CULTURA

I padroni del Veneto di Renzo Mazzaro

Veneto, gigante economico ma nano politico. Una fotografia calzante da vent’anni, almeno. L’ha scattata Sergio Romano, editorialista del “Corriere”: la riproduce un testimone di lungo corso, il giornalista Renzo Mazzaro autore del libro “I padroni del Veneto” (edizione Laterza). Mazzaro,  che dal 1986 ha seguito per conto dei quotidiani il Mattino di Padova, la Tribuna di Treviso e la Nuova Venezia gli avvenimenti regionali, ha il passo del cronista che non ama i chiaroscuri e adora le posizioni nette. Al capezzale di una regione in forte declino, ne ripercorre la storia politico-economica degli ultimi vent’anni e alla fine emette una diagnosi dal sapore della disfatta: insufficienti tutti i protagonisti. 

Escono particolarmente malconci dal racconto due dei principali  interpreti della politica regionale: l’ultimo “doge”, Giancarlo Galan, e l’enfant prodige della Lega, Luca Zaia. Due personaggi eletti con una valanga di voti, ma costretti a mettere la politica locale su binari tracciati fuori dal Veneto. Prima Galan, presidente del Veneto per 15 anni, appeso al consenso di Silvio Berlusconi, poi frenato e franato con lui; quindi Zaia, timoniere della Regione dei giorni nostri, incapace, secondo Mazzaro, di smarcarsi dai diktat della Lega lombarda. 

Ma perché il leone di San Marco, simbolo di una regione più ricca della Baviera, non è tornato a ruggire? Mazzaro scopre le ragioni del fallimento nella storia politica recente - che giudica inconcludente e di basso spessore - nel suo malaffare, nelle piccole ambizioni e nei grandi interessi economici di un governo locale suddito di profitti altrui. Gli stessi imprenditori, dai marchi famosi in tutto il mondo, non sono stati in grado di darsi una rappresentanza nazionale adeguata. Anzi, in alcuni casi, come per le fusioni bancarie, il risparmio e la gestione della finanza sono stati portati altrove. Il risultato è un territorio mortificato da uno sviluppo caotico, crisi sociale, sfascio economico.

Padroni del Veneto? Né quelli di oggi né quelli di ieri in una regione la cui storia è fatta di potenzialità mancate e di occasioni perdute. Meteore della politica, in un cielo di sospetti e di invidie, non hanno mai prodotto un allineamento sinergico fra potere e imprenditoria. Gli stessi industriali, rimarca Mazzaro nel suo libro, declinata l’era Galan e del suo Pdl, hanno poi fatto a gara per accreditarsi con i nuovi condottieri in Regione. Una strategia imprenditoriale di piccolo calibro, che non osa neppure  edificare una propria rappresentanza, incapace di andare oltre la galassia locale.

Nani in economia, nani in politica gli inesistenti “padroni del Veneto”, siano essi navigati, o giovani e rampanti, sia di destra che di sinistra. E a proposito di centrosinistra, Mazzaro non fa sconti a nessuno, né a Rosy Bindi, né a Massimo Cacciari, che mai sono riusciti a creare un’alternativa credibile, quasi rassegnati a sconfitte pur evitabili. Con il suo stile corrosivo e irriverente al punto giusto, il giornalista racconta di un centrosinistra incapace di approfittare delle contraddizioni del centrodestra e, in pratica, anch’esso pilotato da Roma.

Mazzaro, che ha confermato di avere una vista da dieci decimi nello scrutare destini e luoghi e nella ricostruzione puntuale di aneddoti, non chiude la porta alla speranza e al riscatto. Una possibile via di scampo c’è. È quell'unica risorsa sempre presente nel Dna veneto: la capacità imprenditoriale.

 

Valentino Pesci

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