CULTURA

La verità vi prego sull’amore: Avventure della ragazza cattiva di Mario Vargas Llosa

Lo sapeva il Premio Nobel peruviano Mario Vargas Llosa di aver scritto, nel 2006, un romanzo che oggi definiremmo la disamina di un amore tossico? Non c’è da scommetterci, e per fortuna. Se oggi infatti la tendenza è quella di etichettare le relazioni a ogni occasione utile (e inorridire se qualcuno soffre per amore, secondo l’equazione sofferenza = tossicità), la letteratura e i suoi esponenti si muovono invece sul crinale di equazioni più sottili, forse senza soluzione o, di contro, con infinite possibili, che sono tanto più aderenti alla realtà quanto più mostrano che l’agire dei personaggi – e di noi uomini e donne – è un moto profondo che ha ben poco di razionale. Chi, quando vive un amore, riesce a diagnosticarne la sua eventuale tossicità e a prenderne le “doverose” distanze?

Non certo Ricardo Somocurcio di Avventure della ragazza cattiva, che si innamora della sua niña mala quando sono poco più che adolescenti e se la porta dentro per tutta la vita, disposto a ogni avvicinarsi di lei a farle spazio, ad accoglierla, amarla, farsi maltrattare e finanche abbandonare su due piedi. Passivamente e non una sola volta, ma non con rassegnazione, piuttosto con l’accettazione di un destino che coincide con il dispiegarsi di un sentimento potente.

“Com’era possibile che rivederla dopo tanto tempo ti sconvolgesse così, Ricardito? Perché era vero tutto quello che le avevo detto: continuavo a essere pazzo di lei. Mi era bastato vederla per capire come, pur sapendo che qualsiasi rapporto con la niña mala era condannato all’insuccesso, l’unica cosa che realmente io desideravo nella vita con la passione con cui altri perseguono la fortuna, la gloria, il successo, il potere, era avere lei, con tutte le sue bugie, i suoi imbrogli, il suo egoismo e le sue sparizioni. Una huachafería, senza dubbio, ma era vero che fino al venerdì seguente non avrei fatto altro che maledire la lentezza con cui passavano le ore che mancavano al nostro nuovo incontro”.

Se Avventure di una ragazza cattiva uscisse oggi, ci sarebbe da temere l’insurrezione degli psicologi. È amore un sentimento disfunzionale che lega una persona a un’altra rendendola disposta a tutto in cambio di una minima attenzione? Andrebbero corrette anche le parole che Ricardo usa: non è sano essere pazzo di qualcuno, insegnano i love coach che imperano in rete, non si possono contare le ore – e i giorni, i mesi, gli anni – in attesa che l’amato o l’amata ritornino; non bisogna desiderare d’avere qualcuno, perché noi non possediamo altri che noi stessi. Eppure il niño bueno questo fa. Perdona le bugie, la fa godere sul suo letto in un amplesso a senso unico, la accoglie (e la salva) anche se nel frattempo lei è diventata la legittima consorte di questo o quel milionario (o anche di più d’uno contemporaneamente) e ogni volta che si sforza di non assecondare il suo sentimento – mentre lei non c’è – s’accorge inevitabilmente di quanto vano sia lo sforzo. Quando torna, resisterle è impossibile.

“– La tua ultima telefonata mi ha lasciato così addolorato che avevo deciso di non vederti, di non parlarti, e di non cercarti né di ricordarmi della tua esistenza, mai più. 

– Non sei più innamorato di me? – rise.

– Sì lo sono, naturalmente. Per mia disgrazia. Mi spezza l’anima quello che mi hai raccontato. Non voglio che ti succeda niente, voglio che tu continui a farmi tutte le cattiverie del mondo. Posso aiutarti in qualche modo? Farò quello che mi chiedi. Perché continuo ad amarti con tutta l’anima, niña mala”.

Ma è cattiva la niña mala? La letteratura per fortuna è il luogo dei chiaroscuri, degli ossimori e dell’imperfezione. Emma Bovary com’è? Sbagliata? Viziata? Heathcliff di Cime tempestose è sadico? Egoista? Un personaggio negativo? E la sua Cathy ingenua? Anche lei vittima della tossicità dell’amore?

La protagonista del capolavoro di Vargas Llosa è fin troppo umana. Bugiarda fino al midollo, scappa da se stessa sin da quando a Miraflores (a Lima, in Peru) si finge cilena e poi attraversa l’oceano per sbarcare a Parigi, e poi ancora a Londra, fino persino a Tokyo, dove, a sua volta, come chi di spada ferisce di spada perisce, diviene succube di un gangster. Ma non soccombe mai, perché con lei c’è sempre Ricardito, pronto a immolarsi per la sua salvezza a cui lei, un giorno, per errore, per stanchezza, o forse nell’ultimo carpiato per non affondare, confessa: “Non mi chiedere perché, perché non te lo dirò neanche morta. Non ti dirò mai che ti amo anche se ti amo”.

Eppure il dubbio è lecito: “– Innamorarsi è un errore – sentenziò Salomón Toledano […] La donna acciuffala per i capelli, travolgila e via sul materasso. Falle vedere tutte le stelle del firmamento in quattro e quattr’otto. Questa è la teoria corretta”, ma Ricardito è un niño bueno, completamente fuori dallo stereotipo (che di solito vede esattamente rovesciati i ruoli dell’uomo e della donna: lui bugiardo e manipolatore, lei dipendente) e nell’anima gli batte un cuore grande. È un uomo innamorato. Così, quando racconta ai suoi vicini di casa di Madrid, dove la vicenda si chiude, il suo lungo amore per la niña mala, Elena non si trattiene: “Sai che è una meravigliosa storia d’amore? […] perché questo è in fondo. […] Questo belga triste [il marito] non mi ha mai amata così”.

Vargas Llosa crede quindi che l’amore possa (o debba) far soffrire, essere squilibrato e ingiusto in cambio di qualche attimo di paradiso? O forse, piuttosto, sono vere le ultime parole della niña mala: “Almeno, confessa che ti ho dato un buon argomento per un romanzo. No, niño bueno?”

Non voglio che ti succeda niente, voglio che tu continui a farmi tutte le cattiverie del mondo. Posso aiutarti in qualche modo? Farò quello che mi chiedi. Perché continuo ad amarti con tutta l’anima, niña mala Mario Vargas Llosa

Leggi gli altri articoli della serie "La verità vi prego sull'amore":

© 2025 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012