedergli di salire in soffitta con una scusa… e come d’incanto ne scende un altro. E piove una nuova vita.
Comodo, no?
Non hai abbastanza soldi? Marito in soffitta e nuova vita.
Non ti piace il tuo lavoro? Marito in soffitta.
Qualcuno si ammala di una malattia grave? Soffitta.
O anche solo questo marito non ti piace abbastanza? Fuma e lo volevi non fumatore? È calvo e tu detesti gli uomini calvi? Litigate troppo? Non ha pazienza? Si veste male? È noioso? Soffitta. Soffitta. Soffitta.
Gramazio racconta una storia divertente che a tratti potrebbe ricordare le atmosfere da chick-lit (Il diario di Bridget Jones per intenderci, o i vari di Kinsella) ma solo nel tono perché in realtà la riflessione sul mondo c’è.
A partire dal fatto che in questo turbinio di vite (centinaia, in quasi 350 pagine di romanzo, ma non tutte sono raccontate) dei punti fissi ci sono: Lauren ha sempre le stesse amiche e la stessa famiglia, per esempio. E alcuni degli uomini che si avvicendano “come mariti” in altre vite ricoprono altri ruoli o sono stati dei precedenti fidanzati. Quello che può essere cambiato è proprio – solo – la condizione sentimental-lavorativa. Cioè quello su cui oggi riteniamo di poter intervenire. Di poter e dover scegliere.
L’approccio mi piace-non mi piace-lo tengo-lo butto è incredibilmente simile al meccanismo di funzionamento delle dating-app, per esempio (dove vagliamo il prossimo attraverso fotografie, biografie, liste di caratteristiche date e richieste, audio, video, chat), che oggi costituiscono il canale più usato per fare nuove conoscenze in ambito sentimentale. Ne siamo consapevoli, ciascuno di noi ha un’amica o un amico (o anche più di uno) che hanno sposato la tipa o il tipo di Tinder, eppure c’è qualcosa che non ci convince ancora. E che forse non ci convincerà mai.
Lauren, in attacchi di bulimia sentimentale, o esistenziale, o in momenti di semplice accumulo di frustrazione, fa “zapping” tra i mariti prodotti dalla soffitta e le vite che ciascun marito porta con sé. Si ritrova ricchissima accanto a un uomo molto più anziano invischiato in faccende sospette, sposata con uno come lei, consapevole del meccanismo, che salta “di soffitta in soffitta” (ma possono essere anche comò, armadi e altri luoghi chiusi), innamorata a prima vista dell’apparente marito perfetto che però sale in soffitta a cercare un album di foto… e ovviamente scompare – riprova questa del fatto che pur potendo “fare zapping” il destino ci mette sempre la sua – e, nel tentativo di scegliere (anche abbastanza rapidamente, da pochi secondi a poche settimane), tra centinaia e centinaia, l’opportunità migliore, di fatto si trova sempre a cambiar vita.
Come finirà? Lauren troverà il principe azzurro (che a inizio romanzo, prima che la soffitta “si mettesse in produzione”, non sembrava neppure desiderare a ben guardare)? Ci si può accontentare dell’imperfezione? O di contro convivere con "una soffitta" che ci spinge a cambiare furiosamente?
Un penny per i vostri pensieri. Gramazio ci dice la sua.