SOCIETÀ

Fablab, la scuola si fa micro-impresa

Un laboratorio dotato di stampanti 3d, laser cutter, macchine a controllo numerico: è il “fablab”, una realtà già presente sul territorio nazionale e che ora per la prima volta viene introdotta anche nelle scuole. A proporre il progetto Un fablab in tutte le scuole è la Fondazione Nord Est con l’obiettivo di dare impulso all’innovazione nel settore manifatturiero. Complessivamente gli istituti coinvolti nel Triveneto sono 14 e già a maggio partiranno le prime sperimentazioni. 

Letteralmente “laboratori di fabbricazione”, i fablab sono spazi in cui si possono realizzare progetti di digital fabrication, prototipi o piccole serie di prodotti a costi molto più bassi rispetto all’industria tradizionale e customizzati, attraverso tecnologie che permettono la trasformazione di dati in oggetti reali. La ricetta viene da lontano e risale al 2001, quando Neil Gershenfeld, docente al Massachusetts institute of technology (Mit) utilizza questa formula in un corso rivolto agli studenti, How to make (almost) anything. A seguito del successo ottenuto, si decide di investire in un progetto più ampio: nasce così al South end technology center di Boston il primo fablab. “Lo scopo dei fablab – spiega Marco Bettiol, docente del dipartimento di scienze economiche e aziendali “M. Fanno” dell’università di Padova – è essenzialmente di consentire alle persone di acculturarsi e sperimentare le nuove tecnologie digitali, in un clima di innovazione condivisa e proprietà intellettuale aperta”. In una parola, open source.  

“Il manifatturiero – spiega Silvia Oliva, coordinatore delle attività di ricerca del progetto di Fondazione Nord Est – è in una fase di cambiamento che passa attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali. E il made in Italy, che si caratterizza in particolare per qualità e personalizzazione del prodotto, in opposizione a una produzione di massa e low cost, può giovarsi di questa tendenza in atto per il suo sviluppo futuro”. 

Le nuove tecnologie sono accessibili in termini di costi, ma richiedono un certo tipo di conoscenze da parte di chi le utilizza ed è per questa ragione che il progetto parte proprio dalle scuole e dai ragazzi che in questo modo possono sperimentare i nuovi strumenti. “L’intenzione è di creare un canale virtuoso sul territorio che poi abbia ricadute sul territorio stesso, magari attraverso la creazione di nuove imprese da parte delle giovani generazioni”. Un po’ come investire su se stessi. 

A essere coinvolte non sono solo scuole professionali, come ci si aspetterebbe, ma anche un liceo artistico (l’istituto d’arte “Giovanni Sello” di Udine) e un liceo classico (il “Foscarini” di Venezia), nella convinzione che le competenze necessarie per far uso delle nuove tecnologie debbano comprendere anche conoscenze di cultura generale e di design. Puntando dunque a una formazione che unisca l’aspetto tecnico a quello umanistico. Anche se ogni istituto verrà dotato di un proprio fablab lo sforzo sarà quello di fare rete tra i vari complessi scolastici, così da permettere agli studenti di sperimentare insieme i nuovi strumenti. 

“I macchinari sono già disponibili – sottolinea Silvia Oliva – grazie alla partnership con le aziende Dws e Roland e al sostegno economico di Unicredit. Ora, attraverso un confronto e una pianificazione con i dirigenti scolastici, resta da definire come distribuire la strumentazione a seconda delle esigenze delle singole scuole”. I 14 istituti, segnalati da Confindustria come sedi che già collaborano con il mondo delle imprese, si impegnano infatti a pianificare una serie di iniziative che vedranno imprenditori e designer entrare nelle scuole e confrontarsi con gli studenti. I primi passi verranno mossi con la guida della Fondazione e la collaborazione di Fabio D’Agnano, docente allo Iuav, e Vladi Finotto, professore di economia all’università Ca’ Foscari di Venezia. 

Contestualmente all’avvio del progetto con le scuole, verrà sostenuta un’azione di crowfunding territoriale principalmente attraverso un portale (on line a maggio) che avrà lo scopo anche di promuovere l’iniziativa e attrarre l’interesse degli imprenditori locali. 

Tra i partner del progetto non manca chi vede nell’alleanza con il territorio e nella collaborazione con le aziende anche un modo per capitalizzare le proprie risorse, i propri “vantaggi competitivi”, e ottenere finanziamenti (specie in tempi di crisi). Ne è convinta Rossella Rizzatto, dirigente del liceo artistico “Giovanni Sello” di Udine. “Il progetto con Fondazione Nord Est rappresenta per noi una prosecuzione delle attività che la scuola svolge già da tempo con il tessuto produttivo locale”. Come nel caso, ultima in ordine di tempo, della collaborazione con la Fisa di Osoppo, azienda leader nel settore della fabbricazione di sedili autoferroviari, per la progettazione di un nuovo sedile passeggeri: a breve l’individuazione della migliore tra le proposte degli studenti, a settembre l’esposizione del prodotto finale alla fiera internazionale dei trasporti di Berlino. La scuola diventa una sorta di micro-impresa: gli alunni propongono una soluzione (“concorso di idee”), l’azienda “finanzia” (attraverso i premi agli studenti), le entrate vengono reinvestite per l’acquisto di attrezzatura scolastica sempre più innovativa. Fondamentale per una scuola come il liceo artistico di Udine che fa della progettazione e della laboratorietà la propria identità culturale. 

“Queste attività – spiega Rossella Rizzatto – se da un lato consentono di rispondere alla scarsità di fondi disponibili, dall’altra mettono gli studenti in contatto con il mondo del lavoro: l’imprenditore entra in classe, lavora con i ragazzi. E proprio in questo senso anche i fablab costituiscono una ‘virtuosa contaminazione’, sia in favore degli alunni che della realtà territoriale”. Ma non manca una nota dolente. “L’università sembra non avere alcuna curiosità di quanto accade nella scuola. Manca un vaso comunicante, un confronto. Ci si lamenta che le matricole arrivano sempre meno preparate, ma cosa significa? Servono più contenuti? Un percorso di crescita differente? Che competenze sono necessarie, a seconda dei corsi di laurea, per intraprendere con successo la carriera universitaria? È come se ci fosse una linea di confine tra istruzione secondaria e percorso accademico”.  Un’affermazione, quella della dirigente dell’istituto Sello, che merita una riflessione.

Monica Panetto

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