I disastri causati dal maltempo alla fine del mese di ottobre hanno riportato all’attenzione generale il tema della sicurezza idraulica del territorio nazionale e Veneto in particolare. Uso a ragion veduta il termine ‘sicurezza idraulica’ perché di tale disciplina si tratta, nonostante l’impressione che si è colta dalla comunicazione di rumorose vestali di altre discipline e dalle loro micidiali diagnosi-terapie nelle materie a cavallo fra scienza e ingegneria delle acque. Nell’ateneo padovano, sede della prima cattedra di Idraulica di sempre (dell’abate Giovanni Poleni, ai primi del ‘700), queste discipline trovano da sempre cultori dedicati e degni della loro tradizione, oggi inquadrati nel dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale.
L’evento iniziato il 29 ottobre è stato per certi versi davvero straordinario, in particolare per le dimensioni del minimo pressorio che si era creato sul Mediterraneo. Le buone notizie fanno fatica a emergere: va detto invece che la Regione del Veneto ha mostrato grandi capacità operative di protezione civile in queste circostanze se commisuriamo i danni alle perdite di vite umane. Quanto alla messa in sicurezza definitiva del territorio, i mai più di prassi, non possono essere date certezze. Mai più Soverato è un vero obiettivo di governo: significa combattere l'abusivismo di qualunque natura, sanato o meno da permessi o condoni, se riguarda la pelle della gente. Significa imporre vincoli cogenti per la pianificazione territoriale ed urbanistica e demolizioni in presenza di ignoratio, dove mappe di esondazione create con culture adeguate suggeriscano l'inedificabilità. Spesso è la città a diventare area esondabile: dobbiamo mettere mano, in questi casi, a un processo di rilettura dei piani regolatori delle città italiane che occuperà generazioni. La rilettura del prodotto di secolari escrescenze senza nesso idraulico dovrà tentare una rinaturalizzazione, dove utile e sensato, e maggiore ingegnerizzazione dove le necessità della conservazione lo suggeriscano senza riserve preconcette per opere di ingegneria idraulica quando siano necessarie. Né la questione dell'abusivismo è sempre banale da dirimersi o da storicizzare. È possibile trattare allo stesso modo le occupazioni abusive di demanio pubblico in aree esondabili che datano al massimo dieci anni, e il tombamento del torrente Letimbro in Santuario, realizzato all'inizio del '600 dopo l'apparizione della Madonna al Beato Botta che diede inizio alle frequenti alluvioni dette 'della Madonna'? La situazione italiana e veneta richiede senso del servizio pubblico e buon senso canalizzato in un impianto di conoscenze adeguate. Mai più Val d'Aosta, invece, quando voglia significare mai più alluvioni nel bacino del Po, è un artificio retorico. Le piene e le alluvioni ci sono sempre state, e sempre ci saranno quando precipitazioni intense si distribuiranno in modo critico nello spazio e nel tempo sopra il suo bacino idrografico. Si progettano le opere di difesa con riferimento al tempo di ritorno della crisi probabile del sistema. Quindi per definizione è falso che non succederà mai più.
Le piene dei grandi fiumi saranno sempre, dunque, motivo di preoccupazione per i veneti e per tutti. Le foreste ricrescono. I danni si sistemano ricostruendo rapidamente, aumentando le forzanti degli eventi di progetto ridefinite dall’esperienza acquisita. L’osservazione degli effetti di eventi estremi conduce a una ridefinizione delle condizioni di progetto, e ingegneria significa studiare ciò che non è ancora: nuvole nere, letteralmente e letterariamente, si mostrano all’orizzonte. Infatti una legge fisica prescrive che per ogni grado in più di temperatura dell’aria si genera un aumento di circa il 7% di vapor acqueo in atmosfera, acqua ‘precipitabile’ cioè. È vitale che si sviluppi un sentire collettivo militante sopra il fatto che è il riscaldamento dell’atmosfera il primo problema dell’umanità. Senza questa prospettiva generale non faremo passi avanti nel concreto: salvo eventualmente evitare qualche disastro localizzato.
Nei recenti eventi alluvionali, si è evitato un disastro generalizzato nel sistema idrografico veneto nonostante condizioni eccezionali. Le opere dell’uomo hanno sicuramente aiutato, specie nel bacino del Bacchiglione. Nel bacino del Piave si discute di altri provvedimenti, e laicamente vanno studiati costi e benefici delle opere proposte rifiutando posizioni ideologiche pro o contro. Grandi opere sono controverse e cariche di costi ambientali. Piccole opere sono criticabili per il limitato rapporto fra i loro costi e i benefici che portano. Nel caso degli invasi di piena, il loro volume va dimensionato guardando ai volumi delle piene, tipicamente enormi e in crescita per le progressive modifiche nell’uso del suolo. Io credo che la politica intrapresa in Veneto sia la sola concretamente perseguibile in tempi brevi. A qualunque modello tra sviluppo e conservazione per lo stupendo territorio veneto deve comunque corrispondere un adeguato sistema di opere idrauliche e di loro segni sul paesaggio. Il combinato disposto di edificazioni, urbanizzazioni o trasformazioni fondiarie, la cementificazione dell’immaginario collettivo, produce un effetto sinergico. Ma delle due una: o si demolisce il costruito e si intervieneimpedendo ferreamente ogni intervento che produca un incremento dei deflussi (incluse nuove superfici urbanizzate) o si fa ingegneria e pianificazione territoriale vera, con adeguamenti ex ante ed ex post delle infrastrutture. Conservando e innovando con cultura specifica e attenzione al contesto stratificato della storia. Credo che la seconda via sia l'unica realistica. Tornare a un uso del territorio che solo assomigli a quello di secoli fa è utopistico, irrazionale e complessivamente ingiusto: oggi si vive meglio di allora, specie in quei contesti dove i segni del paesaggio costruito sono stati più devastanti. Gli ambientalisti sostengono che la cementificazione del territorio è la causa principale del dissesto idrogeologico, e hanno ragione. Solo che la nostalgia per la campagna di una volta, bella e struggente, è solo di chi non ci viveva o lo faceva da padrone. Lo spirito di povertà lo hanno solo i signori, diceva un teologo veneziano, e mi sembra riduttivo lamentare solo la deturpazione del paesaggio senza tentare un bilancio complessivo sociale, etico ed economico.
Non mi farei molte illusioni, vista la continuità di indirizzo delle politiche territoriali nazionali e venete, su una rivoluzione copernicana nelle politiche di difesa del suolo. Compito delle università è la produzione di studi e ricerche prontamente comunicati alla politica, e una didattica avvertita che formi professioni e coscienze: come da sempre l’ateneo patavino fa nel campo degli studi idraulici.